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Milano

«Siamo tutti chiamati a costruire il volto, la lingua, la fede, il messaggio dell’unica Chiesa»

In Duomo, i fedeli di tutte le Cappellanie presenti in Diocesi, hanno preso parte alla Celebrazione nella Solennità di Pentecoste, in cui ricorre la Festa diocesana delle genti. Annunciata la costituzione della Consulta diocesana per i Migranti

di Annamaria Braccini

23 Maggio 2021

«La Festa delle genti che ci rende una cosa sola nel nome del Signore, in questo tempo, non è l’occasione per dire a tutti che sono benvenuti, ma piuttosto per ascoltare il messaggio che i discepoli abitati dallo Spirito Santo annunciano a tutti. Non è tanto la Chiesa ambrosiana, questa Chiesa antica, che accoglie, è l’unica Chiesa di Dio che si presenta con la ricchezza di tutta la tradizione ambrosiana e di ogni tradizione: tutti chiamati a costruire il volto, la lingua, la fede, il messaggio dell’unica Chiesa». Quella Chiesa delle e dalle genti che si ritrova in Duomo per vivere insieme la Celebrazione di Pentecoste, presieduta dall’Arcivescovo, in cui ricorre anche la Festa diocesana, appunto, delle genti. Ci sono i fedeli e i Cappellani di tutte le 25 realtà presenti sul territorio ambrosiano: un popolo giovane che arriva dal mondo intero, raccontato da tanti tratti somatici diversi, dalle vesti tradizionali, indossate con orgoglio, dai canti e dalle diverse lingue in cui viene animata la liturgia, ricchissima di suggestione.

Tutto ciò, insomma, a cui dà voce il responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, don Alberto Vitali, rendendo pubblico, in apertura della Messa, un annuncio importante.

Infatti, dopo il ringraziamento e il ricordo di don Giancarlo Quadri – iniziatore e anima per più di 20 anni della Pastorale stessa – e di monsignor Franco Carnevali (scomparsi nello stesso giorno del marzo 2020 per Covid), don Vitali spiega. «Le indicazioni del Sinodo minore Chiesa dalle Genti stanno concretizzandosi in una serie di scelte e indicazioni pastorali per cui oggi possiamo annunciare la costituzione della Consulta diocesana per i Migranti, caratterizzata da un forte legame con le 7 Zone pastorali della Diocesi. Suo compito sarà, anzitutto, di aiutarci a scorgere la presenza di fratelli e sorelle che hanno ricevuto il dono della fede in altri contesti culturali, e di comprendere il loro modo di percepire il rapporto con Dio e le conseguenti esigenze per viverlo. Vorrà essere, inoltre, un supporto concreto a tutte quelle realtà ecclesiali – parrocchie, comunità pastorali, decanati – che si stanno interrogando su come realizzare una vera Pastorale d’insieme anche a livello interculturale. Non ultimo, vi sarà l’apporto della Consulta alle Assemblee sinodali di Decanato che stanno muovendo i primi passi. La Celebrazione di quest’anno assume, quindi, un valore particolare, in un momento in cui speriamo, con sano realismo, in una ripresa. Non vogliamo tornare a essere come eravamo prima, vogliamo imparare la sapienza dalle esperienze della vita, come lei, caro vescovo Mario, ci sprona a fare».

Parole cui fa eco l’Arcivescovo che si rivolge direttamente a chi ha di fronte: «Siate benvenuti a casa vostra, la casa di tutti i cristiani cattolici di Milano che vi accoglie fiera».

L’omelia

Espressioni che tornano nell’omelia, vòlta a sottolineare il senso di uno stupore, come è quello dei bimbi, capace di mostrare un volto diverso della città in cui, oggi, paiono abitare solo mercanti attenti ai loro affari ed esperti con i loro numeri e statistiche continue. Coloro che «misurano la felicità senza esserne felici; la tristezza, senza rallegrarsi; che contano i nati e i morti; che creano algoritmi per organizzare i dati e chiedere alle loro macchine che succederà domani. Inventano parole. Pubblicano numeri. Prevedono sviluppi e disastri. Incontrano anche i mercanti e sono contenti se i mercanti comprano le loro domande e i loro algoritmi».

Eppure, tra mercanti ed esperti c’è anche un bambino che si stupisce di un fiore che nasce in città e che può diventare dono per una madre, magari, distratta. Un gesto semplice, preso ad esempio, ma che dice tanto anche sul significato dello stupore che colse i discepoli nella Pentecoste.

Da qui 3 suggerimenti. «Il primo motivo di stupore è la rivelazione che l’annuncio del Vangelo di Gesù è per tutte le genti, si rivolge a tutti i popoli». Inoltre, «lo Spirito è presente nella nostra comunità e ci incarica di essere motivo di stupore per la città dei mercanti, motivo di novità nella città degli esperti. Tutti voi siete chiamati a essere voce della Chiesa che arriva là dove il Vangelo è necessario, negli ambienti dei lavori nobili e dei lavori umili, dappertutto si deve annunciare che Gesù è risorto. Il terzo motivo di stupore è che la pluralità delle tradizioni, delle lingue, delle competenze, delle devozioni, tutto può diventare manifestazione particolare dello Spirito. Il criterio è che contribuisca al bene comune. Se le differenze tra persone che vengono da Paesi diversi, che coltivano devozioni diverse, che sono abituati a diverse organizzazioni, diventa motivo di divisione, di contrapposizione, di gelosia, di invidia, di rivalità, allora non si tratta di manifestazioni dello Spirito ma di logiche mondane. Se invece la pluralità converge in unità, allora ne viene uno spettacolo che riempie di meraviglia. Come un bambino, anche il Vescovo è pieno di stupore per la comunione che lo Spirito sa costruire nella moltitudine». Un Vescovo che percorre la città, non essendo impressionato da mercanti ed esperti, «ma che, se riconosce un fiore che sbocca tra l’asfalto e la pietra è stupito e pieno di meraviglia; se vede comunità unite e liete, è pieno di meraviglia».

In questo modo, forse, «anche gli abitanti della città se vedono il miracolo della comunione, là dove la solitudine è l’abitudine e la condanna, se vedono il miracolo della gioia, là dove la tristezza accompagna ogni cosa, se vedono la franchezza della testimonianza là dove la timidezza e il ripiegamento su di sé paralizza la gente per bene, allora forse gli abitanti della città possono essere pieni di stupore. E può essere che lo stupore sia la strada che li conduce fino alla fede».

Infine, dopo tanti momenti ancora di condivisione, come la preghiera dei fedeli affidata alle voci di singole comunità e il Padre Nostro recitato, da ciascuno, nella propria lingua, arriva ancora il grazie dell’Arcivescovo e l’invito a pregare, come raccomanda il Papa, per la pace in Terra Santa. «Preghiamo la nostra Madonnina, rivolgendo una preghiera a Maria, la donna di Nazaret, per la terra dove tutti siamo nati. Portate la mia benedizione a tutti»». E, così, l’Ave Maria recitata coralmente e il canto mariano tradizionale di Lourdes, concludono, dopo un appaluso sentitissimo, la Celebrazione.

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