La presenza di monsignor Franco Giulio Brambilla, nuovo Vescovo di Novara, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale con sede a Milano risale all’anno accademico 1984/85 e supera quindi i 25 anni di lavoro. Un bel pezzo di storia.
Si è trattato di anni di un’intensa attività accademica, divisa tra l’insegnamento al ciclo Istituzionale, che lo ha visto impegnato anzitutto nell’ambito della Cristologia, alla scuola di don Giovanni Moioli, e quindi dell’Antropologia teologica, come pure al ciclo di specializzazione, dove elaborava i corsi semestrali col materiale raccolto nelle settimane di ricerca in Germania. Nel 2003 la nomina a Direttore del Ciclo Istituzionale della Facoltà fino al 2006, anno in cui diventa Preside, raccogliendo un largo consenso di preferenze.
Nel salutarlo con riconoscenza per il lavoro di questi 6 anni, potremmo formulare un duplice augurio a partire da due cose che, per usare una sua espressione colloquiale, «gli sono rimaste attaccate».
La prima è la passione per l’insegnamento, nel senso proprio della lezione frontale di teologica, a diretto contatto con gli studenti. Qualcuno ha descritto le sue lezioni come un “mettersi a tavola” per assaggiare cose buone, condite con qualche battuta sagace e con una buona dose di sapienza didattica, qualità che rendevano spesso digeribili anche le più spericolate e indigeste intuizioni teologiche. Ora è tempo di passare a un’altra Cattedra, non meno impegnativa dal punto di vista del servizio alla verità. L’augurio è quello di mantenere lo stesso stile e la stessa passione educativa, così che le fatiche del nuovo ministero abbiano la forma della gioiosa commensalità alla “buona tavola” della Parola e dell’Eucaristia.
La seconda cosa che gli è rimasta è un certo gusto per la ricerca scientifica fatta bene, raccogliendo i materiali e la letteratura dell’ultima ora, con pazienza e senza sconti. Si può preconizzare al Vescovo, che si troverà immerso a tempo pieno nell’azione pastorale, che sentirà la mancanza dell’otium della ricerca teologica accademica, quella gratuita e “pura”, fatta di passione per il dettaglio argomentativo, per la citazione giusta e la puntigliosa precisazione della prospettiva più corretta di lettura del problema. Ma gli auguriamo volentieri di saper trasportare questo gusto del cercare fino in fondo, senza sconti e senza tregua, in ogni situazione umana che incontrerà e soprattutto di saper tradurre l’intuizione speculativa nell’intelligenza dei rapporti, tanti e diversi, che intessono la vita di un vescovo.