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La Chiesa del silenzio, negli anni della dittatura di Hoxha

1 Marzo 2005

«Fu chiamata la chiesa del silenzio perché sotto il regime comunista di Enver Hoxha era impedita ogni espressione della fede», spiega mons. Angelo Massafra, vescovo di Scutari e presidente della Conferenza Episcopale Albanese.

« Qualunque gesto, anche il farsi il segno della croce, veniva punito. Sacerdoti, suore, laici furono perseguitati, imprigionati, torturati e uccisi perché non vollero rinunciare alla loro fede».

«I credenti dovevano escogitare ogni tipo di stratagemma per poter continuare a vivere la propria fede».

Sacerdoti e suore non rinunciarono infatti al loro ministero e di nascosto continuarono ad assistere la gente anche sul piano religioso.
La storia della Chiesa albanese è stata scritta anche da tanti gesti quotidiani compiuti in gran segreto: come le suore che portavano le ostie consacrate ai fedeli nascondendole nelle calze, le famiglie che in casa recitavano il rosario tenendo la luce spenta per non farsi vedere, i battesimi clandestini celebrati nel segreto delle cantine.

Solo nel 1991 sacerdoti, religiose e laici hanno potuto tornare a vivere la loro fede liberamente .
Anche se già l’anno prima, il 4 novembre 1990, era stata celebrata nel cimitero di Scutari una prima messa pubblica, alla quale avevano partecipato una quarantina di persone, che solo dopo una settimane, quando fu celebrata una seconda messa, diventarono circa 100 mila.

La voce si era sparsa e la gente, visto che ormai il regime stava vacillando, era riuscita a vincere la paura.