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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Roma

Scola: «Con Montini amiamo la Chiesa con cuore nuovo»

Nel Vespero in preparazione alla beatificazione di Paolo VI, il cardinale Scola ha invitato i pellegrini ambrosiani a vivere la Chiesa senza “occhi bendati” e nella conversione del cuore. A conclusione, l’Arcivescovo ha sottolineato l’appello rivolto oggi alla Chiesa ambrosiana dal Patriarca latino di Gerusalemme, Twal per partecipare al pellegrinaggio diocesano in Terra Santa

di Annamaria BRACCINI

18 Ottobre 2014

Tu ci sei necessario, Cristo Gesù. L’invito a ripetere, nella profondità del cuore e con occhi non bendati”, la famosa e magnifica preghiera composta da Paolo VI, per la Sua prima Lettera Pastorale alla Diocesi nel 1955, risuona nelle parole del Cardinale Scola.
Di fronte a lui, la Basilica dei Dodici Santi Apostoli, di cui è titolare, è gremita. Si è riempita poco a poco, fino a non potere più contenere tutti i pellegrini. Sono molti i fazzoletti rossi con l’effigie di Paolo VI, portati con orgoglio dagli ambrosiani e che si confondono con le vesti dei Vescovi e dei Vicari episcopali, con quelle dei sacerdoti «invitati speciali» perchè ordinati dall’arcivescovo Montini durante il suo Episcopato, con quelle dei diaconi. C’è il cardinale Tettamanzi, ci sono tutti i seminaristi, che sono appena arrivati da Venegono, vicino alle Ausiliarie diocesane al gran completo – come dicono scherzando – perchè fondate proprio dall’Arcivescovo.
E, poi, tanti, tantissimi laici, dai giovani ai nonni, i fedeli delle parrocchie del «Piano Montini per le nuove Chiese». Insomma, un popolo, anzi una grande famiglia in festa. Iniziano così, con gioia e fede grande e condivisa, i giorni della Beatificazione del Servo di Dio, Paolo VI, con la Veglia di preparazione, presieduta dal cardinale Scola, appunto in una Basilica dei Santi XII Apostoli gremita, nei primi Vespri della Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani. E, infatti, a risuonare per prima tra le cappelle e sotto la splendida architettura settecentesca è la melodia ambrosiana del «Christe cunctorum dominator alme”, inno tipico della Dedicazione della Cattedrale. La chiesa è in penombra quando si legge un passo dell’omelia montiniana della notte di Natale del 1975, pronunciata dal Pontefice a conclusione dell’Anno Santo.
La breve Processione e il Rito della Luce aprono all’ascolto della lettura: parte della Lettera Pastorale del Cardinale Montini per la Domenica delle Palme del 1963, solo qualche settimana prima di essere eletto al Soglio di Pietro.
La riflessione del Cardinale si rivolge subito, direttamente, ai fedeli: «Dobbiamo amare la Chiesa con il cuore buono per cui vi siete mossi dalla vostre case per poter partecipare di persona a questo grande evento e poter godere di ciò che la Provvidenza ci ha donato. Essendo uscito pochi minuti fa dal Sinodo, dopo avere ascoltato il mirabile discorso di papa Francesco – che, penso, passerà alla storia, nota l’Arcivescovo – queste parole di Paolo VI, mi riempiono di gioia perchè sono pronunciate con voi, i miei fedeli».
Cristiani che «vogliono questa trasformazione in Cristo, perchè tanto più amiamo la Chiesa, tanto più ne assumiamo la forma, diventando strada per diventare Cristo stesso», osserva ancora.
Una fede che è dono grande, ma che svanisce «quando lo racchiudiamo nel nostro individualismo, non lasciandoci sfiorare dai fratelli e delle sorelle».
Da qui l’invito che nasce dalla citazione della preghiera montiniana «preghiera nota, ma capace di percuotere le nostre viscere». «Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:per vivere in Comunione con Dio Padre… Necessario per conoscere il nostro essere e il nostro destino, per scoprire la nostra miseria morale e guarirla, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace”.
Un grido, quello dell’Arcivescovo Montini, raccolto dal suo successore come preghiera di domanda, «la più semplice e, insieme, il vertice».
Il simbolo di una possibilità di cambiamento e di conversione «che sia moto che parte dal cuore per diventare ecclesiale, per diventare espressione convinta e convincente per tutti i nostri fratelli». Il monito «in questo momento di travaglio», giunge nel riferimento a un’omelia del 1961, pronunciata durante un incontro con il Movimento dell’Apostolato della Preghiera, in cui Montini diceva: «se guardo a quella umanità che si chiama Chiesa, allora il mio essere diventa vero, vedo la salvezza di Dio. Il cristianesimo dovrebbe avere un’anima, una sensibilità per ciò che lo circonda e invece anche noi passiamo, così, come gente con gli occhi bendati”.
«Non servono le nostre presunzioni di sapere, le nostra cervellotiche analisi, la Chiesa è ben altro: dovremmo vedere il disegno di Dio sul mondo – scandisce il Cardinale – nel modo di vivere gli affetti, il lavoro, il riposo, abbiamo bisogno di allargare lo sguardo nella carità e nello spazio in cui Dio ci ha chiamato a vivere».
«Per un simile amore alla madre Chiesa ci siamo mossi e prepariamoci al grande evento di domani, e allora, che prima di addormentarci questa notte si possa ripetere dal nostro cuore, “Tu ci sei necessario” e non «con gli occhi bendati».
E dopo la salmodia, la commemorazione del battesimo, le intercessioni, ancora una sottolineatura rivolta a tutti, prima del saluto affettuoso dei fedeli che circonda e quasi abbraccia il Cardinale.
«Oggi sua Beatitudine monsignor Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme ha fatto appello alla Chiesa ambrosiana perchè si faccia pellegrina a Gerusalemme, in questa terra che vive ancora un suo venerdì santo permanente. Raccomando a tutti il pellegrinaggio che faremo a fine anno come gesto di profonda solidarietà spirituale e umana. Anche le parrocchie sentano questo appello e imparino a mettere il tutto prima della parte. Le Chiese ricche sappiano andare oltre l’individualismo narcisista che costituisce un tarlo, che potrebbe diventare alla lunga invincibile.
Uniamoci a ciascun battezzato e a ogni uomo di buona volontà delle nostre terre ambrosiane. Che uno slancio di comunione vinca ogni estraneità e ci permetta di percepire il palpito dell’amore fraterno così necessario per conoscere il Signore».

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