Sul pellegrinaggio della Diocesi di Milano a Roma, guidato dal cardinale Angelo Scola, ascoltiamo lo stesso porporato al microfono di Luca Collodi, della Radio Vaticana.
«Era un pellegrinaggio che avevamo già previsto da tempo, prima delle dimissioni di Papa Benedetto, con tre obiettivi: la ricerca nell’Anno della Fede della conferma della nostra fede sulla tomba di Pietro e di Paolo; il ringraziamento a Benedetto XVI per la sua venuta a Milano, in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie; e poi gli eventi ci hanno portato ad esprimere la nostra affezione, la nostra vicinanza, il nostro augurio a Papa Francesco, che incomincia il suo cammino. È stato un gesto molto bello. Eravamo circa 10 mila pellegrini, di cui 6 mila ragazzi e ragazze di 14 anni, come si è visto in piazza. I ragazzi erano entusiasti. Le parole che il Santo Padre ha dedicato loro sono state molto penetranti, molto semplici e credo che adesso i numerosi sacerdoti presenti, i loro educatori, li aiuteranno a riprenderle, a valorizzarle e a renderle accompagnamento stabile del loro cammino di fede».
Questo Pontificato si apre in un momento storico per la vita del mondo, che presenta sfide molto importanti per la cultura e la proposta cristiana…
«Certamente. Noi abbiamo avuto da parte della Provvidenza un grande segno con la nomina di Papa Francesco, un uomo che sa parlare direttamente al cuore della gente attraverso gesti, attraverso segni oltre che attraverso le parole e la grande attenzione, che è nata fin dalla sua apparizione. Sembra a me un segno di grande speranza per la Provvidenza. Credo che Papa Francesco abbia un’esperienza tale delle periferie, come lui le chiama, delle situazioni di prova, di contraddizione, di fatica e di dolore, che l’umanità sta attraversando oggi, per poter essere una guida luminosa nei confronti di tutte le Chiese di tutti i continenti e per poter aiutare i cristiani in quel compito di testimonianza, che non può non giungere, ovviamente fatte le debite distinzioni, fino anche agli ambiti della vita quotidiana della gente. Penso che certamente la sensibilità sociale di questo Papa si chinerà su queste problematiche e la sua radice italiana lo aiuterà anche a capire la complessità della situazione europea, che è caratterizzata dalla crescita di queste democrazie, chiamiamole “liberali”, con problematiche che derivano dalla natura plurale di questa società, che ci costringono a ripensare a tutto il tema della società civile, del suo nesso con lo Stato, alle modalità di partecipazione, e nello stesso tempo a ripensare il tema della laicità. Credo che realmente il gesto di grande umiltà di Benedetto XVI abbia spalancato alla Chiesa, in piena continuità con i Pontificati del dopoguerra, una nuova pista di cammino. Adesso tocca a tutti noi cristiani percorrerla».
Lei è pastore di una grande Diocesi come Milano, capitale economica italiana. Sul fronte della gestione del bene comune oggi in Italia abbiamo grandi questioni da affrontare. C’è forse una mancanza di responsabilità diretta in chi gestisce la cosa pubblica…
«Io credo che ci sia uno sforzo che debba essere fatto da tutti i cittadini, di crescita non solo nella partecipazione del voto, ma – oserei dire – nella partecipazione quotidiana. Poi, chi ha delle responsabilità a tutti i livelli, e cominciamo pure dal livello ecclesiale – evidentemente con le debite distinzioni – e poi dal livello politico, sociale, dell’impresa economica, della finanza, dell’economia e così via, deve trovare la strada di un confronto, di un paragone a tutto campo – tutti nei confronti di tutti – in modo da offrire adesso, nell’immediato, uno sbocco sufficientemente sicuro al Paese e, in prospettiva, un ripensamento delle forme dell’esercizio del potere in questo Paese».