La terza domenica di ottobre segna una delle solennità liturgiche più significative e storicamente attestate per la Chiesa di Milano e per la casa di tutti i fedeli che ne è il “cuore”, il Duomo. È la Dedicazione, che quest’anno cade il 16 ottobre.
Se la fondazione della Cattedrale risale al 1386, fu la Dedicazione del suo Altare maggiore, compiuta il 16 ottobre 1418 (appunto la terza domenica del mese) da papa Martino V – in transito a Milano di ritorno dal Concilio di Costanza – a dare dignità di culto al nuovo edificio, sorto sulle rovine delle antiche basiliche di Santa Tecla e di Santa Maria Maggiore, e ancora solo parzialmente edificato. Il 20 ottobre 1577 – di nuovo la terza domenica – l’intero Duomo, completato e ristrutturato fu solennemente dedicato (o consacrato, come si diceva allora) da San Carlo, divenendo, negli auspici del Santo Vescovo, il «modello di chiesa della Controriforma».
Ma la vicenda della Dedicazione non si ferma qui perché, trascorsi altri quattrocento anni e più, nel 1986, ancora la terza domenica di ottobre – il 19 – fu il cardinale Martini a celebrare la solenne Dedicazione del nuovo Altare maggiore e di tutto il Presbiterio, rinnovati per adeguarli alle esigenze liturgiche della riforma conciliare.
Ma perché questo insistere sulla terza di ottobre, fino a farne una data simbolo? Perché dalla metà del secolo V, ossia dalla solenne Dedicazione della Basilica di Santa Tecla compiuta dal vescovo Eusebio nel 453, in questo giorno veniva anche istituita la festa liturgica ambrosiana della Dedicazione della Chiesa cattedrale.
Dunque evidenti l’antichità e l’importanza di questa ricorrenza per il Rito ambrosiano e per tutti i fedeli: basti pensare che l’ultima sezione del Tempo dopo Pentecoste e dell’intero anno liturgico si sviluppa proprio a partire da essa, prendendo il nome di «Settimane dopo la Dedicazione».
Di notevole significato, in questa logica, appare, allora, l’orazione di apertura dell’assemblea liturgica propria della solennità, nella quale l’invocazione della Chiesa non si ferma all’edificio in se stesso, ma considera il popolo santo di Dio che è in Duomo e in tutti i luoghi di culto generati da questa Chiesa madre, perché sono loro – i fedeli delle comunità di Rito ambrosiano – aa essere, sotto la guida dei Pastori, «le pietre vive ed elette» per mezzo delle quali Dio edifica un tempio eterno alla sua gloria.