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Testimonianza

Tania Kassis, l’arte al servizio
della pace e del dialogo

Tra i protagonisti della serata, la soprano libanese interpreterà un'«Ave Maria» affiancata da due muezzin sunniti: «Questa preghiera è un simbolo per tutti»

di Annamaria BRACCINI

18 Maggio 2015

Libanese di Beirut, ma anche cittadina francese, trentatré anni, cristiana, talento e fascino evidenti, Tania Kassis non ha bisogno di presentazioni, per la sua notorietà a livello internazionale, grazie a una voce magnifica. Non solo, perché – ascoltandola parlare nella conferenza stampa promossa presso la Fondazione Oasis in vista della sua partecipazione alla serata «Tutti siete invitati» – si capisce subito la ragione per cui molti la considerino un ambasciatrice di pace e di dialogo, anzitutto con la sua Fondazione One Lebanon, volta a sensibilizzare i giovani alla pace, anche attraverso l’impegno di celebrità e vip.

A presentarla è Maria Laura Conte, direttore editoriale di Oasis, che sottolinea il lavoro culturale dell’artista, «capace di intrecciare impegno artistico e dialogo in un Libano, dove si è costruita un’architettura interessante di confronto tra cristiani, sciiti e sunniti». Tania Kassis racconterà tutto questo nella serata in piazza Duomo che segna l’avvio ufficiale della presenza della Chiesa in Expo, cantando un’Ave Maria definita islamico-cristiana per l’armonizzazione delle sonorità e la presenza di due Muezzin che intoneranno l’invito islamico tradizionale alla preghiera. Don Davide Milani, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi, a tale proposito, nota: «Questa Ave Maria, basata su quella di Caccini, si inserisce nell’economia della serata fin da quando abbiamo iniziato a pensarla. È uno dei pilastri di uno spettacolo che non è uno show, ma intende parlare dell’esperienza umana del nutrirsi, alla vigilia della giornata in cui si incontreranno i 180 rappresentanti delle Caritas di tutto il mondo. Non a caso ci saranno anche l’Ave Maria in latino di Gounod (cantata dalla vincitrice di Amici Deborah Iurato) e quella in dialetto lombardo di Davide Van de Sfroos». Insomma, una scelta voluta, quasi a mettere, nel mese mariano, sotto lo sguardo della Vergine – come tramite al Signore – l’intera presenza ecclesiale in Expo.

«Quando andavo a scuola sentivo l’appello alla preghiera di una vicina moschea: io, greco-cattolica, ho vissuto tutta la mia infanzia in un quartiere cristiano e nel mio primo concerto, a 16 anni proprio in maggio, ho cantato per la Madonna», racconta Tania. E si snocciolano, allora, i ricordi e la realtà del presente: «Ho molti amici musulmani, ma non sapevo nemmeno che lo fossero quando andavo a scuola; la mia famiglia è molto aperta, religiosa e io credo nel rispetto delle altre persone e religioni. L’Ave Maria è la mia preghiera preferita».

Il pensiero è al Libano, che dal 2009 ha istituito l’Annunciazione (25 marzo) quale Festa nazionale condivisa: «La Madonna è venerata anche dai musulmani, e il nome di Maria ricorre 44 volte nel Corano. Gesù per l’Islam non è un profeta, ma l’Annunciazione è citata nel loro Libro sacro. E quando ho sentito di questa Giornata volevo fare qualcosa, cercando di non offendere la sensibilità di nessuno. Così ho scelto solo le parole “Ave Maria” e la frase “Dio è il grande”, che tutti possiamo condividere. La preghiera si sente ovunque, in Libano: nel traffico, tra i bimbi che giocano per strada, è un patrimonio che appartiene a ognuno».

Certo, un gesto coraggioso, che è un segno per l’oggi, in un momento di tensioni altissime in Medio Oriente. «Il Libano è un Paese speciale, anche se, attualmente non mancano problemi politici – continua l’artista – e la Giornata di Festa nazionale è molto importante perché ci racconta che il Libano è diverso dal resto della regione. È un “messaggio”, come già lo aveva chiamato Giovanni Paolo II, è un Paese benedetto perché capace di proteggere persone di confessioni diverse ed è il posto più sicuro per i cristiani. Viviamo insieme, c’è rispetto reciproco, per esempio, per il Natale e per il Ramandan. Vorrei che tutto questo fosse compreso dalle giovani generazioni, perché molte persone hanno un’idea sbagliata: occorre essere uniti e rispettarci per superare gli errori. Molto spesso non è questione di religioni, ma di tradizioni, per cui non si riesce a dialogare. La chiamata alla preghiera, «Dio è grande», la sentiamo, sui mass media, collegata al sangue, a fatti di guerra, mentre è molto importante sapere che tale chiamata non è un invito allo scontro. Essere sul palco con due ragazzi di Tripoli, sunniti, sarà molto significativo».

E, d’altra parte, le reazioni alla sua Ave Maria – eseguita anche all’Opera di Parigi – sono state in larga parte positive, a livello mondiale, tanto da essere considerata «quasi un inno nazionale, in Libano, perché preghiamo in maniera diversa, ma preghiamo lo stesso Dio. Sui social la canzone ha avuto molto successo, persino il Comandante sudcoreano della Forza di Pace internazionale Unifil, che è buddista, mi ha chiamato. Tuttavia – non si nasconde Kassis -, molti amici cristiani sono stati un poco scettici, avendo paura che ciò aprisse le porte a qualcosa che non si conosce. E questo specie nei villaggi rurali che si sentono minacciati dalla costruzione di moschee. Anche alcuni religiosi musulmani sono stati critici, per il fatto di mettere in musica un appello religioso, ma la preghiera si sente ovunque, tanto che i due Muezzin, nella mia composizione, non cantano in senso vero e proprio, ma definiscono quasi una eco dell’appello alla preghiera. L’Ave Maria è un simbolo, per portare pace».

E se qualcuno pensa che una melodia simile possa essere un esempio di sincretismo, aiuta l’idea del meticciato culturale e di civiltà, da sempre indicato nel lavoro di Oasis e dal cardinale Scola come realtà di fatto, dove le identità non si annientano, ma dialogano, appunto perché riconoscono le loro autentiche radici. «Come le due sonorità, classica e orientale, nell’arrangiamento dell’Ave Maria si fondono in armonia, così si può fare per le persone, senza eliminare la tradizione e la sostanza della differenza. Le diversità culturali creano menti aperte», è la conclusione convinta di Tania Kassis, che a Milano si fermerà più del previsto per partecipare domani anche al Caritas Day in un’Expo che l’ha già vista soddisfattissima visitatrice.

di Annamaria BRACCINI