Inizia con Psycho Killer dei Talking Heads il nuovo film di Rebecca Zlotowski: Vie Privée. Un brano ascoltato più volte, sia dagli spettatori che da Lilian Steiner, la psichiatra interpretata da Jodie Foster e protagonista di questo giallo introspettivo.
La trama
Alla morte di una sua paziente, Lilian non riesce a smettere di lacrimare dagli occhi. Non piange, dice all’ex marito oculista, ma probabilmente ha un qualche disturbo ai condotti oculari. Non le era mai capitato prima.
Il resto del film, ovviamente, ci dimostrerà che quelle lacrime provengono da un’interiorità tenuta troppo a freno grazie a un continuo -quanto vuoto- dialogo con dei vecchi registratori a cassetta su cui imprime memorie e sensazioni. Parlare e indagare la mente senza veramente saper ascoltare.
È questa la grande debolezza di una donna che si presenta dura come può esserlo la Jodie Foster dei thriller americani e fragile come può diventarlo nelle mani di una sensibile regista francese.
Ossessionata dal caso, una morte per suicidio che “non torna”, la psichiatra si improvvisa detective. Condivide la razionalità di Poirot, ma non ne ha l’intuito. Si perde così in un viaggio psicanalitico e ipnotico, tra sequenze di sogno e scene da dramma sentimentale, che la porteranno a risolvere se stessa prima del caso.
Ipnosi e terapia
Vie Privée è infatti un giallo psicanalitico senza veri e propri Psycho Killer. La sua novità sta nello stemperare l’urgenza di consegnare alla giustizia un colpevole, nel perdere di vista man mano il caso per diventare uno studio di personaggio.
Presentato al Festival di Cannes fuori concorso, il film riesce però a trovare la sintesi in incredibili immagini, meglio di molti altri titoli passati nella sezione principale della Croisette.
Un pacchetto di fazzoletti della “detective”, passato per mano tra i molti presenti di un funerale, fino a giungere alla principale sospettata di un possibile omicidio crea tra i due personaggi un legame di solidarietà nel lutto e al contempo appare minaccioso come un puntatore orientato sul bersaglio.
Attraverso le voci registrate nelle sessioni psicanalitiche il film permette di viaggiare nel tempo. Il suo invito, tra ipnosi e terapia, è invece quello di vivere il tempo presente. Di ancorarsi all’adesso e provare a smettere di (sovra)analizzare, iniziando invece ad ascoltare.


