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Comunicazione

Testimoni anche nel mondo digitale

Sabato 27 marzo un folto pubblico ha seguito al Cinema Gnomo� l'incontro promosso dalla Diocesi e dall'Ucsi Lombardia in preparazione al convegno nazionale in programma a Roma dal 22 al 24 aprile. Gli interventi dei card. Tettamanzi e Martini, di monsignor Coletti e di�numerosi studiosi ed esperti

di Filippo MAGNI Redazione Diocesi

26 Marzo 2010

«È il momento di prendere consapevolezza del nuovo mondo dei media per esserne abitatori e protagonisti». Con queste parole di don Davide Milani (responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano) si è aperto stamattina il convegno “Testimonianza cristiana e continente digitale”. La mattinata, ideata in preparazione all’incontro “Testimoni digitali” del prossimo 24 aprile a Roma, ha visto accorrere al cinema Gnomo un buon numero di cattolici interessati ad approfondire la conoscenza dei “new media”, i nuovi mezzi di comunicazione.

Il convegno ha registrato un’apertura e una chiusura d’eccellenza. Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha infatti pronunciato la prima relazione, mentre un’intervista esclusiva al cardinale Carlo Maria Martini ha rappresentato il termine dei lavori. Entrambi i ricchissimi interventi sono presenti, in forma integrale, nel box qui a lato: è sufficiente cliccare sui titoli per visionarli. Tettamanzi in particolare ha ricordato che «la paura non può essere il sentimento dominante quando si parla di comunicazione digitale», perché si tratta di «un’attività profondamente umana al centro della quale si trova sempre l’uomo». Il parametro che deve guidare i cristiani, ha aggiunto, «è arrivare a una comunicazione che faccia incontrare le persone nella loro realtà radicale generando comunione».Con l’attenzione a discernere «i messaggi che veicolano il bene, valutandone il grado e l’intensità così da potercisi affidare».

Il professor Ruggero Eugeni, docente di Semiotica dei media in Università Cattolica, ha evidenziato che «i media sono protesi non solo percettive della nostra vita, ma pratiche. Ad esempio consentono di gestire un conto in banca, spendere i propri soldi eccetera». Per cui non ci si chiede più «come funziona il media, ma piuttosto quale esperienza può farmi vivere».È difficile stilare una mappa del panorama dei new media, ha aggiunto, forse sarebbe più utile un catalogo tridimensionale. Certo è che in questo scenario, ha precisato, «la fiducia è diventata un valore importante. Dato che in internet non ci si incontra faccia a faccia e non ci si conosce fino in fondo, spesso si fanno anche delle prove per saggiare quanto ci si può fidare dell’interlocutore».In queste «forme della socialità umana che si stanno trasformando, è importante cogliere sia le opportunità, gli stimoli di queste nuove situazioni, sia riconoscere che siamo chiamati a una cittadinanza paradossale». Ci troviamo cioè ad essere «cittadini di molteplici comunità: è importante che sappiamo discernere quanto siano solide queste comunità. Ma è fondamentale prenderle sul serio perché noi vi apparteniamo. Anche se molte di queste comunità-città non hanno un territorio, non hanno una mappa».

Mons. Diego Coletti, vescovo di Como, ha ricordato «il rischio di esilio che la parola corre in ambito digitale, trasformandosi in mero strumento oggettivo e tecnico, in una oggettivizzazione causata dalla progressiva evanescenza della prossimità». «La parola – ha aggiunto – non è più tra prossimi, tra volti dotati di una storia o di una memoria, ma sempre più tra entità distanti (non tanto geograficamente, pensate all’estraneità tra condomini) e si passa quindi dal concetto di persona al concetto di individuo che si illude della propria autoreferenzialità in un ambiente fatto di cose nominabili in modo oggettivo e definito». E siamo parallelamente «sempre meno capaci di pregare, avere una relazione con il Tu con la “T” maiuscola”». In questo scenario, ha concluso il monsignore, «il problema è ritrovare una rinnovata capacità di coinvolgersi con un tu che costituisce la condizione irrinunciabile di una relazione interpersonale. Non possiamo continuare a oggettivare e usare la terza persona. La novità è quando entra in gioco il tu. La relazione non è più funzionale, non solo fruizione o appagamento desiderio, ma considera incontro con una nuova coscienza capace di condivisione».

Chiara Giaccardi, sociologa e antropologa in Università Cattolica, ha sottolineato l’importanza dei testimoni digitali. «La testimonianza – ha spiegato – non significa dire qualcosa, ma piuttosto far vedere come si vive. La testimonianza non presuppone una conoscenza corretta, ma una verità che è vita». Oggi i media hanno aumentato la nostra sensitività. Ma «il testimone non è un amplificatore, è colui il quale prende la parola, racconta, tesse un testo che mette in relazione esperienze e vite, il passato con il presente e il futuro». Il testimone, ha aggiunto, «è in rapporto con l’alterità articolata dentro di sé (ciascuno è straniero a se stesso) e sugli altri». La finalità della testimonianza, ha concluso la docente, «non è affermare una verità, ma festeggiare un incontro. La bellezza di stare con l’altro è la gioia che si deve vedere intorno al testimone».

