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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Intervista

Tra cinque anni Milano
avrà il sindaco metropolitano

Il documento redatto da associazioni e movimenti ecclesiali diocesani affronta anche il tema della nascente Città metropolitana. Il costituzionalista Enzo Balboni, che ha lavorato al suo Statuto: «L’elezione diretta dei presidenti dei nuovi Municipi è il primo segnale di cambiamento»

di Pino NARDI

29 Maggio 2016

Sarà l’ultima volta che i milanesi saranno chiamati a eleggere il sindaco. Perché fra cinque anni dovrebbe andare a regime la nuova Città metropolitana. Un passaggio ancora troppo poco conosciuto, ma che cambierà profondamente la gestione amministrativa. Anche questo aspetto è stato affrontato nel documento firmato dalle 15 associazioni, gruppi e movimenti della Diocesi di Milano in vista delle prossime elezioni: «Milano ha tutte le possibilità per costruire una Città metropolitana che non sia solo esigenza amministrativa, ma il traino dello sviluppo culturale, economico e urbanistico del Paese». «Questo è vero. Il Comune si deve pensare come sintesi in una città composita, con esigenze complesse, che ogni giorno quasi raddoppia il numero dei suoi abitanti perché è raggiunta da studenti, lavoratori e turisti. L’analisi del documento è molto accurata e la apprezzo particolarmente»: Enzo Balboni è docente di Diritto pubblico comparato all’Università Cattolica e ha coordinato il lavoro per la redazione dello Statuto della Città metropolitana.

Come cambia Milano diventando Città metropolitana?
Milano non lo è ancora diventata, perché nonostante siano stati fatti i primi, pur consistenti passi in questa direzione, l’effettivo funzionamento è ancora indietro. Con la Legge Delrio della primavera 2014, c’è una particolarità che, insieme a Roma capitale, riguarda Milano e Napoli, in quanto città con un numero di abitanti superiore a tre milioni nella Provincia: possono avere un’elezione diretta del sindaco metropolitano quando sarà stabilito con una legge nazionale. Ragionevolmente pensiamo che questo avvenga al termine dei cinque anni che iniziano a giugno 2016. Ritengo decisivo questo passaggio.

Insomma, questa è l’ultima volta che si vota il sindaco di Milano…
Esatto. Questa consigliatura dovrebbe essere di preparazione all’effettivo decollo della Città metropolitana, per la quale sono già state fatte tre cose. La prima (alla quale personalmente ho dato un contributo essendo stato il coordinatore della bozza statutaria): lo Statuto della Città metropolitana approvato nel dicembre scorso, di modo che partisse sulla carta dal 1° gennaio 2016. Gli altri due adempimenti importanti, ancorché non perfezionati fino in fondo, sono stati l’individuazione di sette zone omogenee, nelle quali si suddivide la ex Provincia di Milano, e di nove zone interne alla città. Quelle che erano le Zone di decentramento, con un regolamento del Consiglio comunale, hanno ottenuto una maggiore autonomia amministrativa, gestionale e contabile.

La Città metropolitana è la dimensione giusta per affrontare i problemi che vanno ben oltre i confini attuali del Comune?
Certo, perché prima della Città metropolitana, dell’organizzazione amministrativa e istituzionale, ci sono i problemi di un’area altamente urbanizzata come Milano, che ha dentro di sé alcuni poli di attrazione di eccellenza: le Università, i luoghi di cura e di ricerca sulla salute di eccellenza, di divertimento e dell’alta cultura (musei, La Scala, Piccolo Teatro). Hanno un’attrattività di livello nazionale e addirittura internazionale, ma prima ancora dovrebbero essere pensati per la grande Milano. Questo è il senso di una Città metropolitana, che deve avere sue strutture di comando e di direzione che sono in via di formazione. Tuttavia come istituzione, nonostante la buona volontà di tanti suoi componenti, sta andando molto a rilento e non riesce ad avere visibilità.

La riforma prevede che anche il presidente dei nuovi Municipi, le ex Zone, siano eletti direttamente dai cittadini. È il segnale che non è un cambiamento solo formale, ma anche di sostanza?
Questo è solo il primo significativo cambiamento. L’elezione diretta del Presidente avverrà col 40% dei voti, una percentuale molto significativa. Questo vuol dire che avremo nove personaggi nella città che potranno dialogare con il sindaco di Milano con una forza maggiore. Quindi trasformare le periferie in luoghi che non siano solo dormitori, ma in cui si specializza la vita della città, con le particolarità di ciascuno e con libertà e autonomie più ampie di quelle attuali. Questo è un bel passo in avanti.