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Milano

Scola: «Istituto Palazzolo,
un parafulmine della società»

L’Arcivescovo ha celebrato la messa prenatalizia nella struttura per anziani gestita dalla Fondazione Don Gnocchi. «Visitando questi luoghi si impara a vivere»

di Filippo MAGNI

23 Dicembre 2012

Un "mondo in piccolo", per usare le parole del cardinale Angelo Scola, si è riunito all’Istituto Palazzolo per partecipare alla messa celebrata dall’arcivescovo di Milano l’antivigilia di Natale. Nella chiesa del Centro il cardinale ha sottolineato «la multiforme ricchezza del Palazzolo, fatta di ospiti bisognosi, di familiari che continuano a prendersi cura degli anziani, di medici, operatori sanitari e volontari, responsabili di gestione». «In un certo senso – ha aggiunto riferendosi anche alle 30 etnie presenti a vario titolo nella struttura – è il mondo in piccolo che sta vivendo la bella tradizione della messa prenatalizia con l’arcivescovo». L’Istituto, voluto dal card. Schuster negli anni ’30, è stato fin dall’inizio affidato alle Piccole suore della carità del beato don Luigi Palazzolo e nel 1998 acquisito dalla Fondazione don Carlo Gnocchi. Conta 650 posti letto, di cui 30 in Nucleo specialistico per persone affette da malattia di Alzheimer e 51 in Nucleo specialistico per persone in Stato Vegetativo e Malattie Neuromuscolari. «Cerchiamo sempre di rinnovarci – ha spiegato al cardinale il direttore del centro, Maurizio Ripamonti – per affrontare i nuovi bisogni anche con progetti sperimentali quale ad esempio il reparto di oncologia geriatrica, unico nel suo genere in Italia». In apertura dell’omelia l’arcivescovo di Milano ha sottolineato l’eccellenza clinica della struttura ricordando però che la sua maggiore specificità si trova «nell’intrecciarsi dei doni speciali di due beati, don Palazzolo e don Gnocchi, a cui si aggiunge suor Teresa. Il riferimento a queste tre figure fa capire che il senso di questo luogo non si limita all’arte scientifica praticata al meglio possibile in relazione alle scoperte mediche». Non basterebbe. Il senso vero, ha proseguito il cardinale, «lo troviamo nel motivo per cui Palazzolo, suor Teresa e don Gnocchi hanno voluto suscitare simili opere. E cioè la persona amata e amabile di Gesù Cristo, salvatore, Figlio di Dio fatto uomo per il nostro bene». Ecco la radice di questa struttura «tanto importante per la società e le istituzioni milanesi. Ecco perché il card. Martini ha inaugurato la tradizione dell’Eucaristia la domenica dell’Annunciazione, il card. Tettamanzi l’ha mantenuta e io la proseguo». L’eco natalizia è proseguita nel commento al brano di Vangelo, quando l’arcivescovo ha ricordato che «Dio ha deciso di aver bisogno dell’uomo, domandando a una donna, Maria, di cooperare al disegno d’amore e di salvezza». E impariamo ogni giorno «che Dio ci ama e quotidianamente chiede anche a noi il nostro sì, da quando siamo bimbi fino alla vecchiaia, da quando veniamo al mondo a quando, in modo naturale, ci mettiamo nelle mani di Dio», ha aggiunto Scola per poi raccomandare, rivolto alle decine di pazienti seduti nell’assemblea e alle centinaia che seguivano la Celebrazione dalla propria stanza attraverso l’interfono, un «atteggiamento di offerta delle proprie sofferenze e degli acciacchi dell’età a Dio, che nell’offerta aspetta il nostro sì libero e convinto». L’augurio natalizio del cardinale, infine, che «siate sempre lieti nel Signore, non angustiatevi per nulla. Non per la vecchiaia, non per la malattia, neanche per le ferite affettive che abbiamo nel cuore, perché ognuno di noi è custodito e conservato dal Signore che viene. Questa è la consolazione che ci porta il Santo Natale».
Al termine della celebrazione e della visita a diversi padiglioni del Centro, il cardinale Angelo Scola si è rivolto ai dirigenti della Fondazione Don Gnocchi (tra tutti il presidente mons. Angelo Bazzari) e ai rappresentanti delle istituzioni pubbliche presenti.
«La cura di fronte all’anzianità, alla nascita, alla fine della vita, è un banco di prova inesorabile di ciò in cui l’uomo ripone la sua speranza», ha detto loro. Anche per questo, nel ringraziare quanti si impegnano nel Palazzolo, ha augurato che la Don Gnocchi prosegua a «chinarsi come Cristo sul compito della cura».
«Di opere come il Palazzolo e di tutta l’attività della Don Gnocchi – ha affermato Scola – hanno grandissimo bisogno la Chiesa e Milano. Questo luogo è come un parafulmine per la nostra civiltà e mi auguro che chi guida la nostra società saprà garantire, al di là delle intenzioni e delle parole, tutti i luoghi dove si esercita l’amore».
Appena prima di lasciare l’Istituto, l’arcivescovo ha rivelato di essere stato colpito «dal fervore con cui i malati in carrozzina hanno ricevuto l’Eucaristia. Per me è stata una grande lezione: mentre la distribuivo ho pensato che io non sono capace dello stesso sentimento. Da visite a luoghi come il Palazzolo si esce cambiati, si impara a vivere».