«Si è spenta una grande luce». Sono le parole commosse che monsignor Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, esprime sulla figura dell’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff, morto ieri sera a Roma. Avrebbe compiuto a fine aprile 100 anni.
«Ha rappresentano – prosegue il vescovo – una strada inedita nei rapporti tra il cattolicesimo e i fratelli ebrei. Insieme a Giovanni Paolo II ha aperto una nuova stagione nelle relazioni. Una stagione che definirei più biblica e più consona alla Parola di Dio. Quindi una stagione più fedele all’affidamento che Dio fa a questo tracciato di esperienza religiosa che vede in Israele la radice e nel cristianesimo l’albero, per usare l’immagine di San Paolo». «È stata una persona – ricorda ancora monsignor Bianchi – che ha sofferto duramente e ha vissuto sulla propria vita la tragedia del popolo ebraico, la Shoah, perché lui stesso è stato profugo, perseguitato, aggredito, offeso. È quindi una persona che è cresciuta e ha maturato i suoi atteggiamenti e le sue idee nel crogiuolo della sofferenza. In un certo senso ha assunto e vissuto personalmente il percorso del suo popolo».
Storico l’incontro di Toaff con Giovanni Paolo II alla Sinagoga della Capitale, nell’aprile del 1986. Il rapporto di Toaff con il Papa Santo si mantenne stretto fino alla morte del Pontefice tanto che il rabbino Toaff è una delle tre sole persone nominate nel testamento spirituale di Giovanni Paolo II, assieme al segretario don Stanis³aw Dziwisz e a Joseph Ratzinger, suo successore. «La sua immagine – ricorda il vescovo Bianchi – rimane indubbiamente legata a quel gesto che è insieme una pietra miliare ma anche un grande orizzonte profetico e cioè l’incontro con San Giovanni Paolo II nella Sinagoga. È un affidamento che rimane per la Chiesa cattolica, per tutti i cristiani ma soprattutto per la Chiesa in Italia: poter camminare sulla strada del reciproco riconoscimento e della reciproca accoglienza in cui Israele è riconosciuto, accolto e vissuto come la radice santa dalla quale noi siamo nati e dalla quale continuiamo ancora a nutrirci. Il popolo a cui Cristo è appartenuto e quindi un patrimonio grandissimo dal quale non possiamo prescindere e con il quale ci sentiamo più ricchi per il dono che possiamo portare al mondo e per il servizio che possiamo svolgere per il mondo. La preghiera – conclude Bianchi – è per il Rabbino Toaff, per le comunità ebraiche in Italia e, in particolare, per quelle di Roma: che la sua memoria, come la memoria di un giusto, rimane per noi una benedizione e soprattutto ci indica la strada da seguire».