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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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1 gennaio

Scola: «La pace sia costruita da ognuno di noi personalmente anche con il sacrificio»

Presiedendo in Duomo il Pontificale del primo giorno dell’anno, il Cardinale ha richiamato la necessità di edificare una pace credibile. Accanto a lui, sull’altare maggiore del Duomo, i rappresentanti delle Chiese e Confessioni cristiane, che hanno poi, incontrato per il tradizionale augurio l’Arcivescovo

di Annamaria BRACCINI

1 Gennaio 2016

La pace che è dono straordinario di Dio, ma che chiede il nostro impegno personale e comunitario, come cristiani e come cittadini per sconfiggere le tante, troppe guerre di questo mondo e le ingiustizie.

A scandirlo, in un Duomo gremito, per il Pontificale del primo giorno dell’anno, Solennità dell’Ottava del Natale, è il cardinale Scola che presiede la Celebrazione concelebrata da molti sacerdoti e a cui partecipano, come tradizione, in Altare maggiore, i Rappresentanti del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano. Primo gennaio, quarantanovesima Giornata Mondiale della Pace e, allora, la riflessione dell’Arcivescovo si fa appello e auspicio per vivere questo 2016 come testimoni, edificatori di pace e con quella misericordia che è il cuore di Dio, cuore «che batte forte dovunque, nei molti luoghi in cui la dignità umana sia in gioco».

Invocazione ad «avere questo cuore», nella speranza certa che il Signore, come è scritto nel Libro dei Numeri appena proclamato, volga a noi lo sguardo, concedendo la «solida via della pace».

Una pace – avverte, tuttavia, il Cardinale – «che non è possibile senza sacrificio», come ci insegna, appunto, «il Dio fattosi bambino per morire, risorgere in nostro favore ed educarci a donare noi stessi, perché finalmente la pace, per quanto possibile, vinca».

Il richiamo è al bellissimo Inno di San Bernardo per l’Epifania, con quella espressione – “sacco pieno di misericordia” – usato per definire la pace.

«Il “sacco della misericordia” che ci libera dalla “globalizzazione dell’indifferenza”, come ci ricorda papa Francesco, si è veramente rotto nella passione, morte e resurrezione di Cristo; ma la misericordia con cui il Padre continua a circondare da ogni parte il nostro male personale e quello del mondo non ha ancora fatto breccia fino in fondo nel cuore degli uomini: in me, in te, in noi tutti, nell’umana famiglia».

E se «sul piano personale si deve evitare l’equivoco di pensarci fautori della pace senza essere donne ed uomini di pace», ciò che veramente occorre è la conversione di ciascuno, il mutamento degli stili di vita perché, rinnovati dall’avere i “sentimenti di Cristo”, questi stessi diventino realmente pacifici, così come chiede il Giubileo.

Insomma, vivere la vita buona che «può essere tale solo se è simultaneamente personale e sociale».

«Testimoniare pubblicamente, come cristiani, l’urgenza della pace è già una caparra di questo grande, imprescindibile bene per la vita sociale. Il nostro impegno per la pace in tutte le sue espressioni – dal bisogno di giustizia nelle relazioni che devono essere pacifiche e fare spazio all’altro nel comune tentativo di comprendere ciò che avviene nella storia; dalle relazioni con Dio, con gli altri, con il creato, con noi stessi, al gemito che si alza dai troppi esclusi dalla cultura dello scarto, fino al grido straziante delle vittime delle guerre e del terrorismo e al martirio dei fratelli cristiani, degli uomini e le donne delle religioni, di chi persegue la giustizia –, incomincia fissando lo sguardo su Colui che è la nostra pace, con una convinzione che spesso dimentichiamo. Con Cristo il dinamismo della pace è già in atto nella storia», sottolinea Scola.

Infatti, laddove, molti processi e situazioni sembrano smentire questo dato, «la potenza della fede cristiana e la storia dei popoli ci documentano che la pace è già qui e non si può slegare dal Signore». È grazie alla venuta del Dio bambino che, non solo nella nostra esistenza, ma in tutti i percorsi delle umane vicende, siamo certi della salvezza universale.

E arriva, così, l’appello, nella speranza affidabile che viene dal Dio bambino e che «rende ancor più decisivo l’impegno personale, quello delle nazioni, che tanto dipende dal popolo, e quello dei potenti di questo mondo perché la pace vinca ogni guerra, ogni conflitto, ogni terrorismo, e ogni personale contraddizione. All’inizio d’anno chiediamo questo dono, da buoni milanesi ed ospiti, alla Madonnina che non cessa di proteggerci con tenera cura».

