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L’Amci e la Procreazione medicalmente assistita

Un tema tornato di scottante attualità dopo l'assegnazione del Nobel per la medicina. La sezione milanese dei Medici Cattolici propone il frutto di una riflessione condotta�negli ultimi mesi

6 Ottobre 2010

Il Consiglio dell’Associazione Medici Cattolici Italiani – sezione di Milano ha maturato in questi mesi una riflessione sulla tematica della Procreazione medicalmente assistita e ha prodotto un documento che propone all’attenzione generale.

«Il documento non vuole affrontare la questione della procreazione medicalmente assistita (PMA) dando una valutazione sulla legge attualmente in vigore in Italia (legge 40/2004), ma desidera piuttosto sottolineare alcuni aspetti di ordine antropologico ed etico che si ritiene vadano tenuti in considerazione nell’affrontare questo tema. Come medici cattolici, infatti, mentre recepiamo le indicazioni del Magistero ecclesiale sull’argomento, sentiamo anche l’urgenza di un dialogo franco con quella parte dei professionisti della cura che, pur avendo opinioni differenti, sono desiderosi di un confronto serio.
I dati sul ricorso alla Pma evidenziano, infatti, un bisogno espresso da un numero ormai non trascurabile di coppie che vivono il pesante vuoto dell’assenza della procreazione spontanea e che si avventurano nel complesso mondo della fecondazione artificiale, realtà condizionata, spesso, anche da interessi esterni, soprattutto di natura economica. Per questo motivo riteniamo che sull’argomento occorra tenere in considerazione alcuni elementi.
1) Come già per “l’Alimentazione e Idratazione Artificiali”, la Pma ci offre l’occasione di ribadire la necessità di un rapporto basato sul dialogo tra medico e coniugi. In questo caso proprio perché è coinvolta la sfera più intima della persona e della coppia si rende ancora più necessaria una fiducia umanamente e scientificamente fondata.
2) Per la coppia l’aspirazione ad avere un figlio è senza dubbio apprezzabile e legittima, ma nasce dalla confluenza di desideri molto diversi: di alcuni di essi si ha facilmente coscienza, mentre altri restano il più delle volte nascosti nell’inconscio, spesso in un complesso intreccio di sentimenti e affetti di natura e di qualità assai differenti. La disponibilità delle tecniche offerte dalla moderna medicina riproduttiva induce spesso a ricorrervi, anche intraprendendo viaggi in Paesi in cui la legislazione è maggiormente permissiva, e a eludere alcune tappe di un necessario cammino di discernimento. Un atteggiamento moralmente responsabile esige anzitutto che tale desiderio sia interpretato e quindi responsabilmente guidato. A volte il desiderio di un figlio chiede imperiosamente di essere soddisfatto con qualsiasi mezzo purché efficace e non è disposto a riconoscere i limiti derivanti da altri compiti e doveri. Il linguaggio dell’efficienza e dell’efficacia non può essere il solo o essere preponderante. L’esigenza di un “figlio a tutti i costi” solleva molti dubbi etici: non tutti i “costi” infatti sono ammissibili, e strade alternative percorribili devono essere instancabilmente cercate.
3) La tecnica non è un semplice ausilio strumentale, soprattutto in questo caso specifico in cui si inserisce nel processo del nascere, così come quando si interviene nel dinamismo del morire. Il giudizio morale sulle tecniche di Pma non è legato semplicemente al fatto che siano artificiali. Ciononostante il rischio insito e ineludibile in tali pratiche consiste nell’essere concentrate esclusivamente sul risultato, con una possibile riduzione della procreazione a fabbricazione, alterando quindi il senso di tale evento e modificando la comprensione stessa della realtà: questo scivolamento rischia di divenire disumanizzante. Per questo l’atteggiamento del medico e del ricercatore dovrà essere sempre quello di servizio nei confronti della dignità delle persone coinvolte, e prudente e rispettoso nei confronti degli esseri umani fin dal loro concepimento.
4) Va comunque sottolineato come non tutte le tecniche hanno lo stesso rilievo etico. Diverso infatti è il caso dei trattamenti solo farmacologici della sterilità o infecondità, da quello degli interventi che implicano la separazione del rapporto sessuale dalla produzione di embrioni; e anche tra questi interventi ci possono essere molteplici varianti moralmente rilevanti: per esempio quelle che implicano diverse probabilità di sopravvivenza degli embrioni prodotti, il trattamento a cui essi sono sottoposti, e pure la loro origine. Diverso è il caso delle tecniche eterologhe che introducono anche la variabile del “donatore di gameti”, rispetto alle omologhe. Questo complica ulteriormente il quadro. Da incoraggiare, infine, sono tutti quei tentativi della ricerca attenti a ridurre al minimo la perdita di embrioni e che comunque cercano di affrontare la questione con la consapevolezza della sua complessità e rilevanza etica. Il Consiglio dell’Associazione Medici Cattolici Italiani – sezione di Milano ha maturato in questi mesi una riflessione sulla tematica della Procreazione medicalmente assistita e ha prodotto un documento che propone all’attenzione generale.