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Sociale

La rinascita professionale grazie a Custodi del Bello

«Il 35% dei nostri utenti sono rientrati nel mondo del lavoro» racconta Luigi Saracino, uno dei coordinatori operativi del progetto

di Lorenzo Garbarino

6 Giugno 2023
La squadra di Custodi del bello in azione in via Pisani

«Da Custodi del Bello – spiega Luigi Saracino, coordinatore operativo del progetto – sono passate all’incirca 150 persone, tenendo conto anche la pausa forzata dovuta al Covid, di cui il 35% ha saputo ricollocarsi professionalmente all’interno di cooperative e altro genere di somministrazioni».

Il progetto dei Custodi del Bello è nato nel 2017 con una finalità antidegrado. L’iniziativa prevede un’attività che è volutamente molto semplice. Senza l’ausilio di particolari mezzi, si fa un’azione di pulizia e miglioramento delle aree urbane.

Il programma è presente nelle periferie di Milano e permette la messa in opera di persone provenienti da percorsi di fragilità. Estromessi dal lavoro da tempo, grazie al progetto ritrovano il ritmo di lavoro e la relazione con le persone. Un metodo anche per riattivare le loro qualità, per intraprendere successivamente anche un percorso di ricerca lavorativa.

«Le storie più belle – racconta Saracino – sono dei nostri capisquadra. Il progetto infatti prevede un gruppo su ogni luogo, composto da un mix di varie figure tra cui tirocinanti, volontari e caposquadra. Quest’ultimi sono tutte persone riqualificate e tra queste ne abbiamo avute anche due con un passato giudiziario alle spalle. Il loro percorso è cominciato come tirocinanti e, successivamente, sono risultati idonei per accompagnare le altre persone. Da capisquadra sono così passati dall’essere persone “da attivare” a utenti che “attivano” gli altri».

Tra i Custodi del Bello ci sono anche persone che vengono da momenti di fragilità psicologica, che riescono con la calma della quotidianità a riprendere la voglia e la capacità di mettersi in gioco. «Si tratta di persone – aggiunge Saracino – che arrivano dai dormitori. Oggi abbiamo tirocinanti che arrivano da situazioni di strada, che sono passati dall’essere senza fissa dimora e hanno cominciato a prendere contatto con il mondo del lavoro grazie a questo progetto».