Per la prima volta il cardinale Scola, nella Cappella arcivescovile, incontra coloro che, a diverso titolo, rivestono il ruolo di «operatori della giustizia ecclesiale» nel Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, per usare la definizione del Vicario giudiziale, monsignor Paolo Bianchi. «Il nostro è un lavoro specifico, spesso poco conosciuto, che attraverso competenze peculiari tende a dare risposta ai fedeli, che ne hanno necessità, rispetto al loro stato di vita. L’impegno è un equilibrio difficile tra le esigenze della giustizia e quelle della misericordia, che trova il suo punto di raccordo nella ricerca della verità», spiega in apertura lo stesso monsignor Bianchi.
Di una personale emozione parla il Cardinale, Moderatore del Tribunale, di fronte «a tanta delicatezza e competenza», dice rivolto alle oltre cento persone presenti, tra cui il personale del Tribunale, ma anche avvocati esterni, consulenti e periti, psicologi, medici, grafologi. «Il vostro lavoro assume un profilo sempre più decisivo perché non può non tendere ad aiutare i fedeli e, quindi, la Chiesa che, anche attraverso il linguaggio giuridico, ha il compito precipuo di annunciare il Vangelo, non come un’astrazione o un fattore generico». Un aspetto che assume ancora maggiore incisività, di fronte alla scissione, già evidenziata dal beato Giovanni Battista Montini, tra fede e vita. Cesura che oggi ha i contorni di una vera e propria crisi della persona e della società, suggerisce il Cardinale, «in particolare, evidentemente, nella questione della famiglia, che deve diventare strada privilegiata per documentare la compagnia e la vicinanza del Dio di Gesù Cristo alla vita dell’uomo».
E se l’attenzione sul Sinodo straordinario si è focalizzata, almeno nella sua comunicazione alla gente e sui mass media, solo su questioni pur importanti, ma non nodali – «d’altra parte aveva lo scopo di definire le sfide», osserva Scola -, il fine è identificare i problemi nel contesto più generale dell’istituzione familiare. Da qui, il richiamo «emerso ben tre volte dall’Assise sinodale», di considerare la famiglia come soggetto e non oggetto della vita ecclesiale. «Quello che si chiede è un salto di qualità, di cui già parlava San Giovanni Paolo II, ma che, mi pare, non stiamo perseguendo, in maniera organica, nelle nostre Chiese europee». Utile, invece, indica l’Arcivescovo, «situare anche il lavoro del Tribunale in un simile terreno, nel quale non si tratta di trovare ulteriore “manodopera”, ma semmai un aiuto e un sostegno alle famiglie cristiane, utili a mostrare uno stile di vita quotidiano che è benefico e, dunque, capace di attrarre e di coinvolgere altre famiglie. Lo scopo del vostro lavoro è documentare la forza del Sacramento: la natura sacramentale della vita e delle relazioni. Non dimentichiamo che Von Balthasar poneva anche il Diritto canonico all’interno della mediazione con cui la Chiesa annuncia il Signore».
Insomma, non si tratta di inventare nuove strutture o impegni, «ma di superare il rischio di riservatezza» – se non qualche volta di vergogna – nel comunicare «come sia bello vivere le dimensioni che riguardano tutti gli uomini per il bene della persona e della società, nell’educazione dei figli, nell’affrontare la sofferenza, il male fisico e morale, nel contribuire all’edificazione di una società giusta. Una sfida, questa, all’odierna Pastorale che, talvolta, sembra più di stampo aziendale, non generando continuità e, dunque, stili di vita».
Il richiamo è, con le parole e la preoccupazione di papa Francesco, nel discorso finale del Sinodo, a «evitare irrigidimenti ostili e buonismi distruttivi e rigidità eccessive, aggiunge il Moderatore, che fa riferimento alla possibilità – peraltro già emersa nel recente Sinodo – di «un percorso misto della verifica di nullità del vincolo matrimoniale per avvicinare in maniera più semplice le persone, con qualche azione attuabile in un ambito extragiudiziale». Idee «sostanziali», su cui riflettere con attenzione nei dieci mesi che separano dall’inizio del Sinodo ordinario e nella consapevolezza che il Tribunale Ecclesiastico Lombardo «lavora già molto bene, con serietà e celerità. Credo che il discorso finale del Papa possa essere assunto come criterio della vostra azione».
Infine, prima dell’augurio natalizio e del saluto personale con ciascun partecipante all’incontro, la preghiera comune dell’Adsumus, in latino: l’orazione recitata all’apertura di Concilii, Sinodi, Consigli Pastorali e Presbiterali e che, per antica tradizione, è pronunciata all’inizio della Sessione in cui i giudici sono convocati per la decisione giudiziale.