Sirio 26-29 marzo 2024
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18 dicembre

Scola al Policlinico,
nel “cuore” della cura mentale

L’Arcivescovo visiterà il reparto di Psichiatria, celebrerà la Messa e incontrerà alcuni pazienti. Il direttore Carlo Altamura: «Con la crisi le richieste di aiuto per forme di disagio psichico sono aumentate del 20/30%»

di Francesca LOZITO

14 Dicembre 2014

Un reparto che nasce dalla storia della psichiatria ospedaliera italiana. Dove oggi, oltre alla cura delle specifiche patologie, parte dell’attività è dedicata anche allo studio dei nuovi disagi sociali che provocano situazioni come gli stati di ansia o i blocchi emotivi. Giovedì 18 dicembre, alle 11.30, l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, sarà in visita al reparto di Psichiatria del Policlinico di Milano e poi presiederà una celebrazione eucaristica. Ne parliamo col direttore, professor Carlo Altamura.

Professore, come si svolgerà la visita dell’Arcivescovo?
La visita avverrà nel reparto degenza, detto Servizio psichiatrico diagnosi cura (Spdc), del Dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale della Fondazione Irccs Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico, al terzo piano del padiglione Sacco. Questo dipartimento è diretto erede della Clinica psichiatrica fondata nel 1962 dal professor Carlo Lorenzo Cazzullo presso il Padiglione Guardia 2 del Policlinico di Milano. Un luogo che ha fatto la storia della psichiatria ospedaliera italiana: questo, infatti, è stato il primo reparto ospedaliero italiano per pazienti con patologia mentale. Prima andavano in neurologia, oppure direttamente negli istituti psichiatrici. La collocazione al Padiglione Sacco è per il momento provvisoria, a seguito dei lavori di ristrutturazione di cui è oggetto il policlinico. L’Arcivescovo incontrerà alcuni dei pazienti ricoverati.

Come si articola il Dipartimento e di che cosa si occupa?
La struttura dipartimentale è suddivisa tra la degenza per pazienti acuti, che accoglie quanti sono affetti da patologia psichica acuta, sia in trattamento sanitario volontario, sia in trattamento sanitario obbligatorio, e il day hospital, la degenza giornaliera, che ha l’obiettivo di ridurre i ricoveri lì dove non sono necessari. Poi c’è il Centro riabilitativo ad alta assistenza (Cra), struttura “lungodegenziale” di tipo riabilitativo, che si trova in zona Conca del Naviglio. Il Dipartimento, inoltre, lavora attraverso i Centri psicosociali (Cps), strutture territoriali ad assistenza diretta.

Quali sono le aree di ricerca del dipartimento?
Il Dipartimento opera da più di cinquant’anni nel campo della salute mentale attraverso attività scientifica e di ricerca clinica in collaborazione con istituzioni nazionali e internazionali. Le aree di ricerca riguardano particolarmente i disturbi dell’umore (disturbi depressivi), l’esordio delle patologie psichiche in età giovanile (specialmente nella loro interconnessione con l’abuso di sostanze) e di recente le problematiche connesse con la crisi economica, nel suo impatto col disagio psichico. La ricerca scientifica trova la sua applicazione nell’attività ordinaria integrata clinico-assistenziale-sociale. Lo specifico degli aspetti clinico assistenziali vede l’intervento territoriale attraverso i Cps e gli ambulatori specifici rivolti alle problematiche giovanili. L’intervento nei confronti dei giovani prevede anche aspetti educativi svolti presso le scuole superiori, in collaborazione con insegnanti e associazioni del privato sociale.

In seguito alla crisi economica sono aumentate le richieste di cura?
Al Policlinico l’osservatorio dedicato a studiare i fenomeni di disagio a seguito della crisi globale registra un aumento del 20/30% in più delle richieste di aiuto rispetto a prima della crisi. Ci sono persone che non dormono la notte perché hanno perso il lavoro, altre che si “bloccano” nella loro vita perché precaria, senza prospettiva, senza futuro. Certo, sono persone che avevano già una predisposizione al disturbo, ma che oggi vivono un reale disagio.

Qual è il vostro modello di cura?
Il nostro modello di riferimento parte da una concezione unitaria del corpo e della mente. Su tale concezione si fonda l’approccio unitario al malato, sia nella fase acuta, sia in quella riabilitativa e di reinserimento socio-familiare. Questo consente lo svolgimento di un servizio alla persona rispettoso delle sue individualità, nel senso di stimolare una visione meno egocentrica e più partecipativa dell’esistenza, in cui si rispetti anche il bisogno di integrare gli aspetti più spirituali.