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Tradate

Scola consacra la chiesa dell’ospedale: «Un segno ben piantato nella città e nel territorio»

Il Cardinale ha presieduto la Liturgia della Dedicazione della chiesa “Visitazione di Maria Vergine”, interna all’ospedale “L. A. Galmarini”. Moltissimi i fedeli e le autorità presenti per il momento atteso della consacrazione di questo luogo di culto fortemente voluto dall’intera popolazione

di Annamaria BRACCINI

17 Gennaio 2016

Una struttura raccolta di forma ottagonale, in cui il rosso dei semplici mattoni in cotto, fuori e all’interno, la luce dell’ampio lucernario centrale e delle vetrate, danno un senso di calda accoglienza. E non potrebbe essere altrimenti per la chiesa che, nell’ospedale “L. A. Galmarini” di Tradate, viene consacrata dal cardinale Scola.

Nello spazio della cappella che non riesce a contenere tutti (un lungo corridoio di accesso viene videocollegato), arrivano le autorità, la sindaco della città e quello di Venegono Inferiore, i medici, le Associazioni del volontariato e territoriali, tra cui il “Comitato Amici dell’Ospedale”, che tanto hanno fatto per la realizzazione della nuova costruzione, il presidente del Consiglio Regionale, Raffaele Cattaneo, i vertici del nosocomio e dell’Asset sociosanitario di cui Tradate fa parte dal 1 gennaio, i “Sette Laghi” di Varese, con il suo direttore generale Callisto Bravi. A concelebrare la liturgia ci sono il vescovo Luigi Stucchi, il responsabile della Comunità pastorale di Tradate, don Gianni Cazzaniga, il cappellano don Enrico Rabolini, il responsabile diocesano della Pastorale della Salute, don Paolo Fontana e monsignor Antonio Barone.

«Questa chiesa è collocata nel cuore di una struttura che rappresenta un riferimento sicuro per la salute dei cittadini del comprensorio. La presenza di questo piccolo tempio in un luogo di sofferenza, speranza, competenza e dedizione, è perenne richiamo alla presenza tra noi della misericordia di Dio fattasi carne», spiega don Cazzaniga, all’inizio della Messa, cui fa da cornice la bella luce invernale con un sole pieno, appena screziato dall’ombra dei rami spogli, quasi anticipando il momento dell’illuminazione della chiesa nella liturgia specifica della Dedicazione. Liturgia cui fa riferimento, subito, l’Arcivescovo, nella sua omelia, dopo avere, nei riti di introduzione, benedetto l’acqua al fonte battesimale e asperso con questa l’Assemblea.

«Sullo scopo fondamentale dell’Eucaristia, che ci permette di vivere una vita bella e buona grazie a Cristo, innestiamo questo gesto che la rende espressione materiale di quella chiesa che noi siamo, chiesa di pietre vive attraverso cui Gesù si rende presente nella storia».

Il pensiero è per i malati, interlocutori principali di ogni ospedale insieme con i parenti e il personale che collaborano perché «il nostro benessere corporale sia messo in relazione alla nostra salvezza, ossia al nostro benessere spirituale».

In un contesto così significativo, con un progetto architettonico – dovuto a Guglielmo e Teodolinda Giani – pensato fin dagli anni Ottanta, anche l’intitolazione della chiesa , “Visitazione di Maria Vergine a Santa Elisabetta”, ha un suo senso, indica Scola, «perché esprime bene il significato della visita degli ammalati, portandone la fatica, specie quando essi si avvicinano al passaggio ultimo, anticipato dal Signore che ha voluto salire sulla croce, attuando un duello con la morte e sconfiggendola per sempre a favore della vita».

E se, come si legge nell’Epistola paolina agli Efesini, la benedizione di Dio «ci dice che, fin dal concepimento, siamo sotto lo sguardo amante della Trinità, tutti figli di Dio e, dunque, tutti fratelli», è questo stesso essere entrati con Cristo in una nuova parentela, che, allora, obbliga alla testimonianza. «Ciò che dobbiamo portare fuori da questa chiesa – guai se ci fermiamo al pur decisivo e fondamentale gesto eucaristico – è il pensiero di Cristo che deve permeare ogni azione quotidiana», scandisce il Cardinale.

Dal Messaggio per la XXIV Giornata Mondiale del Malato 2016 di papa Francesco con il commento alle nozze di Cana (la pagina evangelica anche del giorno) nasce l’auspicio: «Oltre Gesù e sua madre, in questa scena ci sono coloro che sono chiamati i servitori, i personaggi anonimi del Vangelo che obbediscono generosamente, si fidano della madre, e fanno subito e bene ciò che viene loro richiesto senza lamentarsi e senza calcoli. Questo sia il richiamo, in questo segno ben piantato nella città e nel territorio, per un impegno a volere vivere cosi, in tutti i tempi della nostra giornata, il senso dell’esistenza Il peccato più grave di noi uomini è la dimenticanza: chiediamoci se almeno in un momento del giorno ci ricordiamo di Dio. La Trinità sostenga in noi questo compito di testimonianza».

Poi, i gesti propri della liturgia, con le Litanie dei Santi, la preghiera di Dedicazione, l’unzione dell’altare e delle pareti della chiesa, l’incensazione la copertura dell’altare stesso e l’illuminazione che ricorda Cristo-luce del mondo.

Infine, il ringraziamento di don Rabolini ai molti che hanno, negli anni, collaborato all’edificazione della cappella, primo tra tutti il progettista e gli artisti che la hanno abbellita. «Grazie perché, da oggi, anche noi avremo una Porta della Misericordia aperta a tutti e per sempre».

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