Tempo pieno? Sì, grazie. E per essere sicuri dell’orario, i milanesi scelgono le scuole private. I primi dati delle iscrizioni fanno registrare un aumento del 1,5 per cento negli istituti a pagamento: un alunno in più in ogni classe rispetto allo scorso anno. Nella sola Lombardia sono 10 mila gli studenti delle elementari e delle medie che abbandoneranno la scuola pubblica.
«Si tratta di una tendenza reale che sta prendendo piede a macchia di leopardo in tutte le regioni del Nord, soprattutto nelle aree più agiate. Un fenomeno dovuto ai tagli e all’irrigidimento dei regolamenti scolastici», commenta Domenico Pantaleo, segretario generale della Fls Cgil.
Ma sul futuro del tempo prolungato non sono arrivate ancora da Palazzo Chigi direttive definitive, che considerino anche la prospettiva tagli al personale. «Nei mesi scorsi il governo ha dato ampie assicurazioni sulla volontà di ampliare l’offerta del tempo pieno a questo punto vogliamo vedere quali fatti seguiranno a tante parole. Chiediamo con forza che la promessa sia mantenuta e che venga garantito l’organico necessario per rispettare le scelte dei genitori. In tutta Italia», ha sottolineato Renato Capelli, segretario generale Cisl Scuola Lombardia.
Ragazzi a scuola tutto il giorno sotto l’occhio vigile di insegnanti e bidelli. Mentre gli istituti pubblici hanno difficoltà a garantire le supplenze o ad acquistare i prodotti igienici. «La scelta del tempo pieno è legata sicuramente al lavoro. Sempre più spesso i genitori sono fuori casa entrambi per tutta la giornata e se la scuola prevede un orario più lungo i genitori sono più tranquilli su dove i figli trascorrono le pomeriggio, dopo le lezioni», spiega Cesare Scurati, professore di Didattica generale dell’Università Cattolica, dove dirige il Centro di Formazione Permanente e a Distanza.
Ma rimanere a scuola più a lungo non vuol dire passare otto ore al giorno tra compiti in classe e interrogazioni. «L’alunno deve svolgere tutto quello che è previsto dal programma, tenendo conto delle curve di affaticamento e d’attenzione. E’ bene comunque che prima il Ministro chiarisca quali sono davvero le risorse a disposizione per aumentare la durata della permanenza a scuola: così gli istituti possono organizzarsi nel modo che ritengono più opportuno», continua il professore. Via libera dunque a cineforum, laboratori linguistici e visite culturali: occasioni che possono aiutare i ragazzi a socializzare e formarsi uno spirito critico. Tempo pieno? Sì, grazie. E per essere sicuri dell’orario, i milanesi scelgono le scuole private. I primi dati delle iscrizioni fanno registrare un aumento del 1,5 per cento negli istituti a pagamento: un alunno in più in ogni classe rispetto allo scorso anno. Nella sola Lombardia sono 10 mila gli studenti delle elementari e delle medie che abbandoneranno la scuola pubblica.«Si tratta di una tendenza reale che sta prendendo piede a macchia di leopardo in tutte le regioni del Nord, soprattutto nelle aree più agiate. Un fenomeno dovuto ai tagli e all’irrigidimento dei regolamenti scolastici», commenta Domenico Pantaleo, segretario generale della Fls Cgil.Ma sul futuro del tempo prolungato non sono arrivate ancora da Palazzo Chigi direttive definitive, che considerino anche la prospettiva tagli al personale. «Nei mesi scorsi il governo ha dato ampie assicurazioni sulla volontà di ampliare l’offerta del tempo pieno a questo punto vogliamo vedere quali fatti seguiranno a tante parole. Chiediamo con forza che la promessa sia mantenuta e che venga garantito l’organico necessario per rispettare le scelte dei genitori. In tutta Italia», ha sottolineato Renato Capelli, segretario generale Cisl Scuola Lombardia. Ragazzi a scuola tutto il giorno sotto l’occhio vigile di insegnanti e bidelli. Mentre gli istituti pubblici hanno difficoltà a garantire le supplenze o ad acquistare i prodotti igienici. «La scelta del tempo pieno è legata sicuramente al lavoro. Sempre più spesso i genitori sono fuori casa entrambi per tutta la giornata e se la scuola prevede un orario più lungo i genitori sono più tranquilli su dove i figli trascorrono le pomeriggio, dopo le lezioni», spiega Cesare Scurati, professore di Didattica generale dell’Università Cattolica, dove dirige il Centro di Formazione Permanente e a Distanza.Ma rimanere a scuola più a lungo non vuol dire passare otto ore al giorno tra compiti in classe e interrogazioni. «L’alunno deve svolgere tutto quello che è previsto dal programma, tenendo conto delle curve di affaticamento e d’attenzione. E’ bene comunque che prima il Ministro chiarisca quali sono davvero le risorse a disposizione per aumentare la durata della permanenza a scuola: così gli istituti possono organizzarsi nel modo che ritengono più opportuno», continua il professore. Via libera dunque a cineforum, laboratori linguistici e visite culturali: occasioni che possono aiutare i ragazzi a socializzare e formarsi uno spirito critico.
Riforma scolastica
Assalto al tempo pieno
Nella sola Lombardia sono 10 mila gli studenti delle elementari e delle medie che abbandoneranno la scuola pubblica per avere la sicurezza di poter stare a scuola anche al pomeriggio
Cristina CONTI Redazione
2 Aprile 2009