In conclusione don Ivan Maffeis (Ufficio comunicazioni sociali della Cei) ha ricordato l’appuntamento cui sono chiamati tutti gli operatori della comunicazione cattolica: l’incontro con il Santo Padre sabato 24 aprile a Roma dal titolo “Testimoni digitali”. «È il momento di prendere consapevolezza del nuovo mondo dei media per esserne abitatori e protagonisti». Con queste parole di don Davide Milani (responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano) si è aperto stamattina il convegno “Testimonianza cristiana e continente digitale”. La mattinata, ideata in preparazione all’incontro “Testimoni digitali” del prossimo 24 aprile a Roma, ha visto accorrere al cinema Gnomo un buon numero di cattolici interessati ad approfondire la conoscenza dei “new media”, i nuovi mezzi di comunicazione.Il convegno ha registrato un’apertura e una chiusura d’eccellenza. Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha infatti pronunciato la prima relazione, mentre un’intervista esclusiva al cardinale Carlo Maria Martini ha rappresentato il termine dei lavori. Entrambi i ricchissimi interventi sono presenti, in forma integrale, nel box qui a lato: è sufficiente cliccare sui titoli per visionarli. Tettamanzi in particolare ha ricordato che «la paura non può essere il sentimento dominante quando si parla di comunicazione digitale», perché si tratta di «un’attività profondamente umana al centro della quale si trova sempre l’uomo». Il parametro che deve guidare i cristiani, ha aggiunto, «è arrivare a una comunicazione che faccia incontrare le persone nella loro realtà radicale generando comunione».Con l’attenzione a discernere «i messaggi che veicolano il bene, valutandone il grado e l’intensità così da potercisi affidare».Il professor Ruggero Eugeni, docente di Semiotica dei media in Università Cattolica, ha evidenziato che «i media sono protesi non solo percettive della nostra vita, ma pratiche. Ad esempio consentono di gestire un conto in banca, spendere i propri soldi eccetera». Per cui non ci si chiede più «come funziona il media, ma piuttosto quale esperienza può farmi vivere».È difficile stilare una mappa del panorama dei new media, ha aggiunto, forse sarebbe più utile un catalogo tridimensionale. Certo è che in questo scenario, ha precisato, «la fiducia è diventata un valore importante. Dato che in internet non ci si incontra faccia a faccia e non ci si conosce fino in fondo, spesso si fanno anche delle prove per saggiare quanto ci si può fidare dell’interlocutore».In queste «forme della socialità umana che si stanno trasformando, è importante cogliere sia le opportunità, gli stimoli di queste nuove situazioni, sia riconoscere che siamo chiamati a una cittadinanza paradossale». Ci troviamo cioè ad essere «cittadini di molteplici comunità: è importante che sappiamo discernere quanto siano solide queste comunità. Ma è fondamentale prenderle sul serio perché noi vi apparteniamo. Anche se molte di queste comunità-città non hanno un territorio, non hanno una mappa».Mons. Diego Coletti, vescovo di Como, ha ricordato «il rischio di esilio che la parola corre in ambito digitale, trasformandosi in mero strumento oggettivo e tecnico, in una oggettivizzazione causata dalla progressiva evanescenza della prossimità». «La parola – ha aggiunto – non è più tra prossimi, tra volti dotati di una storia o di una memoria, ma sempre più tra entità distanti (non tanto geograficamente, pensate all’estraneità tra condomini) e si passa quindi dal concetto di persona al concetto di individuo che si illude della propria autoreferenzialità in un ambiente fatto di cose nominabili in modo oggettivo e definito». E siamo parallelamente «sempre meno capaci di pregare, avere una relazione con il Tu con la “T” maiuscola”». In questo scenario, ha concluso il monsignore, «il problema è ritrovare una rinnovata capacità di coinvolgersi con un tu che costituisce la condizione irrinunciabile di una relazione interpersonale. Non possiamo continuare a oggettivare e usare la terza persona. La novità è quando entra in gioco il tu. La relazione non è più funzionale, non solo fruizione o appagamento desiderio, ma considera incontro con una nuova coscienza capace di condivisione».Chiara Giaccardi, sociologa e antropologa in Università Cattolica, ha sottolineato l’importanza dei testimoni digitali. «La testimonianza – ha spiegato – non significa dire qualcosa, ma piuttosto far vedere come si vive. La testimonianza non presuppone una conoscenza corretta, ma una verità che è vita». Oggi i media hanno aumentato la nostra sensitività. Ma «il testimone non è un amplificatore, è colui il quale prende la parola, racconta, tesse un testo che mette in relazione esperienze e vite, il passato con il presente e il futuro». Il testimone, ha aggiunto, «è in rapporto con l’alterità articolata dentro di sé (ciascuno è straniero a se stesso) e sugli altri». La finalità della testimonianza, ha concluso la docente, «non è affermare una verità, ma festeggiare un incontro. La bellezza di stare con l’altro è la gioia che si deve vedere intorno al testimone».In conclusione don Ivan Maffeis (Ufficio comunicazioni sociali della Cei) ha ricordato l’appuntamento cui sono chiamati tutti gli operatori della comunicazione cattolica: l’incontro con il Santo Padre sabato 24 aprile a Roma dal titolo “Testimoni digitali”. – – L’intervento dell’Arcivescovo (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/03_27_convegno.pdf) – Martini: «I media creino ponti tra la gente» (video) (http://www.youtube.com/watch?v=5Fz0jrrkyOU) – Photogallery –