«Ieri, 8 luglio 2014, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza privata Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti: […] le virtù eroiche del Servo di Dio Marcello Candia, Laico; nato a Portici (Italia) il 27 luglio 1916 e morto a Milano (Italia) il 31 agosto 1983»: così, qualche mese fa, annunciava il Servizio Informazioni della Santa Sede.
Dunque, Marcello Candia è venerabile. È vero, i titoli di onore mal si addicono alla logica del Vangelo; ed è bene vigilare perché non offendano l’unica paternità di Dio e non oscurino la bellezza incantevole di Gesù. Eppure questo Decreto viene a riconoscere che i piccoli e i poveri di Macapà e di Marituba non si erano sbagliati; così come gli amici e le amiche di Marcello non avevano avuto un abbaglio. Insieme ai “tesori” di Marcello, avevamo visto bene: davvero era passato per la cruna dell’ago. Per questo, fino a quest’estate, volentieri ascoltavamo quel titolo di “Servo di Dio” che il cardinale Martini gli aveva conferito dando inizio all’inchiesta sulla sua vita e sulle sue virtù, sulla sua fama di santità e sulle grazie donate da Dio per sua intercessione.
Dopo un itinerario complesso e rigoroso, l’inchiesta ha portato a questo Decreto che ha una maestosità stupenda, direi come il Rio delle Amazzoni a Macapà, immenso e affascinante: non è ancora l’oceano, ma quasi non è dato di distinguere. Il Papa usa una formula solenne: «Consta che il Servo di Dio Marcello Candia ha praticato in grado eroico le virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità verso Dio e verso il prossimo, come pure le virtù cardinali della Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza e quelle ad esse annesse». Con queste parole il Papa fa un’affermazione che riguarda la persona di Marcello: parla di lui, del suo impegno, della sua dedizione totale al Signore, alla Chiesa, ai fratelli e del modo eccezionale con cui l’ha fatto. Ha vissuto il Vangelo di Gesù in modo così singolare e autentico che possiamo e dobbiamo venerarlo: come uno che è passato per la cruna dell’ago. Lo onoriamo con amorevolezza e gratitudine, da lui ci lasciamo interrogare, gli chiediamo quale sia stato il suo segreto per vivere “eroicamente” il Vangelo. E avvertendo stupiti che anche in noi, nel nostro piccolo spesso misero, fa capolino il desiderio della santità, gli chiediamo la mano per attraversare con lui la cruna dell’ago.
La gioia emozionata di Suor Benilda Lopes de Souza interpreta bene i sentimenti di tutti noi: «Sono molto felice per questa notizia tanto attesa. Conobbi Marcello Candia quando lavoravo all’Ospedale São Camilo e São Luiz negli anni Settanta. Il suo esempio di amore per i poveri, di preghiera, di semplicità e dedizione, la sua coscienza battesimale ci contagiavano. È vicino alla Fondazione e a tutti noi che lottiamo in questo mondo disuguale perché i poveri abbiano una vita più degna; sia vicino ai nostri passi e susciti altri collaboratori per questa nobile e santa causa».
Quanto manca allora all’oceano di una beatificazione? Manca un miracolo, un fatto prodigioso operato dall’infinita misericordia di Dio per intercessione di Marcello. Lo attenderemo, con i piccoli e i poveri del Brasile, fiduciosi nella prodigalità di Dio e certi della intercessione di Marcello per noi e per quanti patiscono povertà, malattia, ignoranza. Lo attenderemo, sì; con le mani aperte a continuare l’opera di Marcello, miracolo per eccellenza della sua complicità con il Signore. Le mani aperte di noi e di tanti: …mani miracolate da Dio attraverso l’esempio di Marcello, non è vero?