Facciamoci aiutare dal pittore olandese Rembrandt a riflettere sulla meditazione che Papa Francesco ci ha proposto in occasione del momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, che lo scorso venerdì 27 marzo si è tenuto a Roma in piazza San Pietro.


Cristo nella tempesta
Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606, Leiden – 1669, Amsterdam), “Cristo nella tempesta sul mare di Galilea” 1633, Olio su tela, 160 × 127 cm, Isabella Stewart Gardner Museum, Boston

La scena riprodotta nei minimi dettagli, le diverse espressioni dei personaggi, la pennellata lucida, i colori intensi e vivaci, luci e ombre che si guerreggiano, contraddistinguono lo stile pittorico del primo Rembrandt. La scena biblica mette a confronto la Natura con la fragilità umana, sia fisica che spirituale. I discepoli, sconvolti e in preda al panico, lottano contro una tempesta improvvisa rischiando di finire sugli scogli in primo piano.

Il contrasto spettacolare tra l’oscurità e la luce di un mare agitato e l’incipiente oscurarsi del cielo attirano inevitabilmente la nostra attenzione. Veniamo così catturati dagli sguardi atterriti dei discepoli, ognuno dei quali viene meticolosamente raffigurato al fine di suscitare nell’osservatore prolungata empatia. Uno di loro si arrende alla forza del mare e vomita sporgendosi dal fianco della barca. Un altro, invece, ha lo sguardo rivolto direttamente verso di noi e nel tentativo di riprendere l’equilibrio si aggrappa ad una fune trattenendo il berretto. Il suo è un volto che ricorda molto quello degli autoritratti di Rembrandt e quando il suo sguardo incrocia il nostro ci rendiamo conto di condividere le sue stesse domande: come mai mi trovo in mezzo a una tempesta? Fino a ieri vivevo tranquillo, come sono finito qui? Chi mi tirerà fuori da qui? Mi salverò? Come fa Gesù a dormire tranquillo?

Come ci ha ripetuto Papa Francesco, ci siamo tutti su questa barca, insieme. Qualcuno si impegna per trattenere le vele, per mantenere a galla la barca; qualcuno si sforza per svegliare Gesù, si mette in discussione dialogando con Lui, senza mezze parole, forse arrabbiandosi, dubitando dell’interesse di Gesù nei propri confronti, mettendo quindi in crisi le proprie certezze: “Maestro, non ti importa…?”.

Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. […] È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati”. (Papa Francesco, Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia: meditazione, 27 marzo 2020)

Osserviamo i dettagli di questo quadro, accettiamo di salire su quella barca e proviamo a sentire il mare che ci fa perdere stabilità: cosa proviamo? Quali sicurezze mette in crisi? Cosa abbiamo paura di perdere? Perché abbiamo paura?

Non abbandoniamoci all’istinto di sopravvivenza, proviamo a svegliare Gesù, non lasciamolo dormire!
Rembrandt rappresenta un cerchio di persone attorno a Gesù, come un “cerchio della preghiera”. Possiamo invocare Gesù da soli ma in questi giorni di isolamento forse sentiamo con maggiore intensità l’importanza di pregare insieme, di sentire vicini i nostri amici ma anche gli estranei. Di sentirci popolo di Dio.
Chiediamo al Signore di salvare le nostre vite e di indicarci come possiamo cambiare in meglio, come possiamo prenderci cura della nostra casa comune. Questi giorni non sono una pausa dalle nostre vite, sono giorni decisivi per la nostra fede, per attraversare la tempesta e uscirne diversi.

Siate fiori che colorano la terra: svegliate la bellezza che si è assopita sotto la coltre del grigiore. Fate risplendere il bello che c’è in ogni uomo e in ogni donna. Siate fiori che profumano: diffondete il buon profumo di Cristo, che rende desiderabile abitare insieme, sedersi a mensa e dare vita ad affetti più intensi, ad amicizie più vere. Irradiate la gioia! Svegliate la bellezza! Diffondete profumo di pane e di amicizia!”. (Sua Ecc.za Mons. M. Delpini, Omelia Celebrazione eucaristica, 29 marzo 2020)

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