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Intervista

Un cantiere per la Milano “buona”

Il presidente della Camera di commercio Sangalli accoglie la proposta del Cardinale per valorizzare eccellenze spesso ignorate: «Imprese attente alla logica del profitto, ma capaci di comprendere che l'attenzione all'altro�è un�investimento lungimirante»

di Pino NARDI Redazione

21 Dicembre 2010

«La parola e l’esempio del cardinale Tettamanzi sono punti di riferimento per tutti. Credenti e non credenti. Sono aiuti concreti alla nostra vita perché ci propongono una via da seguire, un modo di essere e danno speranza. L’invito ad aprire i cantieri sociali per fare emergere e valorizzare la Milano buona, che funziona, va in questa direzione. Una Milano buona spesso invisibile, sconosciuta, silenziosa, talvolta ignorata». Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano, accoglie la proposta del cardinale Tettamanzi. Nel Discorso alla città l’Arcivescovo ha infatti invitato ad aprire cantieri sociali: il primo proprio per studiare e condividere il segreto della Milano dal terreno buono, quella produttiva.

Presidente Sangalli, innanzitutto qual è il segreto della Milano delle eccellenze?
Penso agli imprenditori, soprattutto i piccoli, e ai professionisti ancora capaci di innovare e di ricercare nonostante la crisi. Ancora capaci di rischiare investendo su se stessi e sugli altri. Penso ai lavoratori disposti a vivere il lavoro e non a lasciarsi vivere dal lavoro. Naturalmente se li si mette nelle condizioni di poterlo fare. Ma queste eccellenze, per dare buoni frutti, devono svilupparsi in una logica di inclusione e di solidarietà attiva e continua.

Come risponde alla proposta del Cardinale di promuovere questo lavoro comune tra società e istituzioni?
Credo sia la condizione necessaria per far funzionare questi cantieri che hanno l’obiettivo di unire e mettere in rete le varie forze di Milano secondo una logica e un’impostazione nuova. Il dialogo tra società e istituzioni è infatti effettivamente frammentato. La proposta del Cardinale ci trova non solo concordi, ma per quello che riguarda il mondo delle imprese, certamente disponibili a collaborare per realizzare i cantieri sociali.

Il vasto mondo dell’economia milanese di quali sostegni ha bisogno da parte delle istituzioni?
La prima necessità per il sistema imprenditoriale, che nell’area di Milano e provincia è forte di quasi 300 mila imprese attive, è quella di essere messo nelle condizioni di operare al meglio. Il che significa una burocrazia sempre più leggera ed efficiente, una legislazione più chiara e sintetica e un fisco più giusto. Che per noi vuol dire pagare tutti per pagare meno e pagare meno per pagare tutti. Un aspetto importante è quello dell’accesso al credito. Per le imprese è vitale recuperare quel rapporto di prossimità con le banche, fatto di ascolto e attenzione ai progetti e alle buone idee, che in passato ha permesso la rinascita economica italiana negli anni del dopoguerra.

L’Arcivescovo loda l’impegno degli imprenditori che nonostante la crisi innovano e danno lavoro, sottolineando in particolare la centralità del lavoro. L’Expo può rappresentare un volano per aumentare l’occupazione?
Penso che quello che ha salvato finora l’economia italiana sia stato il sistema di imprese diffuse sul nostro territorio. Una rete straordinariamente fitta, composta soprattutto da micro e piccole aziende, che ha impedito alla grande crisi di provocare livelli di disoccupazione inaccettabili. Chi lavora in queste imprese, infatti, non è considerato solo un dipendente ma un collaboratore. Tra lui e l’imprenditore c’è spesso un legame forte, perché entrambi lavorano fianco a fianco per lo stesso progetto che è anche di vita. L’Expo, dopo un percorso difficile, è entrato nella fase operativa e dovrà essere un’ottima opportunità per l’occupazione. Penso soprattutto a quella giovanile, penalizzata dalle difficoltà economiche. Occorre tuttavia sostenere le piccole e medie imprese che nei loro progetti, in vista di Expo, hanno in programma assunzioni di personale con forme di incentivi economici e facilitazioni fiscali.

