Il racconto di Miriam, una giovane della nostra diocesi, a proposito dell'esperienza di gemellaggio e servizio vissuta a Napoli dal 25 luglio al 1° agosto. Su questo stesso sito (sezione "Estate giovani") e sul blog dei giovani ambrosiani ("What's better?") altre testimonianze e riflessioni.

di Miriam

Giovani-Napoli (4) - sito

Cara Napoli, che fai?
Raccontami quello che non dici mai.
Nei vicoli oscuri della vita
dove un miracolo ancora nascerà.
E ti stringi dentro il cuore di mammà.

Cara Napoli, ho ricantato spesso dentro di me queste frasi scritte sopra, rileggendo il vissuto, dando spazio ai ricordi, alla musica che qualche volta risuonava per le vie, tra le serate, in qualche momento insieme, nella mia testa, nelle notti rumorose che entravano dalle finestre. Mi sembra di poterti dare del tu, come se fossi una bambina che sedutami accanto incomincia ad aprire un cuore tenero che ha voglia di essere ascoltato, compreso e custodito.

Cara Napoli, nonostante queste prime frasi, non sono una romantica nel guardarti, nel tuo cuore stratificato di zone luminose e di ombre. La prima mattinata in cui ci siamo avvicinati al nostro servizio a Scampia c’è stata fatta una domanda: cosa vi aspettate? Cosa pensate di fare? Provandoci a pensare, la cosa di cui ero certa in quel servizio particolare che caratterizzava il nostro gruppetto, era proprio quella di aspettarmi un incontro, delle storie. Così è stato. Se mi devo riaffacciare alla finestra e riguardare quello che ho vissuto, quello che è stato, si presenta come un’accoglienza di te, Napoli, nel tuo lasciarti raccontare, con quel trasporto e quella passione che ti caratterizza, nel non lasciare spazio alla timidezza per far uscire i tuoi colori più vivi, quelli più aspri e spesso nascosti. Un accoglierti che ha significato uscire da quelle cornici di riferimento che mi portavo appresso, per eliminare e comprendere una coscienza offuscata che fa parte di me che guardo e fa parte di te che vivi.

Cara Napoli, ogni sera hai fatto fuoriuscire ritagli di uomini e donne di fede, di giovani che hanno edificato e continuano a riedificare un terreno che ha sete e che sente il bisogno di essere nutrito. Un Dio che entra nelle case, che cura e non teme di essere irriverente. Parole di giovani che riconoscono la terra e che coraggiosamente dicono “io resto” e si spendono per la loro città.

Cara Napoli, mi hai raccontato anche un po’ di Vangelo, uno stralcio ogni giorno. Donne che aspettano figli, chi vende tutto e spende 365 giorni all’anno per dar da mangiare ai poveri, un perdonare che va oltre i suoi limiti, un “oggi vengo a casa tua”, un assaporare quella convivialità fraterna a cui Gesù mai rinunciava e un “lasciate che i bambini vengano a me” che spesso ha portato a luoghi di mafia, corruzione e morte all’incontro dei più piccoli e alla condivisione di vite, spesso troppo impegnate a fare il male per guardare quanto bene può essere vissuto.

Cara Napoli, sei piena di storie che in queste parole non si possono riassumere. Vorrei custodire questa frase: “La Cura è annuncio”. Una Cura che ho visto sgorgare dagli occhi di un anziano e che ha bagnato anche i nostri, un anziano grato di questa Cura. Una Cura di persone che avendola ricevuta non possono che riconsegnarla. Con questa immagine di Cura ti stringo forte Napoli, tu che alla fine hai un cuore che si lascia accogliere e cadere in un abbraccio di mamma.

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