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Dietro il successo di Ballan

Nel trionfo di Varese la grande prova del veneto, la compattezza della Nazionale e la sagacia del Commissario tecnico Ballerini

29 Settembre 2008

29/09/2008

di Mauro COLOMBO

C’è qualcosa di antico nel successo di Alessandro Ballan al Mondiale di ciclismo di Varese. Prima di tutto, nel sorriso timido di questo 29enne corazziere di Castelfranco Veneto che, come argutamente ha fatto notare Paolo Bettini, vince poco, ma nei giorni giusti: un Giro delle Fiandre, un Gp d’Amburgo, la tappa più bella della Vuelta 2008 e ora il Mondiale. E che indubbiamente ha il gusto della premonizione benaugurante nel dare i nomi alle proprie figlie: la prima Stella, la seconda Azzurra…

C’è qualcosa di antico anche nell’accelerata da motocicletta con la quale Ballan ha fatto il vuoto, già nel centro di Varese, quando ormai si respirava odore di sprint. Uno scatto che ha ricordato da vicino quello con il quale Giuseppe Saronni conquistò l’iride a Goodwood nel 1982. Anche se lo stesso Saronni – oggi team manager proprio di Ballan – ha detto di dare ad Alessandro quel che è di Alessandro (e, conseguentemente, di lasciare a lui il suo…).

C’è qualcosa di antico anche nei tempi e nei luoghi. Ballan a Varese 2008 come Vittorio Adorni a Imola 1968: quarant’anni dopo un altro italiano diventa campione del mondo in patria. Adorni ci riuscì partendo da lontano, Ballan ce l’ha fatta scattando in extremis; ma il boato dei 350 mila di Varese che l’ha accompagnato riecheggiava il delirio di quella giornata romagnola.

C’è qualcosa di antico pure nell’ordine di arrivo: Cunego secondo e Rebellin quarto, il che vuol dire tre maglie azzurre tra le prime quattro. Un défilé regale, proprio come a Imola quarant’anni fa (cinque italiani nei primi sei) o, se vogliamo, addirittura come al Nurburgring nel 1927, primo Mondiale per professionisti: vittoria di Binda davanti a Girardengo, Piemontesi e Belloni.

Detto della ottima prova di Cunego e della tenace costanza di Rebellin, va reso omaggio alla classe di campione e di uomo di Paolo Bettini. All’ultimo atto della sua carriera (dopo l’annuncio a sorpresa del ritiro dalle corse, sabato pomeriggio), il “Grillo” ha fatto la sua corsa sinché non si è reso conto che gli avversari – in primis gli spagnoli, sulle ruote tutto il giorno e per questo giustamente puniti alla fine – non gli avrebbero mai dato spazio. A quel punto ha dato il via libera ai compagni e il risultato si è visto.

Se ce ne fosse stato ancora bisogno, l’esito di Varese e il modo in cui si è concretizzata questa terza vittoria mondiale consecutiva degli azzurri hanno confermato la compattezza e lo spirito con cui Franco Ballerini riesce ogni volta a plasmare la Nazionale. Pare che il Ct, adesso, sia tentato dall’idea di andare a fare il direttore sportivo di una squadra: soluzione che gli consentirebbe di mettersi alla prova lungo tutto un anno (e non solo nelle occasioni in cui è chiamata in causa la Nazionale) e che – perché negarlo? – gli assicurerebbe un ingaggio più ricco rispetto a quello che gli passa la Federazione. Federazione chiamata quindi a fare tutto il possibile per trattenere sull’ammiraglia azzurra un tecnico al momento senza pari.