Link: https://www.chiesadimilano.it/news/milano-lombardia/milano-lombardiamilano-anno-2010/via-rubattino-dopo-lo-sgombero-i-bambini-rom-tornano-a-scuola-48672.html
Share

Milano

Via Rubattino: dopo lo sgombero i bambini rom tornano a scuola

Parla Flaviana Robbiati, maestra tra le artefici del percorso di accompagnamento che prosegue malgrado i continui allontanamenti

di Silvio MENGOTTO Redazione

21 Settembre 2010

Flaviana Robbiati è insegnante elementare da una vita. Oggi insegna nella scuola elementare di via Cima. Un anno era in via Feltri, dove alcuni bambini rom di via Rubattino frequentavano la scuola anche dopo lo sgombero del campo nel novembre 2009. Per Flaviana è normale stare dalla parte dei bambini. Quando, con altre insegnanti e i genitori, si è trovata davanti al problema dei bambini che, a causa dei continui sgomberi, rischiavano di non poter frequentare la scuola si è attivata, contribuendo a “creare” una rete tante persone che accompagnano e sostengono le famiglie rom per le necessità scolastiche e non solo.

È passato un anno e in via Rubattino, lo scorso 7 settembre si è verificato un nuovo sgombero di famiglie rom con bambini. Il giorno dopo il cardinale Tettamanzi, nell’apertura del nuovo Anno pastorale in Duomo, ha detto: «Non bisogna dimenticare che al centro sta la dignità della persona e che ai bambini rom di via Rubattino deve essere garantita la possibilità di cominciare l’anno scolastico». Parole forti e chiare…
Il Cardinale è stato straordinario per ciò che ha detto e per la chiarezza con cui l’ha detto! La cosa paradossale è che i bambini sgomberati il 7 settembre sono gli stessi sgomberati nel novembre 2009, che nel frattempo hanno subito altri cinque, sei, dieci sgomberi. Quando c’è uno sgombero, per sopravvivere i rom si spostano in altre zone; ma vengono continuamente scacciati. Tra lo sgombero dell’anno scorso e quello recente mancano all’appello circa 70-80 persone, cioè quelle che si trovano in casa. Buona parte di queste sono state accolte nelle case da noi volontari con i nostri mezzi minimi.

L’accoglienza continua?
Assolutamente sì. Sono persone alle quali interessano un lavoro e una casa, quindi hanno progetti di accompagnamento. Questo dimostra che gli sgomberi non servono. Le persone si spostano, ma alla fine ritornano nella stessa via di partenza. Uno sgombero così è assolutamente inutile. A funzionare sono stati gli interventi grazie ai quali le persone sono uscite dai campi e sono state accolte nelle case. Dei bambini sgomberati, molti non sono ritornati a scuola. I 22 bambini che durante lo scorso anno scolastico hanno potuto soggiornare in una casa, figli di genitori che hanno trovato lavoro, sono tutti a scuola. Questo dimostra che le famiglie rom ci tengono all’educazione dei loro figli.

Prima che iniziasse la scuola avete avviato un pre-scuola. Di cosa si tratta?
Ci si trovava al pomeriggio in parrocchia con un gruppo di volontari, allo scopo di dare una “rinfrescata” alle materie scolastiche. La parrocchia ci dava i locali dove si svolgeva un po’ di tutto: attività scolastiche, gioco, merenda. Lo sgombero ha interrotto tutto…

Li seguite ancora?
Sì, ma con molta fatica, perché sono sparsi nella città. Alcuni sono nel dormitorio pubblico di viale Ortles, altri nascosti nei prati dell’hinterland. Pochi giorni fa c’è stato un nubifragio su Milano e i loro genitori ci dicevano che non potevano mandare i bambini a scuola perché avevano i vestiti fradici e bagnati.

Che assistenza fornite?
Alcuni volontari vanno a prenderli negli accampamenti dove i più fortunati hanno la tenda (qualcuno nemmeno quella, e dorme sotto le stelle…). Li si porta a fare la doccia perché hanno una grande dignità: non si presenterebbero mai a scuola sporchi. In viale Ortles i bambini continuano a frequentare la scuola. È in atto una sorta di animazione due pomeriggi alla settimana. Alcuni universitari, gli stessi che fanno pre-scuola, vanno al dormitorio pubblico per far giocare i bambini: un’esperienza di una tenerezza enorme. Si sono instaurati rapporti che valicano l’esperienza scolastica e le necessità pratiche. Ci si lega a questi bambini, che hanno visto l’inferno e continuano a vederlo. Si svegliano di notte con i lampeggianti blu della polizia che li manda via. Nessuno discute sulla legalità: è vero che occupano abusivamente i terreni, ma se si volesse, le soluzioni si potrebbero trovare…