«Il documento non vuole affrontare la questione della procreazione medicalmente assistita (PMA) dando una valutazione sulla legge attualmente in vigore in Italia (legge 40/2004), ma desidera piuttosto sottolineare alcuni aspetti di ordine antropologico ed etico che si ritiene vadano tenuti in considerazione nell’affrontare questo tema. Come medici cattolici, infatti, mentre recepiamo le indicazioni del Magistero ecclesiale sull’argomento, sentiamo anche l’urgenza di un dialogo franco con quella parte dei professionisti della cura che, pur avendo opinioni differenti, sono desiderosi di un confronto serio.I dati sul ricorso alla Pma evidenziano, infatti, un bisogno espresso da un numero ormai non trascurabile di coppie che vivono il pesante vuoto dell’assenza della procreazione spontanea e che si avventurano nel complesso mondo della fecondazione artificiale, realtà condizionata, spesso, anche da interessi esterni, soprattutto di natura economica. Per questo motivo riteniamo che sull’argomento occorra tenere in considerazione alcuni elementi.1) Come già per “l’Alimentazione e Idratazione Artificiali”, la Pma ci offre l’occasione di ribadire la necessità di un rapporto basato sul dialogo tra medico e coniugi. In questo caso proprio perché è coinvolta la sfera più intima della persona e della coppia si rende ancora più necessaria una fiducia umanamente e scientificamente fondata.2) Per la coppia l’aspirazione ad avere un figlio è senza dubbio apprezzabile e legittima, ma nasce dalla confluenza di desideri molto diversi: di alcuni di essi si ha facilmente coscienza, mentre altri restano il più delle volte nascosti nell’inconscio, spesso in un complesso intreccio di sentimenti e affetti di natura e di qualità assai differenti. La disponibilità delle tecniche offerte dalla moderna medicina riproduttiva induce spesso a ricorrervi, anche intraprendendo viaggi in Paesi in cui la legislazione è maggiormente permissiva, e a eludere alcune tappe di un necessario cammino di discernimento. Un atteggiamento moralmente responsabile esige anzitutto che tale desiderio sia interpretato e quindi responsabilmente guidato. A volte il desiderio di un figlio chiede imperiosamente di essere soddisfatto con qualsiasi mezzo purché efficace e non è disposto a riconoscere i limiti derivanti da altri compiti e doveri. Il linguaggio dell’efficienza e dell’efficacia non può essere il solo o essere preponderante. L’esigenza di un “figlio a tutti i costi” solleva molti dubbi etici: non tutti i “costi” infatti sono ammissibili, e strade alternative percorribili devono essere instancabilmente cercate.3) La tecnica non è un semplice ausilio strumentale, soprattutto in questo caso specifico in cui si inserisce nel processo del nascere, così come quando si interviene nel dinamismo del morire. Il giudizio morale sulle tecniche di Pma non è legato semplicemente al fatto che siano artificiali. Ciononostante il rischio insito e ineludibile in tali pratiche consiste nell’essere concentrate esclusivamente sul risultato, con una possibile riduzione della procreazione a fabbricazione, alterando quindi il senso di tale evento e modificando la comprensione stessa della realtà: questo scivolamento rischia di divenire disumanizzante. Per questo l’atteggiamento del medico e del ricercatore dovrà essere sempre quello di servizio nei confronti della dignità delle persone coinvolte, e prudente e rispettoso nei confronti degli esseri umani fin dal loro concepimento.4) Va comunque sottolineato come non tutte le tecniche hanno lo stesso rilievo etico. Diverso infatti è il caso dei trattamenti solo farmacologici della sterilità o infecondità, da quello degli interventi che implicano la separazione del rapporto sessuale dalla produzione di embrioni; e anche tra questi interventi ci possono essere molteplici varianti moralmente rilevanti: per esempio quelle che implicano diverse probabilità di sopravvivenza degli embrioni prodotti, il trattamento a cui essi sono sottoposti, e pure la loro origine. Diverso è il caso delle tecniche eterologhe che introducono anche la variabile del “donatore di gameti”, rispetto alle omologhe. Questo complica ulteriormente il quadro. Da incoraggiare, infine, sono tutti quei tentativi della ricerca attenti a ridurre al minimo la perdita di embrioni e che comunque cercano di affrontare la questione con la consapevolezza della sua complessità e rilevanza etica. Le conclusioni Il desiderio di avere un figlio e il ricorso alle tecniche di Pma implica un percorso che deve essere accompagnato con competenza e discrezione, ma al tempo stesso con un’opportuna chiarezza e onestà intellettuale e professionale circa i valori umani implicati.La generazione è una delle esperienze originarie e fondamentali in cui si dischiude il senso stesso dell’esistenza umana e che alimenta le disposizioni spirituali e morali necessarie per garantire la buona qualità della vita. Il ricorso indiscriminato alla tecnica compromette pericolosamente la trasparenza di tale esperienza. In tale prospettiva le distinzioni e le corrispondenti indicazioni proposte dal magistero ecclesiale non possono essere intese quale espressione di uno scadente approccio casistico.L’esclusione argomentata della praticabilità morale di alcune tecniche costituisce nello stesso tempo uno stimolo a trovare percorsi alternativi che cerchino di garantire il rispetto e la tutela degli embrioni, l’integrità del rapporto matrimoniale e familiare, anche come condizioni per la corretta formazione dell’identità psichica del figlio, e per la dignità della coppia. La ricerca in tale direzione deve essere impegno di una società che si dice civile, che sa collaborare per il bene comune al di là di ogni schieramento ideologico previo».