Sirio 26-29 marzo 2024
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Milano

Tre segni per l’Anno della Fede

«Conoscere e far conoscere che Gesù è la pienezza della nostra vita»: nelle parole dell’Arcivescovo al Consiglio pastorale diocesano questo l’atteggiamento con cui vivere il prossimo anno. Come attenzioni concrete, il Fondo famiglia e lavoro, un grande pellegrinaggio a Roma e un gesto pubblico dei catecumeni adulti

di Claudio MAZZA

18 Giugno 2012

Una sfida serissima, quella della fede, che ha visto i membri del Consiglio pastorale diocesano impegnati a dialogare, nel pomeriggio di sabato 16 giugno, con l’Arcivescovo in vista del prossimo Anno della Fede. Insolita la sede: non quella tradizionale di Triuggio, ma la sala conferenze della Curia in piazza Fontana. Più brevi anche i tempi di lavoro; non per questo meno impegnativi. Per la prima volta si è sperimentato un metodo nuovo: dopo la consueta traccia preparatoria e i lavori preliminari nelle Zone pastorali, i consiglieri sono stati invitati ad anticipare per iscritto i loro contributi e le loro proposte. Le sintesi del materiale prodotto sono state lette in aula, facilitando e snellendo i tempi del dialogo con l’Arcivescovo.

A margine dei lavori consiliari, alcune note di rilievo: il grazie dei consiglieri a monsignor Carlo Redaelli, che lascia l’incarico di Vescovo delegato per il Consiglio pastorale diocesano; l’annuncio del cardinale Scola di riconfermare l’attuale Consiglio fino al termine naturale della consigliatura (2015) e la sua decisione di “ringiovanire” i membri con l’innesto di una ventina di giovani «rigorosamente tra i 25 e i 35 anni». Infine, l’invito dell’Arcivescovo a leggere e a diffondere il libretto che riporta gli interventi di Benedetto XVI a Milano.

Partendo dalla traccia

La traccia preparata per i lavori dei consiglieri, prima nelle Zone pastorali e poi in aula, poneva l’incipit, ovviamente, nella Lettera di indizione del Papa e nella Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, che si muovevano entrambe dal Concilio Vaticano II per giungere ai tempi odierni, attraverso il magistero di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, fino all’avventura grandiosa di Family 2012, con tutta la sua ricchezza di studi, relazioni, narrazioni, confronti, reti di amicizia, momenti celebrativi: una festa di colori, canti, condivisione e gioia; di fede, appunto…

Nell’elaborare il percorso, la commissione sì è poi largamente avvalsa anche dei Lineamenta (approntati per la preparazione del Sinodo dei Vescovi che in ottobre a Roma darà inizio all’Anno della Fede) mettendo a tema, da un lato, la preoccupazione del Santo Padre di ribadire la imprescindibiltà di una seria conoscenza dottrinale per «rendere ragione della nostra fede»; dall’altro, lo sforzo di effettuare tutte le possibili mediazioni per ridire la fede in un contesto in cui le differenze culturali e storiche offrono un quadro multiforme dal quale non possiamo prescindere.

Di qui l’invito ai consiglieri a operare una revisione dei progetti pastorali passati e di riflettere sulla fede ricevuta e da trasmettere, sulla fede vissuta e su quella testimoniata.

Il lavoro nelle sette Zone

Dalla sintesi dei lavori consiliari nelle Zone sono emerse due considerazioni di fondo. La prima fotografa le nostre comunità: non basta più essere battezzati per dirsi cristiani, molti genitori portano i figli al catechismo, ma non insegnano loro a essere cristiani con l’esempio della vita. Oggi la capacità di far trasparire l’incontro personale con il Signore è più difficile di ieri, ma se le nostre comunità non diventano luoghi dove traspare la gioia del Vangelo, ne deriva che non sono in grado di trasmettere, per contagio, la fede.

