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Lecco

Scola a Premana: «Non chiudersi nella tradizione, ma in essa aprirsi all’oggi e al futuro»

Il Cardinale ha presieduto, a Premana, la Celebrazione eucaristica e guidato la tradizionale Processione per le vie del paese. Un simbolo di fede viva su cui fondare la centralità di Cristo in ogni momento e avvenimento della vita, ha indicato

di Annamaria BRACCINI

7 Giugno 2015

«Premana è contenta di rivederla». Già nel 2008, come Patriarca di Venezia, il cardinale Scola era stato nella bella e caratteristica cittadina della Valsassina, allora per la festa di sant’Ilario e vi ritorna oggi, per il Corpus Domini. La Celebrazione eucaristica e la Processione, antichissima e oggetto di una preparazione che coinvolge l’intera cittadinanza, sottolineano ancora di più la Solennità.

Moltissimi i fedeli di ogni età, provenienti anche dai Comuni vicini, gremiscono ben oltre il sagrato la parrocchia di San Dionigi, tanti i giovani e gli educatori dell’Oratorio feriale che seguono la Messa trasmessa anche in video nella piazza a qualche centinaio di metri dalla chiesa. E, poi ci sono i bimbi della Prima comunione, gli otto sacerdoti nativi di Premana con il Decano del decanato Primaluna, don Lucio Galbiati, i sindaci di Premana e di Piagnona, il due Comuni sul cui territorio di estende l’Unità Pastorale. A tutti dà voce il ringraziamento e la felicità del parroco, don Mauro Ghislanzoni «Questo grande spettacolo della fede che è la Processione, simbolo della nostra tradizione, non deve, tuttavia distrarci dalla centralità di Cristo. Abbiamo bisogno di più fede. Pregheremo, Eminenza, per il suo prossimo viaggio in Iraq dove tanti cristiani vengono trucidati o devono lasciare le loro case». .

Ed è anche il Cardinale a ricordare, aprendo la sua omelia, i legami personali con Premana, in virtù dei quali si dice ancor più riconoscente e lieto di poter celebrare, nel giorno del Corpus Domini, l’Eucaristia.

Il riferimento è subito alla Parola di Dio – perché è Gesù stesso che ci parla ascoltandola, come dice il Concilio –, «mentre spesso la seguiamo distrattamente e non come una provocazione al cambiamento», osserva l’Arcivescovo. L’invito è, allora, a «disporre la mente, il nostro cuore e tutte le nostre energie a ciò che Cristo ci vuole dire in questa festa».

Cita, il Cardinale, il termine popolare, “sposà”, che richiama il matrimonio, con cui i Premanesi indicano il lavoro di allestimento delle strade percorse dalla Processione,. «Niente meglio del mistero delle nozze tra un uomo e una donna e l’apertura ai figli, ci può far capire l’alleanza mosaica di Dio con gli uomini. Una processione antica più di cinquecento anni, fa vivere l’idea del rapporto di amore del Dio con noi che è modello dell’amore umano, di quello per i figli, dell’amicizia e dell’amicizia civica».

Un’alleanza nuziale frutto dell’amore, dunque, che si ritrova, appunto, nel sangue offerto da Mosé, come narra il Libro dell’Esodo e già che sancisce una consanguineità nella stirpe, ma che viene portata a pienezza da Gesù con il suo sangue e la sua vita offerti per tutti.

«Se siamo qui è per servire il Dio vivente, Gesù diventato allo stesso tempo sacerdote, vittima e Salvatore. È Dio che ci abbraccia ad uno ad uno donando se stesso per ciascuno, offrendo il perdono di amore che ci libera dal peccato».

Eppure rimane quella che il Cardinale definisce un’obiezione, «divenuta ancor più stringente nell’epoca moderna, per cui si è ripresa l’attitudine di chiamare Dio in giudizio», di fronte a tragedie immani e a drammi inimmaginabili.

Come il Signore ha potuto permettere tutto ciò? Quale il concetto di Dio, ad esempio, dopo Auschwitz? Come il Suo sacrificio dopo più di duemila anni può salvarci oggi? Come sfuggire alla tentazione di fare della Croce, del sepolcro e della Risurrezione un fatto semplicemente estetico, artistico, come diceva Kierkegaard?