Quale alternativa credibile e percorribile allo sgombero?
Ho l’impressione che non ci sia la volontà di trovarla! L’abbiamo trovata noi, povere maestre, casalinghe e pensionate. In pochi mesi ci siamo conosciute e trovato delle soluzioni minimali. Flaviana Robbiati è insegnante elementare da una vita. Oggi insegna nella scuola elementare di via Cima. Un anno era in via Feltri, dove alcuni bambini rom di via Rubattino frequentavano la scuola anche dopo lo sgombero del campo nel novembre 2009. Per Flaviana è normale stare dalla parte dei bambini. Quando, con altre insegnanti e i genitori, si è trovata davanti al problema dei bambini che, a causa dei continui sgomberi, rischiavano di non poter frequentare la scuola si è attivata, contribuendo a “creare” una rete tante persone che accompagnano e sostengono le famiglie rom per le necessità scolastiche e non solo.È passato un anno e in via Rubattino, lo scorso 7 settembre si è verificato un nuovo sgombero di famiglie rom con bambini. Il giorno dopo il cardinale Tettamanzi, nell’apertura del nuovo Anno pastorale in Duomo, ha detto: «Non bisogna dimenticare che al centro sta la dignità della persona e che ai bambini rom di via Rubattino deve essere garantita la possibilità di cominciare l’anno scolastico». Parole forti e chiare…Il Cardinale è stato straordinario per ciò che ha detto e per la chiarezza con cui l’ha detto! La cosa paradossale è che i bambini sgomberati il 7 settembre sono gli stessi sgomberati nel novembre 2009, che nel frattempo hanno subito altri cinque, sei, dieci sgomberi. Quando c’è uno sgombero, per sopravvivere i rom si spostano in altre zone; ma vengono continuamente scacciati. Tra lo sgombero dell’anno scorso e quello recente mancano all’appello circa 70-80 persone, cioè quelle che si trovano in casa. Buona parte di queste sono state accolte nelle case da noi volontari con i nostri mezzi minimi.L’accoglienza continua? Assolutamente sì. Sono persone alle quali interessano un lavoro e una casa, quindi hanno progetti di accompagnamento. Questo dimostra che gli sgomberi non servono. Le persone si spostano, ma alla fine ritornano nella stessa via di partenza. Uno sgombero così è assolutamente inutile. A funzionare sono stati gli interventi grazie ai quali le persone sono uscite dai campi e sono state accolte nelle case. Dei bambini sgomberati, molti non sono ritornati a scuola. I 22 bambini che durante lo scorso anno scolastico hanno potuto soggiornare in una casa, figli di genitori che hanno trovato lavoro, sono tutti a scuola. Questo dimostra che le famiglie rom ci tengono all’educazione dei loro figli.Prima che iniziasse la scuola avete avviato un pre-scuola. Di cosa si tratta?Ci si trovava al pomeriggio in parrocchia con un gruppo di volontari, allo scopo di dare una “rinfrescata” alle materie scolastiche. La parrocchia ci dava i locali dove si svolgeva un po’ di tutto: attività scolastiche, gioco, merenda. Lo sgombero ha interrotto tutto…Li seguite ancora?Sì, ma con molta fatica, perché sono sparsi nella città. Alcuni sono nel dormitorio pubblico di viale Ortles, altri nascosti nei prati dell’hinterland. Pochi giorni fa c’è stato un nubifragio su Milano e i loro genitori ci dicevano che non potevano mandare i bambini a scuola perché avevano i vestiti fradici e bagnati.Che assistenza fornite? Alcuni volontari vanno a prenderli negli accampamenti dove i più fortunati hanno la tenda (qualcuno nemmeno quella, e dorme sotto le stelle…). Li si porta a fare la doccia perché hanno una grande dignità: non si presenterebbero mai a scuola sporchi. In viale Ortles i bambini continuano a frequentare la scuola. È in atto una sorta di animazione due pomeriggi alla settimana. Alcuni universitari, gli stessi che fanno pre-scuola, vanno al dormitorio pubblico per far giocare i bambini: un’esperienza di una tenerezza enorme. Si sono instaurati rapporti che valicano l’esperienza scolastica e le necessità pratiche. Ci si lega a questi bambini, che hanno visto l’inferno e continuano a vederlo. Si svegliano di notte con i lampeggianti blu della polizia che li manda via. Nessuno discute sulla legalità: è vero che occupano abusivamente i terreni, ma se si volesse, le soluzioni si potrebbero trovare…Quale alternativa credibile e percorribile allo sgombero? Ho l’impressione che non ci sia la volontà di trovarla! L’abbiamo trovata noi, povere maestre, casalinghe e pensionate. In pochi mesi ci siamo conosciute e trovato delle soluzioni minimali.