La seconda riguarda l’atteggiamento da tenere per il prossimo Anno della Fede; l’auspicio è che non sia soltanto quello di elaborare istruzioni da dare agli altri, quanto piuttosto quello di interrogarsi su come ciascuno vive la sequela di Gesù.  Purtroppo icontesti nei quali ci si trova ogni giorno sono spesso segnati dal secolarismo, dalla lontananza da Dio e dalla Chiesa, ma tutto ciò dovrebbe interpellarci sul perché della nostra appartenenza alla comunità cristiana.

Dalle sintesi zonali sono poi emerse iniziative e percorsi messi a frutto negli ultimi anni: per esempio, il catechismo pre e post-battesimale; l’accompagnamento dei genitori nel periodo fra il battesimo dei bambini e l’inizio di un loro personale cammino di fede; i cammini di catechesi per gli adulti, volti a riscoprire il valore della propria fede; lo sviluppo dei gruppi familiari e dei gruppi d’ascolto. Di qui una prima considerazione: laddove ci si è impegnati a portare avanti i percorsi proposti dalla Diocesi, i risultati sono stati molto buoni. Occorre però coinvolgere tutte le componenti della comunità perché i contenuti della fede siano alla portata di tutti e ne intercettino la vita, affinché l’esperienza di fede sia celebrata, testimoniata e vissuta.

Dai progetti pastorali in essere eccoci ai suggerimenti per l’Anno della Fede: porre un’attenzione particolare al Credo quale sintesi della nostra fede; diffondere il Compendio del Catechismo all’interno delle comunità; imparare a conoscere la Bibbia per riscoprire la bellezza della fede; chiedere ai gruppi familiari e a quelli d’ascolto di organizzare sul territorio momenti forti di crescita della fede; favorire la conoscenza di figure di testimoni, passati e presenti, capaci di affascinare; mettere maggiormente a fuoco i percorsi di iniziazione cristiana e di introduzione alla vita cristiana intorno alla celebrazione dei sacramenti della confermazione e dell’eucaristia; curare l’aspetto dell’integrazione fede-vita e riprendere il rapporto fra fede e cultura e tra fede e ragione, cui Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno dedicato ampie pagine del loro magistero; trovare nuove occasioni per “scendere per le strade” e forme sempre più coinvolgenti per rigenerare la fede del popolo cristiano: la Via Crucis nelle Zone pastorali, la processione del Corpus Domini, pellegrinaggi. Da ultimo la raccomandazione di approfondire l’aspetto pubblico della fede che implica una testimonianza della comunità più evidente e incisiva all’interno del territorio. Suggestiva potrebbe essere l’idea di un pellegrinaggio diocesano a Roma anche per ringraziare il Santo Padre e per rinsaldare la fede che si fonda sulla successione apostolica e sul primato di Pietro.

Il contributo dei consiglieri

Il fil rouge delle sintesi di Zona traspare anche dagli interventi scritti dei singoli Consiglieri, che hanno offerto proposte, interrogativi, suggestioni partendo dal riflettere sulla fede trasmessa e ricevuta, a quella da vivere in letizia e consapevolezza («Un cammino che dura tutta la vita, diverso per ciascuno e per ciascuno imprevedibile nelle sue prove»), alla fede testimoniata con la propria vita («La fede non è una lampada che si tiene sotto il moggio», cfr Lc 11, 33).

Negli interventi viene messo in risalto che la fede si trasmette da persona a persona (spesso in famiglia) con i fatti e non solo con le parole, e si traduce in gioia. Che la fede non va mai data per scontata, ma va vissuta giorno dopo giorno e deve rilucere nelle opere («Con le mie opere ti mostrerò la mia fede», cfr Gc 2,17-18). Che fede e opere devono offrire testimonianza coerente («Veni e vedi», cfr Gv 1, 38 segg), e suscitare la conseguente domanda: ««Perché vivi così?».

