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Nerviano

Il Centro ricerca rischia la chiusura

In crisi di liquidità l'azienda oncologica gestita dalla congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione del Beato padre Monti

Pino NARDI Redazione

24 Marzo 2009
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La crisi colpisce duro. Anche nei settori più avanzati, nell’eccellenza lombarda. Come è il caso della Nerviano Medical Sciences, l’azienda di ricerca oncologica più importante d’Italia, che non ha fini speculativi, gestita dalla congregazione religiosa dei Figli dell’Immacolata Concezione, fondata dal Beato padre Luigi Monti. Una realtà di primissimo piano, anche a livello internazionale (un gruppo di lavoro altamente specializzato talmente apprezzato che una cinquantina di ricercatori vengono dall’estero per imparare) che sta per arrivare a risultati notevoli nella lotta al cancro, in particolare lavorando su due molecole (una si chiama Aurora, nome evocativo di speranza). Siamo ormai “all’ultimo miglio” per la conclusione della ricerca, ma l’azienda è in affanno. Si rischia di cancellare tutto: società, risultati, lasciando per strada i 600 lavoratori di Nerviano.
Ma come si è arrivati a questa situazione? La congregazione prende dalla multinazionale Pfizer questa azienda con in dote 200 milioni di euro che non sarebbero bastati, secondo la precedente gestione della casa farmaceutica, neanche per due anni, costando 110 milioni l’anno. La congregazione, insieme al management, è riuscita a ridurre il fabbisogno, dimezzandolo a 60 milioni l’anno, portando avanti l’azienda non per 2, ma per 3 anni e mezzo. Si pensava che nel 2009 queste molecole potessero entrare sul mercato: c’è stato un ritardo, ma si è quasi in dirittura d’arrivo. L’azienda è però sul filo di lana: è partita la trattativa con Pfizer per la molecola, ma manca liquidità per concludere la ricerca.
Il management si è dunque rivolto alla congregazione, che ha effettuato un esborso di 5 milioni di euro, pesante per una realtà molto attiva nelle missioni nei Paesi poveri. Con questi si è arrivati fino a oggi, ma non bastano. Non mancano le preoccupazioni. Innanzitutto, per le 600 persone che lavorano: in caso di liquidazione o di fallimento verrebbero colpite tutte queste famiglie. Inoltre, sarebbe una catastrofe per la linea di ricerca su colture e animali, che andrebbe distrutta, perdendo tutti i risultati che ha già prodotto azzerando tutto.