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Le tre beatificazioni di domenica prossima sono il coronamento di anno di cammino pastorale dedicato alla santità. Lo ha spiegato ai giornalisti il cardinale Dionigi Tettamanzi durante la conferenza stampa di oggi in Curia. «La santità è un fenomeno permanente che continua a fiorire e fruttificare nella Chiesa e nella società». Don Serafino Morazzone, suor Enrichetta Alfieri e padre Clemente Vismara sono figure molto diverse, ha detto l’Arcivescovo di Milano, «per tempo, vocazione, sensibilità e azione». Ma c’è un “filo rosso” che li accomuna tutti: «Il loro spendersi per gli uomini, fratelli e sorelle, specie in condizioni difficili e sofferte».
Il cardinal Tettamanzi si è soffermato in particolare sulla figura di don Serafino Morazzone, di cui ha sentito parlare fin da giovane seminarista, mentre da Arcivescovo di Genova era presidente del Comitato promotore della causa di beatificazione. E ora, a Milano, ne «raccolgo i frutti».
L’incoraggiamento che viene oggi dai tre futuri beati è di «essere santi, anche se è difficile, ma possibile», ha concluso l’Arcivescovo, «è bello e necessario per rinnovare la società, compiendo il nostro dovere ogni giorno».
È toccato a mons. Ennio Apeciti, responsabile del Servizio per le Cause dei santi, ripercorrere gli iter di canonizzazione che hanno portato alla chiusura dei tre processi e al riconoscimento dei rispettivi miracoli, non senza «rallentamenti e ostacoli», ma in seguito superati «per caso o per Provvidenza».
Per domenica 26 giugno sono previsti 7 mila posti a sedere, ha spiegato mons. Gianni Zappa, presidente del Comitato per le beatificazioni, ma continuano ad arrivare nuove richieste. Dopo don Luigi Monza, mons. Luigi Biraghi e don Carlo Gnocchi, la piazza Duomo sarà ancora gremita per altre tre beatificazioni, «segno di una presenza viva e significativa nella Chiesa». Alla solenne celebrazione, presieduta dal cardinal Tettamanzi e concelebrata dal cardinal Angelo Amato, «saranno presenti anche centinaia di Vescovi e sacerdoti, una delegazione da Myanmar, diversi immigrati, una rappresentanza di carcerati, agenti di polizia penitenziaria, varie autorità (il sindaco Giuliano Pisapia ha già confermato la sua presenza, ndr) e tanta gente semplice».
In conferenza stampa a ruota hanno preso la parola altri testimoni che a diverso titolo sono coinvolti in questo grande evento di Chiesa. Don Adriano Bertocchi, oggi parroco di Chiuso e successore di don Serafino Morazzone, ammette di vivere ormai in una sana «inquietudine, ma si sente ancora molto lontano dai «modi» del “santo curato d’Ars” come fu soprannominato.
Su suor Enrichetta Alfieri è intervenuta suor Wandamaria Clerici, suora della Carità di S. Giovanna Antida Thouret, che ha ricordato in particolare il «sorriso» di questa «donna, religiosa, italiana… che ha speso la sua vita in carcere». “E lei, invece, sorride” è anche il titolo del docu-fiction realizzato da Nova-T, con la regia di Paolo Damosso che ha raccontato la toccante esperienza in carcere due giorni fa quando al reparto femminile e al maschile di San Vittore è stato proiettato il suo film. «Orgogliosa» della beatificazione di suor Enrichetta, «che è sempre stata dalla parte dei più deboli», è l’attrice Daniela Poggi, scelta come protagonista che ha interpretato la parte «con umiltà» e «indegnamente».
Una breve testimonianza l’ha portata anche Nicolò Bongiorno, figlio del grande conduttore Mike, presente in sala con la madre. In particolare ha ricordato i racconti di suo padre che a soli 20 anni, fu portato a San Vittore (insieme alla nonna) in cella di isolamento. Lì ha conosciuto «l’umanità di suor Enrichetta» e grazie a lei ha potuto vedere sua madre con incontri «fugaci e clandestini».
Luigi Pagano, provveditore regionale delle carceri lombarde, riconosce la «modernità» e «profezia» di suor Enrichetta che «non si è interessata solo dell’anima, ma anche al corpo dei detenuti», cioè del «dopo», cioè del futuro di chi lasciava San Vittore e doveva ricostruirsi una vita. Presto nel carcere di piazza Filangieri, ha annunciato suor Wandamaria, sarà affissa una targa in sua memoria con una frase della futura beata: «La carità è un fuoco che bruciando va a espandersi».
A rappresentare Agrate Brianza c’era Sonia Colecchia, direttrice del periodico dedicato a padre Clemente Vismara, «nostro concittadino». La causa di beatificazione per questo missionario del Pime, vissuto 65 anni in Birmania, «è partita da un gruppo di laici insieme alla parrocchia nel 1994, solo sei anni dopo la sua morte». Da allora sono stati pubblicati 62 numeri del bollettino per far conoscere questa figura di prete missionario. Con padre Clemente aveva lavorato padre Angelo Campagnoli – lui il più giovane missionario del Pime e padre Vismara il più anziano a Myanmar – che lo ammirava per «l’allegria, anche quando c’era ben poco da stare allegri» e «la perseveranza». E ancora, di questo missionario «un po’ matto» e «cocciuto», padre Angelo ricorda «la speranza» e «la capacità di ricominciare sempre da capo».