Sirio 26-29 marzo 2024
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Sabato santo

Scola: «In questa Notte santa
si svela il senso di millenni»

Il cardinale Scola ha presieduto, in Cattedrale, la solenne Veglia Pasquale nella Notte santa. Presenti migliaia di fedeli e i quattordici Catecumeni che hanno ricevuto, per le sue mani, i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, l’Arcivescovo ha detto, «Il dono di questi nuovi cristiani è sorgente di rinnovato desiderio di sequela del Risorto»

di Annamaria BRACCINI

26 Marzo 2016

Il Signore «che è fedele alle sue promesse e noi che non riusciamo a mantenerci fedeli a Lui», Dio «che si gioca nella storia e, coinvolgendosi con la famiglia umana», risponde alla domanda che attraversa il cuore degli uomini e delle donne, anche del Terzo millennio, se egli sia in mezzo a noi o no. 
È la Veglia nella Pasqua di Risurrezione del Signore, madre di tutte le Sante veglie, come la definì sant’Agostino, che nel suo rito antichissimo, si apre, in un Duomo gremito da migliaia di fedeli, con la liturgia della luce e il cero pasquale acceso dal cardinale Scola che presiede la Celebrazione. Lo splendido Preconio ambrosiano risalente al V-VI secolo, è cantato in latino dal diacono, quale sintesi poetica e altissima dell’intera storia della salvezza. E, ancora, si ascolta nel silenzio la straordinaria abbondanza della Parola di Dio, attraverso le sei letture tratte dal Primo Testamento e dal profeta Isaia, prefigurazione dell’incarnazione e del sacrificio di salvezza di Cristo.  
E, finalmente, il triplice annuncio della Risurrezione “Christus Dominus resurrexit”, peculiare anch’esso del nostro Rito, in tutto simile al Cristos Anesti della liturgia  bizantina nella Pasqua ortodossa, viene proclamato con voce sempre più alta dall’Arcivescovo ai tre lati dell’altare maggiore della Cattedrale. Le campane che si sciolgono, il canto dell’Alleluia che si alza, raccontano la gioia di questo momento in cui la Chiesa ritrova il suo Signore dopo la Passione, la morte e il silenzio. 
Con la Parola di Dio si entra, così, nel nuovo Testamento con le tre ultime letture, concluse dal Vangelo di Matteo che, seguendo il suo racconto cronologico, ricomincia da dove si era interrotto la mattina di Sabato santo. 
È, così, un cammino vissuto attraverso la Parola, ricco di rimandi profetici alla venuta di Cristo, e, poi, pienamente ispirato alla sua vicenda di morte e risurrezione, che guida, come un filo rosso, tutta la Veglia. «In essa, la Chiesa nostra Madre, fa vivida memoria della lunga strada che Dio, dalla creazione del mondo, nelle diverse tappe della storia della salvezza, non cessa di percorrere con il suo popolo», riflette, infatti, il Cardinale. «Lo fa nei suoi momenti più bui, in quelli di travaglio, lo fa in quelli pieni di nostalgia e speranza». 
Da qui l’invito alla conversione, con lo sguardo rivolto alla speranza certa che non delude, alla «misericordia del Padre che ha il volto personale del Figlio suo Gesù, “passo”, morto, risorto e “sacramentato”. Questo, e solo questo, è il cuore del cristianesimo. In questa Notte santa apprendiamo che il nucleo di ogni esperienza ecclesiale, personale e comunitaria, consiste nel “suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti a gloria del suo nome”», aggiunge Scola, citando l’Epistola ai Romani.   
Un richiamo che si fa segno vivo nel Vangelo di Matteo, in quell’invito dell’angelo alle donne – “Voi, non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto» – che «sono le parole più importanti dell’annuncio pasquale» 
È questo l’irrompere del Divino nella storia, che smuove la pietra, svela il sepolcro vuoto e inaugura la nuova esistenza di Gesù «in una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato un nuovo ambito di vita, dell’essere con Dio». Perché apparteniamo, appunto, alla sua sequela, come i quattordici Catecumeni provenienti da quattro continenti e da varie nazioni e culture, – di cui quattro italiani, ma anche albanesi (la maggioranza) e cinesi, cui si aggiunge una donna che viene solo cresimata – che subito dopo, nella Liturgia battesimale, ricevono i sacramenti dell’Iniziazione cristiana.
Il pensiero va anche a loro. «Sarete incorporati a Gesù risorto e in Lui alla Santa Chiesa e noi, pieni di gioia, vi accogliamo in questa Notte benedetta come fratelli e sorelle, membri della famiglia dei figli di Dio. Siete germogli eloquenti e preziosi della perenne giovinezza della Chiesa ambrosiana e non solo. Il dono di questi nuovi cristiani è sorgente di rinnovato desiderio di sequela del Risorto. Questa sia per noi tutti e per tutti gli uomini e le donne delle nostre terre, la vivificante sorpresa pasquale». 
Infine gli auguri di Buona Pasqua in quattro lingue che il Cardinale rinnova alla fine della Celebrazione.