La Festa di apertura degli oratori è fissata per la Diocesi di Milano per domenica 24 settembre 2023. Daremo inizio all'anno oratoriano PIENO DI VITA, puntando sull'animazione di ogni ambito di vita e sulla testimonianza gioiosa di una comunità che rinnova la sua missione di portare l'annuncio dell'amore di Dio ai più giovani. Mentre ci mettiamo all'opera per preparare le iniziative del nuovo anno invitiamo a leggere questa riflessione che orienta il nostro cammino e imposta lo stile con cui fare festa.

don Stefano Guidi
Direttore della Fondazione Oratori Milanesi

PIENO DI VITA 01 FACE BOOK copia

Uno degli elementi sicuramente più caratteristici dell’oratorio è la festa. Lo possiamo capire a partire dal dato quantitativo. In effetti in oratorio si fanno tante feste. Anche perché quasi tutto quello che si fa in oratorio è accompagnato da toni festosi e gioiosi. Il messaggio è chiaro: la Chiesa è un’esperienza piena di gioia, perché nella Chiesa incontriamo Dio e – anzi – abitiamo e viviamo con Lui. Quindi: festa.

 

Vorrei dedicare qualche riflessione alla festa più importante, quella che comunemente viene detta – appunto – Festa dell’oratorio. È la festa con cui ogni oratorio inizia il suo percorso annuale. Già questa è una cosa molto bella: si inizia dalla festa. A mio avviso, si tratta di una esperienza veramente educativa. Che non deve essere squalificata cogliendone soltanto il suo lato più superficiale. La Festa dell’oratorio infatti è un attivatore di idee, di relazioni, di decisioni. Richiede preparazione attenta, capacità di pensare e di comunicare un messaggio forte; e poi grande impegno di coinvolgimento, trovando per ciascuno una possibilità e modalità di espressione; e poi ancora invito alla responsabilità ecclesiale e sociale.

 

La Festa di apertura degli oratori non serve a celebrare le glorie dell’oratorio o i suoi avvenimenti principali. Deve rispondere sempre a queste due domande: Per chi facciamo festa? Quale messaggio vogliamo comunicare con questa festa? Ci sarebbe effettivamente anche una terza domanda: Con chi vogliamo fare festa? Queste tre domande insieme attivano la nostra ricerca e innescano il processo. Si parte da qui, per organizzare poi tutto il resto.

 

Ma vorrei condividere un altro pensiero. Il vangelo ci chiede di non essere ingenui. Impostare le cose nel modo giusto è indispensabile. E tuttavia non è sufficiente. Perché – anche nel vangelo – la festa se da una parte viene descritta come una grande esperienza di rivelazione di Dio, dall’altra non è mai del tutto sgombra dall’ombra di qualche ambivalenza. Alle nozze di Cana viene a mancare il vino. In un altro racconto gli invitati non si presentano, accampando un’infinità di scuse improbabili. Proprio nel bel mezzo dell’ultima cena (!) i discepoli discutono tra loro su chi sia il più grande, e chiedono a Gesù i primi posti. In un’altra occasione si dice di come i farisei critichino Gesù, che ama banchettare coi pubblicani, i peccatori pubblici e le prostitute. E infine, la famosa cena dell’unzione di Betania, con Giuda che grida allo scandalo e riprende stizzito Gesù per aver approvato il gesto d’amore di quella donna che spreca su di lui tutto il vaso di profumo, dal valore incalcolabile. Così, per analogia, anche la Festa dell’oratorio può provocare in alcuni reazioni molto strane, che sembrano perfino contraddire le ragioni per cui facciamo festa. Bisogna stare attenti e non diventare ingenui.

 

Spesso la Festa dell’oratorio ha al suo centro la celebrazione del Mandato educativo. Chi partecipa alla festa riceve una Missione. È un messaggio potentissimo. L’oratorio non organizza la festa per dimenticarsi della realtà ma per disporsi a servirla! Per crescere insieme nella particolare sensibilità spirituale che ci fa interpretare la vita dei ragazzi e degli adolescenti come un appello, una chiamata che ci viene rivolta. Educare in oratorio non è un gesto di beneficienza ma una scelta vocazionale. La festa invita alla scelta, a scelte piene di vita.

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