Giovedì 21 ottobre è stato sgomberato il campo rom abusivo a Redecesio di Segrate. Un campo dove avevano trovato rifugio alcune famiglie sgomberate più volte da via Rubattino. Le forze dell’ordine – pochi vigili urbani di Segrate e molti carabinieri – hanno allontanato 80 persone e molti bambini, 19 dei quali già inseriti in percorsi scolastici e che, a causa dello sgombero, non hanno potuto raggiungere i loro compagni in aula. Nella tarda mattinata, quando le ruspe hanno terminato il lavoro, agli abitanti del campo è stato dato l’ordine di disperdersi.
Il recente documento diocesano Rom, comunità cristiana e pubbliche amministrazioni rileva che «la politica degli sgomberi perseguita in questi anni non ha prodotto risultati significativi. Anzi, ha alimentato insicurezza e paura tra tutti i cittadini, sprecando risorse economiche che potevano essere utilizzate in modo più proficuo». Sulla scolarizzazione il documento precisa che il risultato migliore è stato proprio «l’inserimento scolastico di tanti minori rom: l’integrazione passa da questa strada. Gruppi di cittadini hanno espresso vicinanza, attenzione e cura a famiglie più volte sgomberate, dimostrando la possibilità della convivenza».
L’associazione dei Genitori della scuola Munari (Feltre) e le mamme di Rubattino hanno condannato con un comunicato lo sgombero, giudicandolo un «atto di violenza». Durante lo sgombero alcuni di loro erano presenti, insieme a diversi volontari di varie associazioni, compresa la Comunità di S. Egidio. È così scattata una catena di aiuti che, nel limite del possibile, è riuscita a contenere la drammaticità dell’evento. Per la maestra Silvia Borsani sono «scene già viste centinaia di volte negli ultimi anni: ragazzi e adulti che racimolano quel che riescono e lo caricano su mezzi più o meno di fortuna, senza sapere dove dormiranno la prossima notte; uomini avvertiti via cellulare dello sgombero, perché al mattino presto sono partiti per il lavoro nonostante si dica che “quelli lì mica hanno voglia di lavorare”; bambini che perdono i loro giochi, la loro vita di scolari, spesso anche lo zaino con i quaderni e di certo la spensieratezza che dovrebbe essere un diritto inviolabile alla loro età».
Nel comunicato firmato da 35 insegnanti della scuola primaria di via San Mamete si legge: «Chi ha ordinato questo ennesimo sgombero si preoccupa del bene di chi? Non certo il bene di questi bambini che stavano imparando a stare con gli altri e cosa significhi essere istruiti. Loro desiderano continuare l’esperienza scolastica, chi si sta assumendo la responsabilità di interromperla? Tante sono le domande, dateci almeno qualche risposta!».
Tra i bambini sgomberati anche la piccola Giulia, citata in una lettera della sua insegnante Flaviana Robbiati, che prima della sgombero invitava «il Prefetto, il Sindaco, il Vicesindaco, a conoscere Giulia, a guardarla mentre scrive, disegna, gioca. Vengano a guardare il sorriso di una bambina felice di andare finalmente a scuola e alla quale toglieranno tra poco questa possibilità». Per tutto il tempo dello sgombero Giulia, con la mamma e la sorella diciottenne incinta di otto mesi, è rimasta con l’insegnante a cercare un’ospitalità che non hanno trovato. La notte ha dormito in un parco con la famiglia. «Stamattina – racconta Silvia Borsani -, arrivando al campo di Segrate, ho subito incrociato Cristina con la mamma e la sorellina. Dall’inizio di quest’anno è stata sgomberata già dodici volte. “Maestra – mi ha detto con aria serissima -, questa non è vita”. Hai ragione, Cristina, i tuoi dieci anni meritano meglio». Un’altra insegnante dice: «La piccola Sciakira durante lo sgombero ha sempre canticchiato le vocali dell’alfabeto».
