«Giovanotto – obietta R. Riordan, scrittore statunitense – i nomi sono cose potenti. Non si può usarli in giro senza nessun motivo». Parsimonia e forza, quindi. Effetti ben conosciuti, per esempio, da quanti scelgono come destinare l’8×1000. Questi sanno che con una semplice sigla trasformano il proprio nome in risultato. «Una firma, migliaia di opere», infatti, è il titolo della Giornata di promozione nazionale che si celebra domenica 14 maggio.
La lista delle spese copre i temi più vari e le geografie più vaste. Lo confermano anche gli spot pubblicitari che passano in queste settimane sugli schermi tv: da Torino alla Terra Santa, da Ragusa a Foligno, dall’Albania a Milano.
Milano, appunto. Non è la prima volta che il capoluogo lombardo entra nel bouquet informativo della Giornata nazionale. Quest’anno è presente col “Rifugio notturno” della Stazione Centrale. Lo gestisce la Caritas. Accoglie circa 60 persone ogni notte. L’opera – sostenuta con fondi 8×1000 tra 54 e 67 mila € l’anno – fa parte di una rete di inclusione sociale. «Si arriva qui su segnalazione dei centri d’ascolto. Ma oltre l’emergenza freddo dell’inverno, chi è in difficoltà può restare dai 3 ai 6 mesi. Dove è possibile, aiutiamo ciascuno a riprogettare la vita», ha spiegato Alessandro Pezzoni per la Caritas.
Questo sito è solo un esempio tra i tanti reperibili localmente. La diocesi di Milano ha distribuito i fondi 2016, derivanti dal cespite in oggetto, così: 6.807.509,49 per interventi caritativi; 7.305.974,13 per culto e pastorale. Già i macro numeri evidenziano come la ripartizione sia equamente divisa tra i settori che hanno titolo per ricevere (cfr i dettagli su www.chiesadimilano.it/sostegnochiesa). La distinta fa emergere, inoltre, come diverse voci attribuite alla pastorale siano in realtà indirettamente di pertinenza caritativa.
Dal gettito nazionale sono tornati al territorio, poi, 20 milioni per l’integrazione dello stipendio dei preti ambrosiani, cioè il 45% del fabbisogno. La restante quota è stata attinta dalla gestione dell’Idsc, dalle parrocchie, dalle pensioni… La stessa fonte nazionale ha contribuito parzialmente per interventi specifici della voce “beni culturali”.
Negli ultimi anni sono state circa il 46% le firme del totale dei dichiaranti, il 37% delle quali riferite alla Chiesa cattolica. A questa, nella ripartizione generale, tocca l’80,9% del gettito complessivo. Un calo di sottoscrizioni. Le cause sono strutturali e motivazionali. Da diverso tempo, per esempio, non c’è più obbligo – per alcune categorie – di presentare la dichiarazione dei redditi. Hanno fatto la loro parte, inoltre, gli scandali che hanno coinvolto membri del clero. E c’è pure un risvolto inedito di un fenomeno più datato: la contestazione di influencers attraverso la NON firma dell’8×1000. Protestano così contro il cosiddetto “Nuovo corso” della Chiesa. Proprio come quanti opinavano, al contrario, per il cosiddetto “Vecchio corso”.
Nulla può essere dato per scontato. C’è bisogno di rimotivare lo strumento che, in verità, sembra ancora quello più improntato a giustizia. Ricordando, solo per accenno, che lo Stato ricava – dalla Chiesa e dagli enti ecclesiastici – undici volte quello che investe tramite l’8×1000. È la corresponsabilità, quindi, che va irrobustita e sollecitata. Al di là degli strumenti che appartengono alla caducità della storia.
Cosa fare oggi, in parrocchia? Alcuni esempi flash: far conoscere localmente quanto sostenuto coi fondi 8×1000. È trasparenza. Attrezzarsi per raccogliere la firma di chi non è tenuto a consegnare la dichiarazione dei redditi, magari in collaborazione con qualche sodalizio che congiuntamente raccoglie il 5×1000 per sé. È coinvolgimento. Organizzare eventi di conoscenza/formazione sul sistema del Sovvenire. È educazione civica.