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Riflessione

«Simone, ci hai permesso di fare la Pasqua»

«In vita e in morte, siamo del Signore (Rm 14,8)»: un ricordo dedicato a don Vassalli, letto da un confratello durante il secondo funerale celebrato a Masate

di don Alberto ANGARONI

10 Febbraio 2022
Don Simone Vassalli

Credo che in questi giorni ci è stato dato di fare la Pasqua. Alla fine la vita di un prete si caratterizza per essere memoria viva di Cristo. In questi giorni, piangendo Simone, insieme a tantissimi, abbiamo fatto la Pasqua. I Vangeli che alla sera ascoltavamo nel Rosario mi hanno fatto percorrere il Mistero pasquale. E un prete serve a questo: a ricordare Gesù, ad essere sua memoria viva. Simone, in questi giorni, anche in morte, tu sei stato memoria viva di Cristo. Ci hai permesso di fare la Pasqua.

Un prete è della Chiesa

Tanti hanno espresso l’affetto per Simone in vari modi. Gente diversissima, forse nessuno di noi conosceva tutti quelli che sono venuti. Questo mi ha fatto chiedere. Di chi è Simone? Certo è di tutti, ma nessuno può dire: è mio. Non è solo della sua famiglia, che lo ha accompagnato nella sua vita, non è del suo parroco, non è dei suoi amici, forse non è neanche della sua comunità e basta. Un prete è della Chiesa. Meglio, è di Cristo, e per questo è della Chiesa. Appartiene alla Chiesa. In questi giorni questo popolo sterminato, questa meraviglia di popolo, mi ha testimoniato questo. Un prete, memoria viva di Cristo, segno tangibile della Sua presenza, genera sempre la Chiesa, in vita e in morte. Perché un prete è della Chiesa. La Chiesa lo genera e la Chiesa come prete è chiamato a generare. Secondo i modi che Cristo vuole. Fino al travaglio del parto.

Il dolore e la memoria

La luce e le tenebre, per noi che camminiamo nella fede e non nella visione, sono sempre frammiste. Così nei dialoghi, negli abbracci, negli incontri di questi giorni, il dolore per la improvvisa separazione che non avremmo mai previsto si è mischiato ad altri sentimenti: il ricordo delle ore liete, delle cene, degli scherzi, delle confidenze, dei viaggi, dei giorni solenni e di quelli ordinari. L’impossibile da sentire come vero si è fuso con la percezione che ciò che di bellissimo è stato non viene tolto, ma trasfigurato.

La gratitudine

Così la gratitudine pervade il cuore: grazie perché ce lo hai dato, grazie perché abbiamo potuto gustare l’amicizia fraterna, il dialogo sincero, la bellezza del volto e la decisione nell’operare. Davvero l’amicizia è per sempre. Tu ci hai chiamato amici! Grazie perché si è reso Tuo strumento, si è messo nelle Tue mani sino alla fine, fino all’ultimo istante è stato Tuo. Lo avremmo tenuto tra noi ancora volentieri, e non sappiamo cosa fare adesso, senza un pezzo di noi. Ma sappiamo che è Tuo. A Te ha dato la vita liberamente. Era già tuo nella vita, lo è ancora di più nella morte. Cadendo nella terra, porti molto frutto!