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Milano

Scola ai “Santi Apostoli”: «Ringraziamo Dio
per i germogli che fa fiorire in questa antica
e vitale comunità»

Il Cardinale ha presieduto l’Eucaristia per la Comunità pastorale “Santi Apostoli”. Durante la Celebrazione, dieci ragazzi e ragazze hanno ricevuto la Prima Comunione dalle mani dell’Arcivescovo

di Annamaria BRACCINI

3 Aprile 2016

Una Comunità dalle radici antichissime, ma dinamica e aperta alle sfide del presente e della metropoli.

Nel centro di Milano, in una zona cruciale posta tra le sedi dell’Università Statale, il Policlinico e le grandi radianti come Corso di Porta Romana, il cardinale Scola presiede l’Eucaristia nella basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore, una delle basiliche cosiddette “matrici”, ossia “madri” del radicamento cristiano in città.

Dieci sacerdoti concelebrano il Rito che, posticipato di qualche settimana, vede la presenza di moltissimi fedeli che si affollano fino oltre il grande atrio di entrata, provenendo dalle quattro parrocchie che formano la Comunità Pastorale “Santi Apostoli”.

«Quello che abbiamo ricevuto, sentiamo la responsabilità di condividerlo», dice il responsabile della Comunità, don Claudio Nora, in riferimento appunto alla storia millenaria della Basilica e alla vivacità della presenza ecclesiale odierna nella Zona.

«La mia gratitudine è per questa bella comunità e per la sua multiforme esperienza di vita e di testimonianza cristiana», nota, a sua volta, il Cardinale, che prende avvio, nella riflessione, dal Vangelo di Giovanni e dal dialogo tra Signore risorto e Tommaso. «Ci sono stati dati molti segni che Gesù è il Cristo, perché credendo possiamo avere la vita nel suo nome. La nostra vita terrena, senza soluzione di continuità, sfocia in quella in Gesù. Il senso della Celebrazione eucaristica sta proprio nella testimonianza che Gesù ci offre attraverso la sua compagnia stabile. Per questo la morte, dopo la Risurrezione non è un finire nel niente, ma è il passaggio alla forma definitiva di vita, in cui siamo destinati, come il Risorto, a rivestire il nostro vero corpo, nella risurrezione della carne».

Importante, allora, in una tale coscienza, «compiere, alla conclusione del grande giorno Pasquale che è stata l’intera settimana, un passo in più», sottolinea l’Arcivescovo, evidenziando la pace portata da Cristo ai Discepoli.

«Oggi parliamo in continuazione della pace anche perché, raramente, la società mondiale è stata sconvolta da venti di guerra e di terrorismo come in questa fase. Ma questa stessa pace deve trovare in ognuno di noi, la pietra di angolo su cui costruirla. La pace inizia nel nostro cuore, nella mente, nella nostra azione quotidiana, stando nella sequela di Gesù che ci aiuta a vivere bene i rapporti costitutivi dell’esistenza, quelli con Dio, con gli altri con se stessi. Questo è il fondamento che, poi, nella comunità sociale tenderà a espandersi facendo sentire il suo influsso sulla società civile e su questa nostra amata Milano in rapido mutamento».

La questione cruciale – suggerisce ancora Scola – è la fede, spesso dimenticata, nel Risorto da cui prende origine l’esperienza religiosa.

Da qui il richiamo nel giorno della festa della Divina Misericordia, istituita da san Giovanni Paolo II, appunto alla misericordia, «dimensione costitutiva della fede fin dal suo inizio».

«Il fatto che Dio si sia fatto uomo e abbia dato vita per noi ha a che fare con il grande dono della tenerezza che Egli ci fa nel perdono e nell’abbraccio misericordioso del Padre. Vi raccomando di sentire come responsabilità l’espressione di Pietro, “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”, che significa far trasparire la bellezza di Gesù risorto nel quotiamo e in ogni ambiente e circostanza. Nei rapporti facili e difficili, attraverso l’attuazione delle opere di Misericordia corporale e spirituale, il tentativo del perdono, la costruzione, in questa società plurale, di amicizia civica e di vita buona».

Infine, il pensiero è ai dieci ragazzi e ragazze che, dopo poco, per le sue mani, ricevono la Prima Comunione. A loro si rivolge direttamente il Cardinale: «Non sarete mai più soli, qualunque saranno le circostanza della vostra vita. Ringraziamo Dio per i germogli che continua a fare fiorire in questa antica e vitale comunità».

«È una gioia la presenza di questi nostri ragazzi che, mangiando il corpo di Gesù, iniziano a fare l’esperienza straordinaria di Cristo che, nell’Eucaristia, ci assimila e ci incorpora a Sé».

E prima della Benedizione e del grande abbraccio affettuoso della gente, ancora la consegna a coltivare l’educazione dei giovani perché sappiano comprendere la loro specifica vocazione d’amore: nel matrimonio, ma anche «nella scelta rara e preziosa» del darsi intermente al Signore.

L’invito è alla generosità, a uscire per le strade dove «ognuno deve giocarsi in prima persona».

«Lavorando ciascuno nel campo che Dio ci dà incontriamo l’uomo di oggi così frantumato nei suoi impegni e per il quale il “campanile” non può più bastare. Egli ha bisogno di incontrare persone vive che testimonino il gusto appassionante di vivere secondo Gesù. È importante che tutta al Comunità ricuperi questa trasversalità, con l’oratorio, con la presenza nelle scuole, nei nessi con il mondo universitario e professionale e con tutto ciò che costituisce la società civile. Il vostro è un bell’esempio: se la Comunità pastorale è vissuta con spirito aperto e missionario non è nulla di costringente, ma, anzi, dimostra quanto tra 15-20 anni essa sarà il futuro della Chiesa milanese».

 

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