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In scena

Il santo degli oratori è diventato un musical

Lo spettacolo dedicato a Don Bosco in cartellone sabato 19 e domenica 20 dicembre al Teatro Ciak di Milano. Parla il protagonista, Marcello Cirillo

di Ylenia SPINELLI Redazione

16 Dicembre 2009

Dopo il successo di Forza venite gente e Madre Teresa, Piero Castellacci torna a Milano con un musical dedicato alla vita di don Bosco, il santo che 150 anni fa ha fondato l’ordine dei Salesiani e ha dato vita al primo oratorio in Italia. Quella milanese (il 19 e il 20 dicembre al Teatro Ciak) è la penultima tappa di una lunga tournée che ha visto calarsi nei panni, o meglio nella veste del protagonista, Marcello Cirillo, pupillo di Renzo Arbore ai tempi di Quelli della notte e oggi popolare presentatore televisivo di Mezzogiorno in famiglia.

Cirillo, come si è immedesimato nel personaggio?
La figura di don Bosco in qualche modo è sempre stata presente nella mia vita. I miei fratelli hanno studiato dai Salesiani, io frequentavo l’oratorio di via don Rua, il suo successore. Quando mi hanno proposto di interpretare don Bosco mi è sembrato molto naturale accettare, anche se poi l’interpretazione non è stata facile. Quando ho visitato le Case famiglia a Roma, mi sono accorto di quanto fosse ancora vivo don Bosco. L’ho letto negli occhi dei ragazzi e questo mi ha dato la carica per interpretarlo al meglio.

Si è basato sulle sue biografie?
Certo, e ho anche visto i film interpretati da Flavio Insinna e Ben Gazzara, poi ho cercato di fare mio il personaggio. Sono stato scelto anche per la somiglianza fisica con il Santo, ma per quanto riguarda la parte interiore, ho dovuto concentrarmi molto perché le parole di don Bosco pesano come macigni.

Questo ruolo le ha un po’ cambiato la vita?
Assolutamente sì. Oggi affronto la vita in modo più sereno, mi ha colpito una frase che ho letto in una sua biografia: «Oggi don Bosco è più sorridente del solito. Ha più problemi del solito!». Inoltre ho imparato a pensare all’obiettivo, senza perdermi in chiacchiere. Un po’ come don Bosco, che faceva di tutto pur di recuperare soldi per l’oratorio e per i suoi ragazzi. In pochi lo sanno, ma è stato il primo inventore della lotteria a scopo benefico, per costruire la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice.

Il musical racconta tutta la vita di don Bosco?
No, ci siamo soffermati sugli episodi più significativi, in modo particolare sul rapporto con la mamma Margherita, vero motore della sua vita. Il momento della morte di questa donna, completamente coinvolta nell’“impresa amore” del figlio è per me molto emozionante. Inoltre nel musical diamo risalto a un fatto poco rappresentato della vita di don Bosco: l’esorcismo.

Quale è la forza del musical?
Nel grande rigore con cui viene rappresentato il messaggio di don Bosco. Egli ha avuto un rapporto speciale con i suoi ragazzi, molto moderno. Per loro è stato una sorta di “sindacalista”; infatti, mentre le altre istituzioni religiose di quel periodo davano ai poveri un tozzo di pane, lui li faceva studiare, si preoccupava dei loro diritti, li faceva crescere.

Da cantante, quale è il suo giudizio sulle musiche?
Sono molto moderne, direi sinfonico-rock, e allo stesso tempo toccano il cuore. A me piace molto la preghiera rap che canto a metà del musical. Dopo il successo di Forza venite gente e Madre Teresa, Piero Castellacci torna a Milano con un musical dedicato alla vita di don Bosco, il santo che 150 anni fa ha fondato l’ordine dei Salesiani e ha dato vita al primo oratorio in Italia. Quella milanese (il 19 e il 20 dicembre al Teatro Ciak) è la penultima tappa di una lunga tournée che ha visto calarsi nei panni, o meglio nella veste del protagonista, Marcello Cirillo, pupillo di Renzo Arbore ai tempi di Quelli della notte e oggi popolare presentatore televisivo di Mezzogiorno in famiglia.Cirillo, come si è immedesimato nel personaggio?La figura di don Bosco in qualche modo è sempre stata presente nella mia vita. I miei fratelli hanno studiato dai Salesiani, io frequentavo l’oratorio di via don Rua, il suo successore. Quando mi hanno proposto di interpretare don Bosco mi è sembrato molto naturale accettare, anche se poi l’interpretazione non è stata facile. Quando ho visitato le Case famiglia a Roma, mi sono accorto di quanto fosse ancora vivo don Bosco. L’ho letto negli occhi dei ragazzi e questo mi ha dato la carica per interpretarlo al meglio.Si è basato sulle sue biografie?Certo, e ho anche visto i film interpretati da Flavio Insinna e Ben Gazzara, poi ho cercato di fare mio il personaggio. Sono stato scelto anche per la somiglianza fisica con il Santo, ma per quanto riguarda la parte interiore, ho dovuto concentrarmi molto perché le parole di don Bosco pesano come macigni.Questo ruolo le ha un po’ cambiato la vita?Assolutamente sì. Oggi affronto la vita in modo più sereno, mi ha colpito una frase che ho letto in una sua biografia: «Oggi don Bosco è più sorridente del solito. Ha più problemi del solito!». Inoltre ho imparato a pensare all’obiettivo, senza perdermi in chiacchiere. Un po’ come don Bosco, che faceva di tutto pur di recuperare soldi per l’oratorio e per i suoi ragazzi. In pochi lo sanno, ma è stato il primo inventore della lotteria a scopo benefico, per costruire la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice.Il musical racconta tutta la vita di don Bosco?No, ci siamo soffermati sugli episodi più significativi, in modo particolare sul rapporto con la mamma Margherita, vero motore della sua vita. Il momento della morte di questa donna, completamente coinvolta nell’“impresa amore” del figlio è per me molto emozionante. Inoltre nel musical diamo risalto a un fatto poco rappresentato della vita di don Bosco: l’esorcismo.Quale è la forza del musical?Nel grande rigore con cui viene rappresentato il messaggio di don Bosco. Egli ha avuto un rapporto speciale con i suoi ragazzi, molto moderno. Per loro è stato una sorta di “sindacalista”; infatti, mentre le altre istituzioni religiose di quel periodo davano ai poveri un tozzo di pane, lui li faceva studiare, si preoccupava dei loro diritti, li faceva crescere.Da cantante, quale è il suo giudizio sulle musiche?Sono molto moderne, direi sinfonico-rock, e allo stesso tempo toccano il cuore. A me piace molto la preghiera rap che canto a metà del musical.