Durante l’ultimo Consiglio pastorale diocesano il cardinale Angelo Scola ha salutato Silvia Landra come nuova Presidente di Azione Cattolica ambrosiana. È la terza donna a ricoprire questa carica, dopo Maria Dutto (1976-1983) e Valentina Soncini (2008-2014).
Silvia Landra, 45 anni, originaria di Seregno, ma residente a Sesto San Giovanni, dopo la maturità classica si è laureata in Medicina, con specializzazione in Psichiatria e master in Criminologia. Responsabile dell’Area Salute mentale di Caritas Ambrosiana per otto anni, è diventata direttore sanitario presso le comunità terapeutiche accreditate della rete del Consorzio Farsi Prossimo. Dal 2006 è psichiatra consulente e responsabile Centro Studi presso la Fondazione Casa della carità, di cui dal 2011 ha assunto la direzione. In Azione Cattolica è stata responsabile giovani per il suo Decanato e per la Zona pastorale V. È stata vicepresidente diocesana giovani dal 1992 al 1998, quindi ha partecipato al Consiglio diocesano di Ac. Da quattro anni membro della commissione nazionale Ac di riflessione sui temi antropologici, negli ultimi due il suo impegno si è rivolto al percorso formativo per responsabili.L’abbiamo incontrata.
Come e quando ha incontrato l’Azione Cattolica ambrosiana?
L’ho incontrata a 15 anni, in un periodo particolarmente bello della vita, quando tutto è a tinte forti. Mi aveva folgorato l’entusiasmo di alcuni miei compagni di liceo dopo una settimana formativa con l’Azione Cattolica Studenti e perciò avevo aderito senza esitazione a una proposta analoga: una settimana estiva con gli adolescenti a Santa Caterina Valfurva. Si trattava il tema del Concilio Vaticano II e, per quanto sembri incredibile, io e molti altri ci siamo entusiasmati, perché ci è stata comunicata concretamente una Chiesa che vive con passione, fatta di laici che ci mettono cuore e pensiero. Nel corso degli anni in Ac ho visto tanti laici, anche molto giovani, che prendevano parola, conducevano, organizzavano, obiettavano, senza soggezione per i sacerdoti o gli “esperti”, ma con grande rispetto per il cammino comune, per l’istituzione, per la storia.
Il rapporto tra Azione Cattolica e società civile è cambiato negli ultimi anni. Oggi in quale ambito sociale l’Ac può ancora esprimere le sue potenzialità?
L’Ac esprime in ogni tempo un legame intenso con la storia. Negli ultimi anni ha cambiato profondamente linguaggi e modi di rapportarsi alle istituzioni e ai cittadini perché il quadro civile, sociale, culturale e politico è cambiato. Tendo all’ottimismo per carattere, ma non voglio essere fraintesa. L’Ac più volte ha faticato e fatica ancora oggi a interpretare bene questo tempo, a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Tuttavia ci ha provato sempre, caparbiamente. Oggi vedo per l’Ac una responsabilità grande a non cedere al disfattismo, a non pensare che stiamo vivendo una disgregazione non più componibile. Quando l’Arcivescovo ci invita a tendere a una unità non omologante, ma fatta di soggetti dalle forme e fisionomie diverse che interagiscono tra loro, non allude solo a un volto di Chiesa, ma al mondo intero, meticcio e plurale, che vive la forza delle differenze e insieme ricerca una comune radice di senso del lavoro, del riposo, degli affetti, di ogni ambito del vivere.
Che Ac si immagina per i prossimi tre anni?
Un’Ac molto interrogata dalle domande di questo tempo, attenta agli snodi antropologici nei quali la vita delle persone sperimenta la fatica e la riscossa quotidiana. Vorrei un’Ac comunicativa, non impaurita dalle sfide, partecipe al disegno politico e sociale, animata da uomini e donne di speranza, anche quando imperversa la crisi. Me la immagino coraggiosa nel dialogo, costituita da molti laici che vivono l’impegno senza troppa soggezione della gerarchia, non paralizzata nei contesti difficili.
Qual è il suo progetto per la presidenza 2014-2017?
Quello che scaturisce dal documento finale della XV Assemblea diocesana elettiva, frutto di un discernimento interno alla associazione che parte dai territori e ribadisce in modo inequivocabile il valore formativo della dinamica associativa. Non ci stancheremo di ribadire l’importanza di una formazione che aiuti a discernere, a ragionare con la propria testa, a mettersi al servizio. C’è un investimento particolare rivolto ai giovani perché siano parlanti, presenti, protagonisti, e non siano solo il “problema” di cui molti dicono. Rispondiamo volentieri alla sollecitazione dell’Arcivescovo di occuparci della formazione di base dei laici. Lo faremo in collaborazione con la diocesi, investendo in creatività.