Nella parrocchia di S. Crisostomo, aperta alle varie culture presenti nella zona di via Padova, da due settimane è iniziato un corso di italiano per stranieri dove, dice Assunta Vincenti (mamma e maestra), «insieme a cinesi, peruviani e pakistani sono venuti a scuola anche 11 tra donne e uomini rom dell’ex campo di Rubattino; tra loro anche Marius di 15 anni e sua mamma Vasilika». Per la seconda volta, continua Assunta, «Marius, sua mamma, e tutti gli altri sono usciti dai loro nuovi “nascondigli” perché non hanno perso la gioia di imparare». Giovedì 21 ottobre è stato sgomberato il campo rom abusivo a Redecesio di Segrate. Un campo dove avevano trovato rifugio alcune famiglie sgomberate più volte da via Rubattino. Le forze dell’ordine – pochi vigili urbani di Segrate e molti carabinieri – hanno allontanato 80 persone e molti bambini, 19 dei quali già inseriti in percorsi scolastici e che, a causa dello sgombero, non hanno potuto raggiungere i loro compagni in aula. Nella tarda mattinata, quando le ruspe hanno terminato il lavoro, agli abitanti del campo è stato dato l’ordine di disperdersi.Il recente documento diocesano Rom, comunità cristiana e pubbliche amministrazioni rileva che «la politica degli sgomberi perseguita in questi anni non ha prodotto risultati significativi. Anzi, ha alimentato insicurezza e paura tra tutti i cittadini, sprecando risorse economiche che potevano essere utilizzate in modo più proficuo». Sulla scolarizzazione il documento precisa che il risultato migliore è stato proprio «l’inserimento scolastico di tanti minori rom: l’integrazione passa da questa strada. Gruppi di cittadini hanno espresso vicinanza, attenzione e cura a famiglie più volte sgomberate, dimostrando la possibilità della convivenza».L’associazione dei Genitori della scuola Munari (Feltre) e le mamme di Rubattino hanno condannato con un comunicato lo sgombero, giudicandolo un «atto di violenza». Durante lo sgombero alcuni di loro erano presenti, insieme a diversi volontari di varie associazioni, compresa la Comunità di S. Egidio. È così scattata una catena di aiuti che, nel limite del possibile, è riuscita a contenere la drammaticità dell’evento. Per la maestra Silvia Borsani sono «scene già viste centinaia di volte negli ultimi anni: ragazzi e adulti che racimolano quel che riescono e lo caricano su mezzi più o meno di fortuna, senza sapere dove dormiranno la prossima notte; uomini avvertiti via cellulare dello sgombero, perché al mattino presto sono partiti per il lavoro nonostante si dica che “quelli lì mica hanno voglia di lavorare”; bambini che perdono i loro giochi, la loro vita di scolari, spesso anche lo zaino con i quaderni e di certo la spensieratezza che dovrebbe essere un diritto inviolabile alla loro età».Nel comunicato firmato da 35 insegnanti della scuola primaria di via San Mamete si legge: «Chi ha ordinato questo ennesimo sgombero si preoccupa del bene di chi? Non certo il bene di questi bambini che stavano imparando a stare con gli altri e cosa significhi essere istruiti. Loro desiderano continuare l’esperienza scolastica, chi si sta assumendo la responsabilità di interromperla? Tante sono le domande, dateci almeno qualche risposta!».Tra i bambini sgomberati anche la piccola Giulia, citata in una lettera della sua insegnante Flaviana Robbiati, che prima della sgombero invitava «il Prefetto, il Sindaco, il Vicesindaco, a conoscere Giulia, a guardarla mentre scrive, disegna, gioca. Vengano a guardare il sorriso di una bambina felice di andare finalmente a scuola e alla quale toglieranno tra poco questa possibilità». Per tutto il tempo dello sgombero Giulia, con la mamma e la sorella diciottenne incinta di otto mesi, è rimasta con l’insegnante a cercare un’ospitalità che non hanno trovato. La notte ha dormito in un parco con la famiglia. «Stamattina – racconta Silvia Borsani -, arrivando al campo di Segrate, ho subito incrociato Cristina con la mamma e la sorellina. Dall’inizio di quest’anno è stata sgomberata già dodici volte. “Maestra – mi ha detto con aria serissima -, questa non è vita”. Hai ragione, Cristina, i tuoi dieci anni meritano meglio». Un’altra insegnante dice: «La piccola Sciakira durante lo sgombero ha sempre canticchiato le vocali dell’alfabeto».Nella parrocchia di S. Crisostomo, aperta alle varie culture presenti nella zona di via Padova, da due settimane è iniziato un corso di italiano per stranieri dove, dice Assunta Vincenti (mamma e maestra), «insieme a cinesi, peruviani e pakistani sono venuti a scuola anche 11 tra donne e uomini rom dell’ex campo di Rubattino; tra loro anche Marius di 15 anni e sua mamma Vasilika». Per la seconda volta, continua Assunta, «Marius, sua mamma, e tutti gli altri sono usciti dai loro nuovi “nascondigli” perché non hanno perso la gioia di imparare».
Emergenza
«I bambini rom di Segrate non hanno perso la gioia di imparare»
Racconti e testimonianze della rete di solidarietà costruita da genitori, insegnanti e volontari dopo l'ennesimo sgombero di un campo
di Silvio MENGOTTO Redazione
25 Ottobre 2010