Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo uno stralcio del testo del cardinale Angelo Scola contenuto nella raccolta di scritti sul pensiero e sul magistero del cardinale Giacomo Biffi, «Ubi Fides ibi libertas» (Cantarelli, pagine 320, euro 18), a cura di don Samuele Pinna e Davide Riserbato.
Quale Cristocentrismo? Giacomo Biffi ne dà una definizione rigorosa e, come sua consuetudine, limpida: «Il Cristocentrismo di cui vogliamo trattare noi è il convincimento che nel Redentore crocifisso e risorto – pensato e voluto per se stesso entro l’unico disegno del Padre – è stato pensato e voluto tutto il resto; sicché, sia per quel che attiene alla dimensione creaturale sia per quel che attiene alla dimensione redentiva ed elevante, ogni essere desume da Cristo la sua intima costituzione, le sue intrinseche prerogative, la sua sostanziale e inesorabile vocazione».
È qui superata di schianto sia la cosiddetta «questione ipotetica» (senza il peccato di Adamo il Verbo si sarebbe incarnato?), sia quella del «motivo primario dell’incarnazione». Appaiono come due pseudo-problemi. Ultimamente non c’è bisogno di ragioni per spiegare il disegno salvifico di Dio: Gesù Cristo stesso – quindi non un Cristo astratto, ma Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, crocifisso e risorto così come ce lo mostra la storia di Gesù di Nazareth – esaurisce la motivazione sufficiente ed esclusiva di un’economia della redenzione che implica, senza surrogarla, la creazione-elevazione e della quale noi possiamo (solo a posteriori) rendere grazie.
Dei limiti oggettivi delle impostazioni sopra richiamate il Cardinale si era occupato fin da giovane teologo, mentre più recentemente era ritornato sugli stessi temi con la preoccupazione di mostrare la radice biblica e lo sviluppo storico che conduce al suo Cristocentrismo che, con un’espressione che di solito si fa risalire a Grillmeier, chiamerò oggettivo. Così il tentativo di penetrare il disegno salvifico dell’amore di Dio non è più l’indagine – molto spesso fine a se stessa – delle «motivazioni» divine e tanto meno quella impossibile sui futuribilia Dei. È piuttosto l’immedesimarsi nel suo stesso amore, con la significativa avvertenza che questo ha la figura concreta, storicamente incontrabile, della persona stessa di Gesù di Nazareth.
Ogni tentazione gnostica è radicalmente scavalcata nel riferimento, rigorosamente scritturistico, al Verbum caro factum. Il Cristocentrismo oggettivo non è una cifra ideologica da cui pretendere di desumere, come da un a-priori, il mistero, superando la finitudine umana e tanto meno eliminando dalla storia dell’uomo la tremenda incidenza del peccato originale e le sue pesanti conseguenze.
Né Biffi pone sullo stesso piano la dottrina dell’unicità e della universalità di Gesù Cristo redentore con quella che a lui sembra una necessaria affermazione teologica, ma che egli sa bene essere «solo» un’opinione: Gesù Cristo crocifisso e risorto è il centro del cosmo e della storia non solo in quanto unico e universale Salvatore e Redentore, ma anche perché è il Capo della creazione (Primo ed Ultimo). Sulla scia della concezione lubachiana del soprannaturale, rivisitata alla luce della equilibrata Scuola venegonese di Carlo Figini e Carlo Colombo, Biffi parte dall’avvenimento di Gesù Cristo, il Verbum fattosi caro e caro peccati per affermare che «proprio per avere qualcuno da perdonare è stato chiamato all’esistenza un essere che, in quanto signore dei suoi atti, avesse la tremenda facoltà di decidere anche contro Dio; ma al tempo stesso è stato chiamato all’esistenza un essere che in tal modo consentisse all’amore compassionevole del Padre di realizzarsi e di dichiararsi come forza capace di vincere ogni male e come volontà di annullare ogni prevaricazione». Qui si vede il Biffi coautore della più accurata edizione dell’Opera Omnia di Ambrogio dal momento che è una acuta affermazione del grande vescovo milanese ad avere ispirato questa rigorosa e umile prospettiva cristocentrica integrale: «Grazie dunque al Signore Dio nostro che fece un’opera ove egli potesse trovare riposo. Fece il cielo, ma non leggo che ivi abbia riposato; fece le stelle, la luna, il sole, e neppure qui leggo che abbia in essi riposato. Leggo invece che fece l’uomo e che allora si riposò, avendo in lui uno al quale poteva perdonare i peccati».