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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Riflessione

Scola: «Figli del Regno, chiamati
alla testimonianza di una vita sobria»

Il cardinale Scola ha presieduto, in Duomo, la Celebrazione Eucaristica nella II domenica dell’Avvento ambrosiano. «Come testimoni, in quanto figli del Regno, siamo chiamati alla conversione perché si affermi la dignità di ogni donna e di ogni uomo», ha detto l’Arcivescovo

di Annamaria BRACCINI

23 Novembre 2014

«Figli del Regno e, per questo, chiamati a testimoniare il Signore attraverso uno stile di vita sobrio, convincente e portatore di conversione personale e comunitaria».

Il cardinale Scola in Duomo, presiedendo la Celebrazione eucaristica della II domenica dell’Avvento ambrosiano, prosegue nel percorso di predicazione proposto a tutti nel tempo privilegiato dell’Avvento, appunto, dalla Cattedrale.

Delle migliaia di fedeli che giungono tra le navate, molti si sono ‘preparati’ attraverso l’intensa bellezza delle musiche sacre eseguite, come elevazione musicale, prima della Messa, la cui liturgia è animata, questa settimana, dagli aderenti alla Comunità di Sant’Egidio e dalla Legio Mariae, ma sono presenti anche i chierichetti della parrocchia di San Martino in Ispra e un gruppo di Redecesio.

A tutti, l’Arcivescovo, in riferimento alle Letture del giorno, indica il senso di un essere di Cristo – – in quanto figli, appunto, del Regno, cioè del Padre – che obbliga a «comportarsi come persone libere, coinvolte in una trama di relazioni buone, a partire dalla famiglia».

Da qui, i lineamenti della fisionomia di coloro che ogni giorno «sono chiamati a partecipare al Regno nella fedeltà e non arroccandosi nella falsa sicurezza della propria elezione, ma in una continua conversione». Quella esemplificata, in modo paradigmatico, dalla figura protagonista di questa II domenica, il Battista – detto il Precursore, “voce di un Altro” – e da Paolo che “trova il suo vanto in Cristo”, dando così ragione della precedenza del Signore.

«Il riconoscimento di questa precedenza di è – sottolinea il Cardinale – condizione per annunciare il Regno. Dunque, per una testimonianza incomprensibile al di fuori del rapporto con Colui che lo rende tale. «Se non siamo riferiti a Gesù documentiamo solo in stessi e nessun uomo si muove per la nostra ’bravura’ o ’capacità’», suggerisce Scola che richiama la continuità, ma anche la discontinuità tra Giovanni Battista e Cristo, «perché Gesù introduce una radicale novità» con il battesimo.

Il problema è, oggi – come spesso urge nel Ministero pastorale dell’Arcivescovo –, come documentare «nella vita dell’uomo, l’efficacia di tale battesimo che la stragrande maggioranza del popolo ambrosiano ha avuto in dono, anche se ha perso, in molti casi, la strada di casa». Nell’immagine, apparentemente anacronistica, di un uomo «del deserto, vestito di peli di cammello», la vera risposta. «In lui, il Battista, è il forte richiamo alla conversione, a uno stile di vita cristiano sobrio ed essenziale».

Le parole che il Cardinale usa per spiegare con evidente chiarezza ciò che intende, nascono da una citazione di papa Benedetto: “La sobrietà è via privilegiata che conduce alla solidarietà, alla condivisione vera e concreta di tutto ciò che è necessario per vivere secondo la dignità umana, che è di tutti, senza alcuna discriminazione”. Scandisce l’Arcivescovo: «Sono tante le forme di discriminazione che ancora perdurano nelle nostre terre e che, pur nella nostra debolezza, possono essere ridotte, contenute, perché la dignità di ognuno si affermi. Vivendo quotidianamente, in spirito di sobrietà evangelica, affetti, lavoro, riposo, affrontando il male fisico e morale, prendendoci cura della nascita, dell’educazione e della morte, promuovendo la giustizia e la pace, facendo ciò che tutti gli uomini sono chiamati a fare, ma facendolo nel battesimo di Cristo, diamo corpo alla Chiesa e contribuiamo, in un’autentica amicizia civica, all’edificazione di una società civile dal volto umano. Si apre qui per tutti i battezzati, per noi quindi, la speranza affidabile che intendiamo alimentare con continuità in queste settimane che affrettano al santo Natale nell’attesa di questo Avvento».

E, al termine della Celebrazione, ancora un invito: «In questa II settimana di Avvento vigiliamo sul nostro stile di vita. Pratichiamo una sobrietà fatta non solo di privazione, pur importante, ma intessuta dal dono di sé e dalla condivisione con i fratelli. L’offerta, a partire da chi è più nella prova sarà la via maestra per far passare questo gesto sacramentale nella vita di tutti i giorni».

Il monito, rivolto direttamente ai fedeli, è a testimoniare che siamo realmente figli del Regno: «Questo dono non può essere tenuto nascosto, come avete dimostrato venendo in Duomo stasera e dimostrano tutti coloro che oggi hanno partecipato all’Eucaristia nella nostra grande Diocesi e nel mondo. Accogliamo l’invito che ci viene dalla figura del Precursore a vincere la frattura tra la fede e la vita di cui tanto ci ha parlato il beato Paolo VI. Siamo invitati, come Giovanni Battista, ad indicare, in tutti gli ambienti dell’umana esistenza, Colui che ci precede, Colui che è venuto tra noi, Colui che attendiamo».  

«Colui che viene
dopo di me
è più forte di me»

È proprio a noi che San Giovanni si rivolge, guardandoci dritto negli occhi. Come faceva duemila anni fa sulle rive del Giordano, ammonendo quanti andavano a farsi battezzare da lui, ma ancora non avevano mostrato una vera conversione del cuore. Philippe de Champaigne, raffinato e colto pittore francese del pieno Seicento (figlio spirituale dei monaci di Port Royal), colloca il “suo” vigoroso Battista in primo piano, ritto davanti allo spettatore, a riempire buona parte della scena, come è giusto che sia, visto che è il Precursore, colui che predica nel deserto dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» (Matteo 3, 2). Le labbra socchiuse rese dolci dal miele selvatico, ammantato di peli di cammello e con una cintura attorno ai fianchi, proprio come lo descrive l’evangelista. Un uomo che vive di niente, ma che si nutre della forza stessa di Dio... Eppure non è lui il protagonista, neppure in questa immagine. Giovanni quasi fa un passo indietro, si tira di lato, e stende il braccio verso lo sfondo del quadro, indicandoci una figura che al primo sguardo facciamo persino fatica a mettere a fuoco, ma che si rivela circonfusa di luce, potente, gloriosa. Sì, è il Signore che viene. «Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», afferma il Battista, e lo ripete il cartiglio attorcigliato alla sua canna a forma di croce. Perché, come annuncia Giovanni proprio nel Vangelo di oggi, «colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Quel «dopo» ormai è giunto. E attorno già svettano gli alti alberi che danno buon frutto.
Luca Frigerio