Milano spesso sembra ripiegata su se stessa, in uno stato di depressione diffusa e di frammentazione sociale. Quale contributo può dare il mondo delle imprese e dell’economia per un rilancio della città, anche per promuovere coesione sociale e solidarietà?
Milano è effettivamente ripiegata su se stessa e riteniamo un grande dono la presenza del Cardinale che ci invita ad alzare lo sguardo. Il sistema imprenditoriale è un terreno buono dove, sono certo, potrà continuare a svilupparsi coesione sociale, solidarietà e anche integrazione. Non va dimenticato che senza gli immigrati anche la natalità delle imprese sarebbe in calo. Abbiamo fiducia. Ogni anno le aziende milanesi spendono in responsabilità sociale, cioè per l’attenzione all’ambiente e alla persona a partire dai lavoratori, 1 miliardo e 400 milioni di euro: un grande impegno che nemmeno la crisi è riuscita fino ad ora a ridimensionare. Sono imprese attente ai numeri e alla logica del profitto, ma capaci di comprendere che il bene e l’attenzione all’altro sono investimenti lungimiranti. «La parola e l’esempio del cardinale Tettamanzi sono punti di riferimento per tutti. Credenti e non credenti. Sono aiuti concreti alla nostra vita perché ci propongono una via da seguire, un modo di essere e danno speranza. L’invito ad aprire i cantieri sociali per fare emergere e valorizzare la Milano buona, che funziona, va in questa direzione. Una Milano buona spesso invisibile, sconosciuta, silenziosa, talvolta ignorata». Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano, accoglie la proposta del cardinale Tettamanzi. Nel Discorso alla città l’Arcivescovo ha infatti invitato ad aprire cantieri sociali: il primo proprio per studiare e condividere il segreto della Milano dal terreno buono, quella produttiva.Presidente Sangalli, innanzitutto qual è il segreto della Milano delle eccellenze?Penso agli imprenditori, soprattutto i piccoli, e ai professionisti ancora capaci di innovare e di ricercare nonostante la crisi. Ancora capaci di rischiare investendo su se stessi e sugli altri. Penso ai lavoratori disposti a vivere il lavoro e non a lasciarsi vivere dal lavoro. Naturalmente se li si mette nelle condizioni di poterlo fare. Ma queste eccellenze, per dare buoni frutti, devono svilupparsi in una logica di inclusione e di solidarietà attiva e continua.Come risponde alla proposta del Cardinale di promuovere questo lavoro comune tra società e istituzioni?Credo sia la condizione necessaria per far funzionare questi cantieri che hanno l’obiettivo di unire e mettere in rete le varie forze di Milano secondo una logica e un’impostazione nuova. Il dialogo tra società e istituzioni è infatti effettivamente frammentato. La proposta del Cardinale ci trova non solo concordi, ma per quello che riguarda il mondo delle imprese, certamente disponibili a collaborare per realizzare i cantieri sociali.Il vasto mondo dell’economia milanese di quali sostegni ha bisogno da parte delle istituzioni?La prima necessità per il sistema imprenditoriale, che nell’area di Milano e provincia è forte di quasi 300 mila imprese attive, è quella di essere messo nelle condizioni di operare al meglio. Il che significa una burocrazia sempre più leggera ed efficiente, una legislazione più chiara e sintetica e un fisco più giusto. Che per noi vuol dire pagare tutti per pagare meno e pagare meno per pagare tutti. Un aspetto importante è quello dell’accesso al credito. Per le imprese è vitale recuperare quel rapporto di prossimità con le banche, fatto di ascolto e attenzione ai progetti e alle buone idee, che in passato ha permesso la rinascita economica italiana negli anni del dopoguerra.L’Arcivescovo loda l’impegno degli imprenditori che nonostante la crisi innovano e danno lavoro, sottolineando in particolare la centralità del lavoro. L’Expo può rappresentare un volano per aumentare l’occupazione?Penso che quello che ha salvato finora l’economia italiana sia stato il sistema di imprese diffuse sul nostro territorio. Una rete straordinariamente fitta, composta soprattutto da micro e piccole aziende, che ha impedito alla grande crisi di provocare livelli di disoccupazione inaccettabili. Chi lavora in queste imprese, infatti, non è considerato solo un dipendente ma un collaboratore. Tra lui e l’imprenditore c’è spesso un legame forte, perché entrambi lavorano fianco a fianco per lo stesso progetto che è anche di vita. L’Expo, dopo un percorso difficile, è entrato nella fase operativa e dovrà essere un’ottima opportunità per l’occupazione. Penso soprattutto a quella giovanile, penalizzata dalle difficoltà economiche. Occorre tuttavia sostenere le piccole e medie imprese che nei loro progetti, in vista di Expo, hanno in programma assunzioni di personale con forme di incentivi economici e facilitazioni fiscali.Milano spesso sembra ripiegata su se stessa, in uno stato di depressione diffusa e di frammentazione sociale. Quale contributo può dare il mondo delle imprese e dell’economia per un rilancio della città, anche per promuovere coesione sociale e solidarietà?Milano è effettivamente ripiegata su se stessa e riteniamo un grande dono la presenza del Cardinale che ci invita ad alzare lo sguardo. Il sistema imprenditoriale è un terreno buono dove, sono certo, potrà continuare a svilupparsi coesione sociale, solidarietà e anche integrazione. Non va dimenticato che senza gli immigrati anche la natalità delle imprese sarebbe in calo. Abbiamo fiducia. Ogni anno le aziende milanesi spendono in responsabilità sociale, cioè per l’attenzione all’ambiente e alla persona a partire dai lavoratori, 1 miliardo e 400 milioni di euro: un grande impegno che nemmeno la crisi è riuscita fino ad ora a ridimensionare. Sono imprese attente ai numeri e alla logica del profitto, ma capaci di comprendere che il bene e l’attenzione all’altro sono investimenti lungimiranti. – – Puntare sulla “generatività” – Cgm: al servizio dei più deboli