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Milano

“Vita di don Giussani”, una eredità feconda

Il libro di Alberto Savorana presentato in un incontro presso l'Università Cattolica. Pubblichiamo in allegato la lettera inviata dall'Arcivescovo e il testo dell'intervento di monsignor Luca Bressan

di Annamaria BRACCINI

18 Settembre 2013

Non solo una biografia, per quanto minuziosa, documentatissima e monumentale per le sue oltre 1300 pagine. Vita di don Giussani, è, infatti, molto di più di una rivisitazione dell’esistenza del fondatore di Comunione e Liberazione, è il tentativo – riuscito – di comunicare chi era “don Gius”, come ha vissuto nel suo tempo e nella Chiesa, cosa ha lasciato in eredità. È questo il profilo emerso dalla presentazione del volume di Alberto Savorana, edito da Rizzoli, svoltasi presso l’Università Cattolica.

L’aula magna dell’ateneo gremita come altre aule collegate – presenti l’autore, il presidente della Fraternità di CL don Julián Carron, il fratello e la sorella di Giussani, l’assistente generale dell’Università monsignor Claudio Giuliodori – ha fatto da cornice alle comunicazioni dei relatori, introdotte dal saluto del rettore della Cattolica Franco Anelli e del vicario episcopale per l’Azione sociale, monsignor Luca Bressan, in rappresentanza dell’Arcivescovo. Il cardinale Scola, nel suo messaggio, ricordando quanto «don Giussani si sia sempre sentito figlio della nostra Chiesa», auspica che «alla luce dell’insegnamento della Chiesa circa la pluriformità nell’unità», Comunione e Liberazione porti il suo contributo alla proposta diocesana “Il campo è il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano”.

E, d’altra parte, sono tanti i nomi di protagonisti della e nella Chiesa milanese che ritornano – non a caso . nell’indice del saggio, a indicare la formazione e l’“attaccamento” peculiarmente ambrosiani di Giussani: basti pensare al teologo Carlo Colombo, che si fece tramite dell’incontro con papa Paolo VI, Gaetano Corti, Carlo Figini, Enrico Galbiati, l’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo, il rettore del seminario di Venegono Francesco Petazzi, l’arciprete del Duomo e amico fraterno Angelo Majo… E se per il rettore Anelli Giussani fu «educatore appassionato, vero e autorevole professore e maestro – insegnò Introduzione alla Teologia in “Cattolica” dal 1964 al 1990 – creativo fondatore», per don Carron «il volume potrà essere utile anche a chi è interessato a capire il cammino della ragione che don Giussani ha percorso per poter rispondere alle sfide del vivere».

Monsignor Bressan, nella sua personale riflessione, dice: «L’esperienza che nasce dal carisma di Giussani «si riconosce dentro la storia della Chiesa di Milano, che l’ha generata e le ha trasmesso la fede. A partire da questa chiave può essere riletta tutta l’esperienza raccontata come il progressivo apparire di un modo, di una forma, di una cultura che consenta agli uomini di oggi di percepire Gesù Cristo contemporaneo alla loro storia e alla loro esperienza di vita».

Esperienza di più di una generazione di giovani impegnati, non solo dal punto di vista dell’appartenenza cattolica, che Paolo Mieli, presidente di Rcs Libri, ricorda in relazione al libro di Savorana, nelle cui pagine l’autore meritoriamente «non si sottrae alla lettura di giorni di fuoco come gli anni Settanta, con i bastioni ideologici, gli scontri, le aggressioni non solo verbali nei confronti della CL di allora». «Don Giussani fu un uomo che entra nella vita pubblica sapendo che le sue sarebbero state parole di urto, perché la sua riproposizione di Cristo non era di facciata, ma di sistema», conclude Mieli, citando Papa Bergoglio che, nel 1998, arcivescovo di Buenos Aires, scriveva: «Da molti anni gli scritti di monsignor Giussani hanno ispirato la mia riflessione, mi hanno insegnato a essere un cristiano migliore. Giussani è uno di quei doni imprevedibili che il Signore ha regalato alla nostra Chiesa dopo il Concilio».

Si situa qui, nell’incontro vivo con la persona di Cristo, tutta la proposta educativa giussaniana, come ha approfondito Federico Mazzarella, docente di Teologia teoretica all’Università di Napoli, o meglio la risposta agli interrogativi che, ai tempi del “Berchet” come adesso, attraversa il mondo: «Domanda di senso, domanda ultima dell’uomo sull’umano», a cui rispondere – appunto – «non con un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo», ma «con un incontro, una storia di amore, un avvenimento»: il Signore.

Analisi, questa, condivisa dall’allora allievo e amico di “don Gius”, attualmente presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini. «La parola chiave è “esperienza” per conoscere qualsiasi cosa, esperienza comune a tutti gli uomini. Per Giussani il legame tra il senso religioso e l’avvenimento cristiano era un metodo, perché Cristo è avvenimento sempre presente, fonte di vera libertà che permette all’io di essere autentico».
Un “genio cattolico”, quello di Giussani, che non vive in una torre dorata, ma che è giudizio attento, curioso, commosso sul tutto sulla vicenda umana e della storia». «Con quello sguardo diretto, a volte severo, ma che non escludeva mai nessuno», che infine sigilla, nella commozione, il ricordo dell’autore del libro e discepolo di "don Gius" Alberto Savorana.