Sotto un cielo di Lombardia, “così bello quando è bello”, la comunità di Cassago Brianza in festa, radunata sul piccolo sagrato e nella bella parrocchia dei Santi Giacomo e Brigida, accoglie il cardinale Scola. “Un avvenimento di grazia”, come lo definisce l’amministratore parrocchiale don Adriano Valagussa: l’Arcivescovo, infatti, presiede la l’Eucaristia in cui inaugura l’ambone e il fonte battesimale e dedica l’altare, concelebrano diversi sacerdoti tra cui il decano del Decanato Missaglia, don Sergio Zambenetti.
«La sua presenza ci fa consapevoli che all’origine di tutto c’e l’iniziativa amorosa e gratuita di Dio», dice ancora nel suo indirizzo di saluto don Valagussa, poco prima che il Cardinale – come prevede la liturgia per la dedicazione, appunto, dell’altare – si porti al Battistero per benedire l’acqua con cui asperge il popolo di Dio riunito, sono presenti anche il sindaco Gian Mario Fragomeli, autorità civili e militari. Moltissimi i fedeli che gremiscono la Chiesa ai quali il Cardinale si rivolge, in apertura dell’omelia, direttamente. «Oggi avete lasciato le vostre case, in questa splendida domenica d’inverno, volendo, così, rispettare un elemento fondamentale nella vita umana: la precedenza e l’imponenza di Dio. Dio che viene prima ed è più grande di noi e dei nostri, pur importantissimi, rapporti nell’amicizia, nella parentela, nella comunità cristiana e in quella civile di questo bel paese».
Da secoli – nota l’Arcivescovo –, uomini e donne si lasciano convocare per celebrare l’opera della partecipazione diretta alla grande azione salvifica concentrata nell’Eucaristia. Convocati da Cristo, “unico e solo vostro sacerdote”, ponte che ci rende graditi a Dio, ma che è anche vittima che offre se stessa, per ristabilire il rapporto con il Padre, così che la croce conficcata nel Golgota diventi altare. «Dunque, quello di oggi è un gesto di straordinaria importanza perché le generazioni future qui verranno battezzate, ascolteranno la Parola di Dio dall’ambone che abbiamo appena inaugurato e parteciperanno all’Eucaristia intorno a questo stesso altare».
Il pensiero dell’Arcivescovo è anche per la «coincidenza voluta dalla Provvidenza», che il giorno della celebrazione tra la gente di Cassago sia anche la festa dedicata alla Santa Famiglia, con la splendido brano evangelico di Luca «che mostra tutta l’umanità di Maria, Giuseppe e Gesù». Pagina da cui è evidente come «il cristianesimo sia una nuova parentela che dilata il dono del bell’amore. Quello che libera l’altro, che lo lascia essere e crescere nella sua pienezza, l’amore oggettivo ed effettivo che ha sempre bisogno di possedere l’altro dentro una distanza in cui si innesta l’amore di Dio».
E se Dio vuole agire in noi «attraverso i rapporti costitutivi», occorre fargli posto nel nostro cuore. «L’amore vero, che è sempre fedele, fecondo e gratuito ha bisogno dell’amore di Dio e, dunque, la fondamentale realtà della famiglia ha necessità di dilatarsi tendendo all’amore del Signore», aggiunge Scola.
Cita, allora, il Cardinale i “Soliloqui” di Agostino, qui copatrono perché, con tutta probabilità, la famosa Cassiciacum in cui il Santo soggiornò era l’odierna Cassago.
“O Dio dal quale allontanarsi è cadere, o Dio verso cui voltarsi è risorgere, o Dio nel quale rimanere è avere sicurezza, dal quale uscire è morire, al quale avviarsi è tornare a vivere, nel quale abitare e vivere”. Da qui una precisa responsabilità: «impegniamoci a portare il grande gesto eucaristico fuori dalle porte della Chiesa e a viverlo tra noi secondo la parentela cristiana, comunicandolo ai fratelli che hanno perduto la “strada di casa”. Lasciamolo trasparire con gratitudine e gioia come il dono più bello da portare negli ambienti dell’umana esistenza, incontrando uomini e donne che, anche senza saperlo, anelano a Dio».
E dopo la liturgia di dedicazione, con le litanie dei Santi, la solenne preghiera, l’unzione, l’incensazione e la copertura dell’altare, la chiesa si riempie di luce, simbolo della luce di Cristo portata al mondo attraverso la Chiesa.
Alla fine, prima di uno stringersi intorno al Pastore che arriva fino all’esterno della parrocchia, ai piedi della grande gradinata, un’ultima raccomandazione: «Continuate con energia la strada intrapresa. La straordinaria celebrazione di oggi ci aiuti a vivere sempre meglio il campo della fede, con un’attenzione specifica alla famiglia, ai fidanzati, agli incerti e frammentati cammini affettivi dei nostri ragazzi e ragazze, alla comunità educativa con un ’apertura a 360 gradi ai bisogni. Oggi circola una grave errore, che non si debba imparare ad amare, invece bisogna farlo fin dalla prima infanzia. Se qualcuno tra i più giovani, tra gli adolescenti, sente nel cuore la vocazione totale a darsi all’amore di Dio nel sacerdozio, ne parli, non abbia timore. Sappiate che la nostra diocesi si sta preparando a fondare una comunità per ragazzi delle superiori che abbiamo l’idea, appunto, di farsi sacerdoti».