Infine, a conclusione del Rito, la benedizione ai fedeli del Cardinale, dei Concelebranti e dei Rappresentanti delle diverse Confessioni che si ritrovano, poi, nella Cappella Arcivescovile, per il tradizionale scambio di auguri.

«Vivo questo nostro incontro come una prosecuzione di quell’abbraccio di pace che abbiamo condiviso poco fa nella Cattedrale», spiega Scola, che aggiunge: «il nostro appuntamento si colloca a pochi giorni dall’avvio della tradizionale Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani: un’occasione in più per testimoniare quella tensione verso l’unità e quel dolore causato dalle divisioni e dalle ferite che segna la fede di ogni battezzato».

Il pensiero va a Expo – «davvero in quel contesto, con libertà anche con attenzione, abbiamo saputo annunciare la nostra fede, mostrando in modo credibile come il cristianesimo sia un modo adulto e responsabile di abitare il mondo e di vivere da uomini liberi e maturi il proprio destino» – e al ringraziamento per il Consiglio delle Chiese, giunto ora a diciotto Confessioni membri, dopo l’ingresso degli Avventisti e la prossima adesione della Chiesa Ortodossa Georgiana. «Vedendo lo sviluppo della presenza numerica delle Chiese Ortodosse e delle Chiese antico cristiane a Milano, in questi ultimi decenni, non posso che rinnovare il mio grazie per questo strumento che ci consente di sederci allo stesso tavolo, ma soprattutto ci spinge a rendere sempre più unitaria la nostra professione di fede. Ho visto a Milano, una grande disponibilità e apertura di fronte alle Confessioni cristiane e la sempre maggiore sensibilità per l’Ecumenismo, che è ormai un fenomeno di popolo. Per questo dobbiamo sentire la responsabilità di condurlo con forza e decisione, mettendo prima di tutto l’elemento propositivo».

Da qui una richiesta: «lavorare perché la celebrazione del V centenario della Riforma di Lutero – sarà nell’ottobre 2017 – sia uno stimolo per tutti i cristiani a interrogarsi sul nostro modo di professare l’unica fede in Gesù Cristo. A una Milano che cerca un’anima, a un’Europa che si dibatte in una crisi che sembra insuperabile, noi abbiamo la possibilità di testimoniare, senza nessuna pretesa egemonica, come si può nutrire la speranza e costruire futuro proprio attraverso la rilettura comune delle origini evangeliche di un fenomeno che ci ha segnato in modo doloroso, rendendo ancora più urgente il nostro bisogno di riforma, per vivere una fede ancora più autentica e missionaria. Lo strumento dei “Dialoghi di vita buona”, appena avviato, potrà immaginare una sezione che, animata dal dialogo ecumenico, possa mostrare come il dialogo in vista dell’unificazione tra i cristiani possa aiutare l’Europa stessa a vivere con maggiore responsabilità quel cambio radicale di epoca nel quale ci troviamo oggi immersi. In una società plurale e secolarizzata come la nostra, essere presenti come sentinelle capaci di mostrare la gioia e la forza di una vita che ha messo al centro la fede in Gesù Cristo è il dono che assieme possiamo chiedere allo Spirito, mettendoci in cammino verso questo anniversario».

E, prima del saluto, il riferimento si fa esplicito «a tutti i nostri fratelli e sorelle cristiani che, in non poche regioni, subiscono il martirio. Papa Francesco è giunto fino a parlare di “ecumenismo del sangue”. Disponiamoci almeno al martirio della pazienza. È il mio auspicio per il Consiglio delle Chiese, in questo anno che si apre: essere occasione e stimolo perché le Chiese a Milano sappiano vivere una testimonianza di fede sempre più calorosa e credibile».

Parole che vanno nel senso condiviso anche attraverso il saluto porto dalla vicepresidente del CCCM, la pastora della Chiesa metodista Dorothee Mack. «Nonostante le permanenti differenze in campo teologico e le ferite della storia, la nostra esperienza ci conferma la bontà del camminare insieme con fedeltà e serietà, Crediamo nel metodo del “trialogo” – sono, infatti, tre le aree del Consiglio: Cattolica, Ortodossa, Riformata – dell’ascolto, della fraternità e della Misericordia. Sta a noi lavorare per il futuro di una Milano che potrà essere inclusiva e includente o escludente ed esclusiva».