Essere testimoni della comunione che nasce dall’avere in comune Cristo. È questa la consapevolezza, da vivere ogni giorno, che il Cardinale chiede prima di ogni altra cosa ai sette Diaconi permanenti a cui conferisce l’Ordinazione in Duomo. Momento solenne che, inserito nella Messa vigiliare della I domenica dell’Avvento ambrosiano, segna l’arrivo di un cammino a lungo preparato e, insieme, l’inizio di un Ministero da portare in tutti i luoghi dell’umano.
Fuori, la sera è fredda, piove incessantemente, ma tra le navate della Cattedrale, dove concelebrano il Vicario generale, i Vescovi ausiliari, i Vicari Episcopali e un buon numero di sacerdoti, il clima è quello di una festa gioiosa e luminosa. Ci sono le mogli e le famiglie degli ordinandi, tutti sposati con figli, di età compresa tra i 44 e i 59 anni, alcuni impiegati, altri liberi professionisti e dipendenti pubblici.
Particolarmente importante, come segno per il mondo, il compito ecclesiale di questi nuovi Diaconi permanenti che, come gli altri 132 già presenti e operanti in Diocesi – molti sono, per l’occasione, in Duomo –, devono conciliare impegni professionali e familiari e incarichi pastorali. E, allora, la riflessione è tutta diretta a loro che ascoltano attenti sedendo davanti al Cardinale con alle spalle le mogli e i figli.
«Siete chiamati a vivere in prima persona l’inquietudine che abita il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo e a farvene carico. Il vostro servizio – scandisce Scola – inizia proprio da questa condivisione di vita, e quindi dalle gioie e dalle tristezze, dagli affanni e dalle attese di ogni nostro fratello uomo. Il campo è il mondo: le vie da percorrere in uscita per andare incontro all’umano diventano per voi, con l’Ordinazione, decisive».
Il richiamo è alla coscienza di essere ordinati non per «cerimonie solo esteriori, ma per condividere in profondità il cuore degli uomini», specie in un tempo di travaglio come l’attuale nel quale sembrano più che mai vere le parole e le immagini evocative del drammatico tempo finale nel Vangelo di Marco, proposto in questa prima domenica dell’Avvento
Lo nota l’Arcivescovo parlando di uno sgomento odierno di fronte a ingiustizie, tragedie e calamità che non è molto diverso da quello dei quattro Apostoli che chiedono al Signore quali segni prefigurino la fine. L’invito che viene da Gesù alla vigilanza di fronte all’inganno, «un rischio molto grave anche oggi», si fa attenzione e sguardo verso ciò che veramente avverrà, il ritorno del Salvatore, di «quell’Uno che salverà tutti».
«L’urgenza di questo richiamo nei nostri tempi, carichi di questioni scottanti circa la nascita, la vita, il dolore, la morte, l’amore e la giustizia, deve diventare la vostra urgenza come uno dei compiti essenziali del ministero ordinato nella vita della Chiesa e, pertanto, della diaconia che oggi, con il Sacramento, ricevete». Un’intensa e appassionata cura delle relazioni di comunione, dunque, «che non può venire dalla costruzione di rapporti ecclesialmente o politicamente corretti», ma che nasce dalla consapevolezza che siamo “una sola cosa” «avendo in comune Cristo stesso presente qui e ora perché risorto».
Una comunione – lo ripete con forza il Cardinale – che si qualifica come «principio di organizzazione concreta», e che, pure, troppo spesso subisce ferite che «oscurano la sinodalità della Chiesa».
Il desiderio è che anche le famiglie degli Ordinandi sappiano testimoniare il dono «bello e inestimabile» del Diaconato permanente, «documentando che la famiglia è soggetto attivo di vita cristiana e soggetto di vita buona nella società, non un oggetto di sola cura da parte dei preti».
Istituto familiare cui si unisce, in modo particolarissimo e specifico, il Ministero del Diaconato permanente, per il quale, infine, il Cardinale offre un’efficace e bella sintesi: «La vostra presenza nelle comunità cristiane, a cui siete inviati dall’Arcivescovo (al termine della Celebrazione, i Diaconi ricevono la destinazione in Episcopio) non ha come orizzonte quello di riempire “vuoti” o di prestare determinati servizi. L’orizzonte del vostro ministero di collaborazione con il Vescovo e i presbiteri è quello di rigenerare la Chiesa, di “ricostruire il tempio” dal e nel cuore di ogni persona. Gli inviati da Cristo hanno un cuore che batte in consonanza con quello di chiunque viene al loro incontro. Che il desiderio e l’attesa operosa di Cristo che viene, di Colui che sta venendo, sia il primo pensiero di ogni vostra e nostra giornata».
E, allora, l’immagine, forse, più coinvolgente e simbolica, dopo i riti propri di questa Ordinazione, è lo scambio della pace con il Cardinale portato, dai Diaconi, ai piedi dell’altare maggiore, tra le panche, ai figli e alle mogli. Un segno di pace e un abbraccio che si dilata al mondo.