Giovedì 29 agosto è morto a Milano Antonio Iosa, per molti anni attivo nelle file della Democrazia cristiana cittadina, ideatore e animatore della Fondazione Carlo Perini e dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo. Una figura esemplare di impegno culturale, civile e sociale portato avanti con forza e tenacia per sessant’anni. «Il suo ultimo pensiero è stato quello di salutare e ringraziare tutti per questi anni di amicizia e vicinanza sincera, ricordando strenuamente l’importanza della memoria e della legalità da trasmettere in particolare ai giovani delle scuole – raccontano i figli Christian e Davide insieme alla moglie Raffaella -. Questi erano diventati i cardini di quella che si può definire una vera e propria missione, “per non dimenticare le vittime del terrorismo e delle stragi e per educare i giovani alla legalità, alla non violenza, al rispetto della vita umana”».
Iosa visse sulla propria pelle la stagione del terrorismo, rimanendo vittima di un attentato da parte delle Brigate Rosse l’1 aprile 1980, nel mezzo di quegli “anni di piombo” che poi lui ebbe a definire come «anni di odio, di paura e di eversione contro la democrazia in Italia», un periodo di «delinquenza assassina di terroristi e stragisti fanatici e disumani, che scelsero di fare una lotta armata contro la democrazia e la Costituzione italiana, uccidendo gli uomini migliori, tanti fedeli servitori dello Stato e cittadini comuni “eroi della quotidianità”».
La Fondazione Carlo Perini rappresenta tutt’oggi un presidio di dialogo multiculturale e di confronto civile e democratico sul territorio, che tra i suoi meriti vanta l’importante contributo fornito alla riqualificazione del quartiere di Quarto Oggiaro – trasformato da “Bronx” a simbolo di riscatto urbanistico, sociale e culturale – e al recupero di una delle testimonianze storiche più significative della periferia: Villa Scheibler. «Siamo l’ente culturale più longevo della periferia di Milano – sottolineava con orgoglio Iosa – e neppure la violenza neofascista, col suo assalto del 21 giugno 1971, e l’attentato terroristico dell’1 aprile 1980 da parte delle Brigate Rosse sono riusciti a tapparci la bocca e a impedire la continuità della nostra attività».