In un solo modo, rendendo chiara la consapevolezza di Cristo è a noi contemporaneo. «Per questo ci aiuta la stupenda narrazione dell’Istituzione dell’Eucaristia», appena letta nel Vangelo di Marco. «Il genio cattolico è nel Giovedì santo, in quella Cena nella quale il Signore dice, “fate questo in memoria di me”.

L’unica Eucaristia celebrata in tutto il mondo, «che non è ricordo, ma memoriale di ciò che ha cambiato per sempre la storia. Anticipando con l’Eucaristia, la Passione, la morte e la Risurrezione, per i suoi discepoli, è possibile anche posticiparla per noi, ora, realizzando la contemporaneità di Cristo e rendendoci partecipi della grandiosa opera di salvezza che è la redenzione».

Da qui la conseguenza, che il Cardinale indica con forza, rivolgendosi direttamente ai fedeli: «Non dovete perdere la vostra tradizione singolare che si esprime in un linguaggio che ha adattato al Mistero la parola di tutti i giorni. E per far questo c’è una sola condizione, rinnovare la tradizione secondo la necessità, i bisogni e le domande dell’uomo e della donna del Terzo millennio. Premana si apra in tutte le dimensioni; il nuovo deve vivere qui radicato in questa storia: ciò accade solo trasferendo l’Eucaristia nel quotidiano. Chiediamoci che peso ha Cristo nella fatica del lavoro, della famiglia, nell’educazione dei figli, nell’edificazione di una società giusta, nella vicinanza a chi è nel bisogno».

In conclusione, risuonano le parole del beato Paolo VI, “Cristo tu mi sei necessario”: «ripetiamole – conclude l’Arcivescovo – perché se qualcuno mi è necessario, a lui faccio riferimento ogni giorno».

Poi, la partenza della Processione che dal sagrato – sotto un cielo di Lombardia manzoniano, così bello quando è bello – si avvia per le strette vie della vecchia Premana. Le insegne, gli stendardi mariani, i ragazzi, i membri delle Confraternite e delle Associazioni, i sacerdoti, il popolo segue nella preghiera, nel canto e nel silenzio il cammino con il Cardinale che porta tra le mani il Santissimo e benedice la gente che si affaccia dai balconi, dagli angoli delle vie, dalle porte di casa. Davanti alla piccola cappella cinquecentesca dell’Immacolata un breve momento di sosta per alcuni malati e anziani. E si prosegue: ogni muro è coperto da drappi, scialli della tradizione, immagini, piccoli mazzi di fiori di campo e di rose, petali sono deposti a terra al passaggio del baldacchino. Teli colorati, tesi tra i muretti che delimitano i bassi tetti delle case, coprono alcuni tratti di cammino. Gruppi diversi hanno curato i singoli pezzi dell’itinerario. Sotto la Scuola elementare sono, ad esempio, i disegni dei bimbi a decorare i muri, nel primo tratto la cura è affidata ai ragazzi classe 1996 e fa un impressione pensare che dopo pochi metri l’Associazione dei Combattenti e Reduci, ha appeso semplici biglietti con i nomi dei caduti nei due conflitti mondiali. Per una strana coincidenza su quelle targhe trovano posto tanti ragazzi nati nel 1896 e mandati al macello nella Grande guerra, proprio in questi giorni cento anni fa.

Sono quattro le soste, di fronte ad altrettanti piccoli altari eretti per l’occasione. Si passa dalla luce blu dei teli azzurri illuminati dal sole, al rosso, dal bianco al verde. Tre sacerdoti si alternano con l’Arcivescovo nel portare l’ostensorio, tra cui il segretario del Cardinale, don Luciano Capra che a Premana è stato coadiutore per sette anni.

Il canto corale del Tantum Ergo, quando la Processione torna davanti a San Dionigi, e la benedizione solenne, sono il suggello finale di quella «sintonia di colori, sapori, stoffe, che dicono la forza di questo gesto», scandisce il Cardinale, proprio perché «la fede è un criterio le vivere tutti i giorni».