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Uno sguardo teologico

Il Papa, servo della carità

Benedetto XVI ha attraversato il deserto e ha visto la luce. Il suo gesto coraggioso, di grandiosa gratuità, cambia il corso della storia

di Cristiana DOBNER

12 Febbraio 2013

La persona cresce, si sviluppa e armonizza seguendo la sua coscienza, quando poi è cristiana, per propria scelta e non per conformismo o per vana eredità, la sua coscienza prende corpo e si incarna guardando la coscienza del Maestro, di Gesù Cristo.

Papa Benedetto negli ultimi tempi in cui ha maturato la sua coraggiosa scelta, deve aver vissuto un travaglio denso e oscuro dentro di sé, deve aver attraversato il deserto pietroso che non lascia intravvedere la pista e toglie le forze. Radicato però come egli è nel Signore Gesù, la luce, per quanto sofferta, è giunta pacatamente e radicalmente.

Il nostro Pontefice non si ritira in pensione per godersi la liquidazione, per spendere il tempo che gli resta nella scrittura dei suoi saggi teologici, Egli considera il mandato di pascere il gregge ben più ampio della sua stessa persona. Si considera autenticamente “servo” e, quando il servo perde le forze e il vigore, allora è giunto il momento di arretrare, non per vile abbandono dinanzi alle difficoltà ma per somma lucidità e per grande amore della Chiesa e di ognuno dei suoi membri.

Scatta un significato nuovo di storia, dalla valenza teologica pregnante: se è vero che ogni vita è nelle mani di Dio, come lo è ogni fine di vita, Benedetto non attende di esalare il respiro varcando la soglia del tempo e della storia per entrare in quella dimensione di eternità che attende ogni creatura umana e quindi di chiudere il suo servizio con il sigillo definitivo imposto dalla morte.

Egli guarda fisso negli occhi il traguardo di tutti gli umani: il loro cedere e prendere commiato dalla vita. Il suo sguardo però è magnetizzato da quello sguardo del Nazareno che, ancora giovane, lo ha chiamato alla sua sequela. La sfida confina ed è attigua a quello che, banalmente, denominiamo “destino”, quasi memori dell’antico fato greco che incombe su tutti o di quel filo che la Parca, in modo inatteso e talvolta inspiegabile, recide con un colpo di forbici.

La storia della Chiesa e di ogni cristiano, dopo questo gesto coraggioso, acquista un nuovo valore perché esprime il suo risvolto più pieno di gratuità e di oblazione, mentre la persona, elevata a quello che un tempo si diceva il trono di Pietro e comportava fasto e onore, oggi è la grande cattedra della carità, è il primato dell’amore.

L’amore indubbiamente si serve con amore ma con amore disinteressato, libero, fino al punto di eclissare se stessi e di cedere il passo a chi, chiunque sia e sarà, dovrà guidare, pensare, decidere la vita della Chiesa, quel pulsare che parte dalla Presenza di Cristo Risorto e che ogni giorno sugli altari delle nostre comunità diventa Pane di vita.

Attardarsi a leggerne tutte le possibili implicazioni politiche, teoriche o teoretiche, di affaticamento biologico, riduce la portata della decisione e dell’inaugurazione di una nuova era di libertà fra i cattolici: non più legati ad un costume inveterato che riconosceva solo nella morte, cioè nel distacco dalla partecipazione alla vita, lo scioglimento dell’incarico ricevuto, ma persone nuove, capaci di discernere quando è il momento di un cambiamento più profondo, più rapido, che ormai una persona anziana non può accollarsi e che rischia di frenare la forza del Vangelo che vuole dirompere silenziosamente in ogni secondo della storia.

Papa Benedetto ha sempre dimostrato un atteggiamento contemplativo, lo ha ribadito in quasi ogni suo discorso, ampiamente sottolineando come tutto ci venga da Dio, tutto ci è donato e l’unico modo per percepirlo sia quello dell’apertura orante, della comunione amorosa con Dio.

Ora, Egli risponde non con una porta blindata, dietro cui si scherma, ma con un varco totale, spalancato sul suo limite di persona anziana che non può essere spremuta dagli eventi ma che gli eventi deve tenere in mano e qualificare.

D’ora in poi, anche il legame ecumenico con i fratelli di altra confessione cristiana sarà rinsaldato su altre basi e illuminato dalla luce del Risorto: il Vescovo di Roma non è un’autorità centralizzata, una sorta di despota in vesti evangeliche, è un uomo cui lo Spirito Santo ha assegnato un ruolo, al cui vertice sta solo e sempre la carità.

Proprio per estrema carità, Papa Benedetto non diventa un ex-papa e conserva dignità regali, ma esprime il suo essere un presbitero, un vescovo cui mai si può incollare l’etichetta di “former”, ricco solo del volere di Dio.

Non si può negare che l’interrogativo che serpeggia in tutti e che molti dichiarano, si sintetizzi in due versanti: ed adesso? e chi mai lo sostituirà? È importante darvi risposta e trasformare il nostro animo in una sorta di schedina da Toto-papa? Sarebbe estremamente deludente giocare alle previsioni, alle puntate. Non sta a noi. Ci compete una postura più profonda: lasciare che lo Spirito interceda in noi e con noi, con gemiti inesprimibili, perché nemmeno sappiamo che cosa o chi domandare. Viviamo in tempo di grandi svolte, inique alcune, grandiose altre. Benedetto XVI ne dimostra la grandiosa gratuità.