Da queste premesse sono scaturite una serie di proposte; ecco quelle maggiormente condivise: le comunità propongano esperienze di vita comunitaria, specie per adolescenti e giovani; promuovano la lectio divina e cicli di “formazione permanente”; invitino a tradurre la fede in opere, anche piccole, nella ordinaria vita quotidiana (in famiglia, al lavoro, nel volontariato); aiutino a formulare concrete “regole di vita”; promuovano la visita alle famiglie e tra i lavoratori e la testimonianza con i non-cristiani.

Accanto alla ricchezza di suggestioni operative gli interventi hanno posto all’Arcivescovo anche alcuni interrogativi: qual è l’elemento da porre al centro dell’Anno della Fede? Come fare testimonianza pubblica della fede? Come renderla attraente? Su quali contenuti essenziali della fede insistere?

L’intervento dell’Arcivescovo

«Premesso che dagli interventi è emersa una una grande ricchezza di vita di fede che sa mobilitare un popolo, come abbiamo visto nei giorni del Papa a Milano, tra i tanti spunti raccolti mi limito a raccogliere quelli che hanno intercettato ciò che ho nel cuore…». Al termine del pomeriggio, l’Arcivescovo ha sintetizzato il lavoro svolto dai Consiglieri in tre ambiti: qual è l’elemento centrale della nostra fede? («Anzitutto come mi pongo io davanti al Signore morto, risorto, presente e vivente in mezzo a noi, e come questo deve animare il tessuto della vita personale, comunitaria, privata e pubblica… Ecco il motivo centrale: la fede sia realmente l’anima di tale tessuto, così da consentire un stabile e autentico “ben essere” come ci ha detto il Santo Padre in piazza del Duomo il giorno del suo arrivo a Milano. Ma come si può guadagnare questo “ben essere”? Dicendo al Signore: noi crediamo, ma tu aumenta la nostra fede». Di qui l’invito dell’Arcivescovo a invitare tutti, cristiani e non, «a conoscere e a far conoscere che Gesù è la pienezza della nostra vita».

Riprendendo molti spunti dei consiglieri circa il metodo da seguire, il Cardinale Scola l’ha mutuato dagli Atti degli Apostoli (2,42-47): «Il metodo è quello praticato dalla comunità dei primi cristiani. Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli (…noi lo siamo? Il magistero della Chiesa è oggetto di assidua meditazione nelle nostre comunità?), nella comunione (sappiamo mettere in comunione i beni spirituali e materiali?), nello spezzar del pane (dall’Eucaristia domenicale prende forma il nostro quotidiano?), nella preghiera. Se poi in ogni parrocchia, a ogni livello di età, ci si sostiene nella liturgia illuminata dalla parola di Dio, nell’educazione al gratuito e nel pensiero di Cristo che vive dentro tutti gli ambienti dell’umana esistenza, questo è il metodo attraverso il quale il Signore aumenta la nostra fede».

Ma come si fa ad accrescere questa appartenenza a Cristo e con quale linguaggio possiamo accrescerla e comunicarla? La risposta dell’Arcivescovo è la stessa suggerita da molti consiglieri: quella della testimonianza, sia personale, sia «guardando il volto dei santi, veri tramiti tra il fratello uomo e il Signore Gesù».

Dopo aver ringraziato i consiglieri per il prezioso contributo offerto, che assieme a quello del Presbiterale e a quello che maturerà nel Consiglio Episcopale formerà l’oggetto degli orientamenti pastorali che proporrà alla diocesi il prossimo 8 settembre in Duomo, l’Arcivescovo ha suggerito per l’Anno della Fede tre segni: il Fondo famiglia e lavoro, quale segno geniale e distintivo della nostra Chiesa; un grande pellegrinaggio a Roma per confermare la nostra fede sulla tomba di Pietro e ringraziare il Papa per le giornate milanesi e un gesto pubblico dei catecumeni adulti quale segno della vitalità delle nostre comunità.