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Milano

«Tra i più fragili,
custodi dell’amicizia civica»

Il cardinale Scola ha visitato l’Istituto Redaelli Golgi, dove ha celebrato una Santa Messa e incontrato i ricoverati e i loro familiari: «La città non dimentichi la solidarietà in questi tempi difficili»

di Francesca LOZITO

13 Marzo 2014

Una visita nel cuore di uno dei luoghi di assistenza ai più fragili della città di Milano. Un grazie sentito nei confronti di chi ogni giorno vive in questo luogo la sofferenza. Ed è testimone e custode dell’umanità in Cristo di Milano. Con un invito alla città a non dimenticare il proprio spirito di solidarietà anche nei momenti di crisi. È cominciata con una preghiera davanti alla statua di Giovanni Paolo II, ubicata fuori dall’ingresso dell’Istituto Redaelli Golgi, la visita compiuta questo pomeriggio dall’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, a questa storica istituzione della città. Una piccola sosta per ammirare alcuni codici miniati e documenti che testimoniano una storia di carità che va indietro nei secoli. E poi la celebrazione eucaristica. Assieme ai malati, ai familiari e al personale.

Nel saluto iniziale il cappellano don Emanuele Ronco ha riaffermato il “mandato” delle persone lì ricoverate: «Cammineremo – ha detto – alle periferie della nostra diocesi e con semplicità nel Vangelo della gioia».

L’Arcivescovo ha sottolineato come «questa nobile e storica istituzione sia un punto avanzato della civiltà della nostra città». E nell’omelia ha ribadito come «l’Eucaristia sia l’azione decisiva della vita cristiana e della vita di chi non crede, perché propone l’opera di Gesù che, pur non conoscendo i nostri peccati, li ha assunti su di sè. L’Eucaristia è opera unica, irripetibile, presente in mezzo a noi».

È proprio nella condizione di fragilità che si coglie la domanda di senso dell’essere umano: «Quando l’uomo è provato per età e malattia nel corpo – ha proseguito l’Arcivescovo – è come invogliato a riflettere in profondità sul senso del suo esistere. A riflettere da dove viene e dove è destinato. E Gesù, con la sua opera di salvezza, ci apre la strada che non viene meno, che dura per sempre, nella compagnia con il Padre e con i nostri cari, che ci hanno preceduto all’altra riva».

L’essenziale di luoghi come questo porta a riflettere sulle cose ultime dell’esistenza: «L’uomo è la donna che sono veramente tali di fronte al mistero della vita e della morte sono portati a guardare in alto verso colui che è l’origine di tutto». E non c’è inutilità, non sono vite di scarto quelle che si trovano al Redaelli Golgi. Scola l’ha ribadito con forza: «Noi vogliamo qui pregare insieme. E soprattutto, i nostri amici provati nel fisico e nel corpo intendono donare alla comunità milanese le proprie preghiere, perché la comunità ecclesiale viva una fede più convinta, che possa irradiare a tutta la città, così che possa venire per tutti una vita buona e una solida amicizia civica».

Che carattere deve avere questa vita buona? «Con l’offerta delle vostre fatiche e sofferenze – ha continuato il Cardinale – dovete contribuire alla crescita di una umanità giusta, con l’offerta e la preghiera, perché i cittadini milanesi siano all’altezza della descrizione dell’uomo contenuta nel Vangelo». Una offerta per il bene della vita di concordia: «Non è vero che la comunità cristiana ideale debba essere per forza una realtà in cui prevalgono contese, sgarbi e offese reciproche. Certamente siamo tutti molto fragili, ma con l’aiuto del Signore, se siamo assidui nell’offerta e nella preghiera, possiamo far emergere una statura profonda di uomo». E ancora:«Nel cuore di tutti voi, a causa delle sofferenze che portate, noi sappiamo che l’uomo, finché non è provato, non capisce bene queste cose, tende a vivere come se Dio non ci fosse. Mentre quando è nella prova capisce che senza la mano di Dio che sostiene il nostro mento, non possiamo camminare nella pace».

L’Arcivescovo ringrazia i malati e i familiari che li sostengono, «perché una società che non prende a cura i più fragili, che non sa custodire questi doni preziosi si chiude su di se e viene meno. Questi centri devono rinvigorire la vita della città. Non dovete pensare che l’essere bloccati sulla carrozzina renda inutile la vostra vita. La verità della vita dei cristiani, dell’amicizia tra cittadini, viene dalla natura umana di ogni persona. Tutti voi siete padri e madri di tutti i nostri cittadini. I giovani possono imparare da voi anche se non sembrano darlo a vedere». E durante la celebrazione il Cardinale ha voluto scambiare il segno della pace a tutti gli ammalati.

Rodolfo Masto, presidente del consiglio di amministrazione del Golgi Redaelli, nel suo saluto finale ha chiesto all’Arcivescovo di tornare a benedire la nuova struttura di Abbiategrasso di questo che è il più antico istituto geriatrico del Lombardo Veneto. La visita si è conclusa con un incontro tra l’Arcivescovo e i familiari e i ricoverati nelle strutture dedicate agli Stati vegetativi e ai malati in fase terminale, che contano rispettivamente sedici e dieci ospiti.

Benedetta una statua di papa Wojtyla

La visita al Redaelli è stata preceduta da una tappa al Centro riabilitativo “Giovanni Paolo II”, dove il Cardinale è stato ricevuto dai vertici dell’azienda e dalle autorità. Dopo i saluti istituzionali, l’Arcivescovo ha benedetto la scultura in bronzo dell’artista Harry Rosenthal raffigurante il beato Giovanni Paolo II ed è stato accompagnato all’Archivio storico per ammirare i codici miniati che ripercorrono la storia degli antichi luoghi pii elemosinieri da cui ebbe origine l’ente.