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Arcivescovado

I detenuti di Opera ospiti del Cardinale: «Grazie della straordinaria occasione»

Il cardinale Scola, dopo il Pontificale solenne dell’Epifania presieduto in Duomo, ha pranzato con alcuni detenuti e personale del carcere di “Opera”. Un gesto concreto nella logica dell’accoglienza verso coloro che sono più in difficoltà vissuto condividendo questi giorni di festa attorno a una tavola

di Annamaria BRACCINI

6 Gennaio 2015

Arrivano, portando il loro dono, un presepe di tipo napoletano da loro realizzato, che viene posto nella sala dove, poco dopo, si riuniscono per il pranzo con il cardinale Scola.

Sono i detenuti del carcere di Opera – dove il cardinale si era recato anche per l’intensa Celebrazione natalizia del 2013 –, che nel giorno dell’Epifania siedono accanto all’Arcivescovo, esplicitamente invitati, insieme al direttore dell’Istituto, Giacinto Siciliano, ad alcuni agenti di Polizia penitenziaria e ai due cappellani, don Antonio Loi e don Francesco Palumbo.

In Duomo, si è appena concluso il Pontificale solenne, e il Cardinale, appena rientrato dall’aver presieduto la Celebrazione, accoglie, in casa propria, ciascuno con un sorriso. L’atmosfera cordiale, il calore che si respira, l’attesa palpabile, fa il resto, quasi a dare una concretezza esemplare all’invito ad accogliere i più soli o bisognosi per un pranzo o una cena nei giorni di festa, ripetuto da Scola in Avvento e nelle Eucaristie del tempo di Natale. Auspicio che ha trovato risposta pronta in Diocesi, grazie, a Caritas Ambrosiana, mobilitatasi attraverso l’iniziativa “Il pane spezzato è più buono dell’aragosta”.

L’emozione – ben lo si capisce – per un evento «per noi straordinario», come dice uno degli ospiti, è evidente all’inizio del pranzo, ma si scioglie subito e diviene dialogo con l’Arcivescovo. Mentre arrivano, fumanti, le crespelle alle verdure, è Gabriele, il primo a parlare. Sconta l’ergastolo, è già da vent’anni in carcere: «vengo – spiega con orgoglio –dalla terra magnifica di Giardini Naxos, e non avrei mai pensato di poterla conoscere o di essere seduto alla tavola di casa dell’Arcivescovo di Milano. Questo pranzo lo dedico anche agli altri miei compagni che non sono qui. Ringrazio chi mi ha tirato fuori dal “macello” della mia vita».

Il pensiero è per il direttore Siciliani che siede vicino al Cardinale e che, da parte sua, dice: «cerchiamo di fare il possibile, di favorire il lavoro e l’attività creativa. È fondamentale per i nostri reclusi, impegnare la giornata, ma soprattutto, scoprirsi utili e bravi in qualcosa di nuovo, magari fatto con loro mani o con l’inventiva».

Attività particolarmente importanti sia nella reclusione che in vista del reinserimento lavorativo nella società, come Scola aveva evidenziato nella Messa natalizia 2014, presieduta a Bollate e che sottolinea, brevemente, anche durante il momento conviviale che si sta vivendo, riferendosi a una raccolta di testi poetici e creativi, dal titolo “In un mignolo d’aria”, presentati con successo e frutto di un Laboratorio di poesia promosso a Opera: «Ho potuto leggere diverse composizioni e mi paiono molto belle e ispirate. Occorre continuare in questo senso», osserva. il Cardinale. Quasi un implicita risposta all’Arcivescovo le parole di Michele, originario della provincia di Napoli: «Mi considero fortunato a essere arrivato a Opera. Abbiamo sbagliato, ma tentiamo, vogliamo rincominciare», dice, rivolto direttamente al Cardinale che chiede se esistono celle aperte a “Opera”, così come accade a Bollate. La risposta affermativa del direttore – dall’anno scorso anche in questo penitenziaro di massima sicurezza è stato aperto un reparto “a reclusione attenuata” dove gli ospiti si possono muovere liberamente – trova pieno gradimento nell’Arcivescovo.

Insomma, anche se la situazione non è facile – un penitenziario rimane tale, specie “Opera”, il più grande d’Italia, con i suoi 1200-1300 ospiti, nella grande maggioranza con ergastoli e gravi condanne passate in giudicato; con la presenza di un 45% di popolazione straniera; con l’applicazione in parecchi casi del durissimo regime “41 Bis” – una luce c’è. Come quella timida che si intravede attraverso le tende della sala da pranzo dove orami le voci e i sorrisi – proprio come in una tavolata tra amici in un giorno speciale – si intrecciano, mentre si prosegue con un arrosto all’arancia accompagnato dalla verdure e si finisce, appunto come richiede la festa, tagliando panettone e pandoro, irresistibili con la crema al mascarpone.

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