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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Milano

Scola: «La Pasqua sia occasione di libertà
e di conversione dei cuori»

Questa mattina nella Cattedrale gremita di migliaia di fedeli, il Pontificale solenne del giorno di Pasqua, presieduto dall’Arcivescovo che, poi, si è recato presso l’“Opera Cardinal Ferrari”

di Annamaria BRACCINI

8 Aprile 2012

“La festa che dà origine a tutte le feste”, come recita, nella nostra liturgia, il Prefazio del giorno di Pasqua. Sì, perché la risurrezione del Signore è il giorno della liberazione, il giorno in cui la sua “morte beata” ci dona per sempre la grazia della libertà.
Giorno, dunque – come dice il Salmo 117 –, in cui rallegrarsi ed esultare.
In Duomo i fedeli vivono il Pontificale solenne di Pasqua, presieduto dal cardinale Scola, e la Cattedrale, che pare ancora più bella in una mattina di sole insperato e di colori che attraversano quelli delle vetrate, è l’immagine viva di questa festa di gioia intorno a Gesù risorto e al sepolcro vuoto. Lui che, con la sua Sua morte e risurrezione “ha sciolto per sempre i lacci”, come canta ancora lo splendido Prefazio pasquale. E l’Arcivescovo proprio da qui avvia la sua omelia, sottolineando la «reale presenza, dopo la morte, di Gesù risorto», le cui apparizioni sono «la porta di accesso alla sconvolgente novità della Pasqua». Una realtà concreta, questa, oltre duemila anni fa come per noi oggi, sofisticati uomini del Terzo millennio, troppo spesso tentati da facili risposte, dal pessimismo o dalla fiacchezza della fede, come l’Arcivescovo aveva già sottolineato nella Veglia Pasquale, mentre davvero «la novità della presenza del Risorto, la comprensione del disegno salvifico del Padre e il dono dello Spirito, descrivono l’esperienza del nuovo rapporto con Gesù».
Un’esperienza, scandisce il Cardinale, di cui rivendicare la ragionevolezza e le solide basi di verità, anche se la si analizza con il metro di giudizio della modernità e alla luce delle «strabilianti scoperte della scienza». Che, in nulla – nota ancora dal pulpito maggiore della Cattedrale –, impediscono di accettare di tutti i risultati appunto delle scienze naturali «integrandoli con l’esistenza di un Dio creatore e Redentore».
Semmai la questione aperta è quella di un cambiamento del cuore in virtù della comprensione profonda, non semplice e scontata anche per i credenti, del passaggio dalla morte di croce a questa stessa come simbolo di salvezza e di gloria con la risurrezione. Evento che apre alla libertà qui e ora. «La libertà, infatti, è lo splendore della Pasqua che brilla sul volto degli uomini. Ormai niente più, neanche il rumore sordo della morte che accompagna quotidianamente la nostra esistenza, può farci schiavi», aggiunge. Una libertà di cui siamo assetati e che nel suo senso pieno prende dimora nella Chiesa, perché come scriveva Hans Urs von Balthasar, “Dio è una casa piena di porte aperte, attraverso le quali noi siamo invitati ad entrare”.
Una “casa” che abbiamo, a nostra volta, la responsabilità, come cristiani, di abitare facendone vedere la bellezza anche agli altri attraverso una vita che sappia farsi missionaria e testimone. Anzitutto vedendo negli occhi di ogni persona che è nel dolore il volto del Risorto. Così come ha fatto dopo poco la conclusione del Pontificale, il Cardinale che dal Duomo si è recato presso l’“Opera Cardinale Ferrari”, intitolata al suo beato predecessore sulla Cattedra di Ambrogio e Carlo, Andrea Carlo Ferrari che volle questa “Casa del popolo” per la città.
Fondata nel gennaio 1921, oggi l’Opera è una Onlus che assiste ogni giorno centinaia di bisognosi e di senza dimora – Ferrari li chiamava “i carissimi” – soprattutto con il servizio della mensa quotidiana, gestita da decine di volontari. E proprio i moltissimi ospiti presenti hanno accolto con particolare calore e affetto il Cardinale nella cappella della struttura, dove i clochard della “Bar Boon Band”si stavano preparando per il loro “concertino” festivo.
Poi, dopo aver visitato i recenti lavori di ampliamento della Casa, l’Arcivescovo è sceso nella grande sala da pranzo dove oltre duecento “carissimi” erano radunati per il pranzo.