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Sesta d'Avvento

Scola: «A Natale il nostro tempo distratto si ferma
e fa spazio, stupito, a una nascita»

Il Cardinale ha presieduto la Celebrazione eucaristica della VI Domenica dell’Avvento ambrosiano, il “grande portico” che introduce al Natale. «Il Mistero del Dio che si fa carne entra nella nostra vita reale e la salva»

di Annamaria BRACCINI

18 Dicembre 2016

Nella Domenica, ultima dell’Avvento, nella quale si celebra la Divina Maternità di Maria – la più antica festa mariana della Liturgia ambrosiana –, sono migliaia i fedeli che, in Duomo, partecipano all’Eucaristia presieduta dal cardinale Scola e concelebrata da tre Vescovi e dal Capitolo Metropolitano. 
Giorno di gioia, grande portico che introduce al Natale, la VI domenica dell’Avvento ambrosiano, e, soprattutto, Solennità del Signore, perché – ricorda, in apertura dell’omelia, l’Arcivescovo – «protagonista non è la Vergine Madre, ma il Verbo eterno del Padre che si fa carne nel suo grembo. Per questo si chiama Solennità dell’Incarnazione del Signore». Quel Dio vicino, che non ci abbandona mai, capace di condividere in tutto la condizione umana, tranne che nel peccato. «Il riverbero costatabile e visibile della presenza del Signore nella nostra vita è il dono di sé all’altro, così che noi riconosciamo che l’altro è sempre meritevole di bene, per essere stato anch’egli preso da Gesù». 
Esattamente il contrario, scandisce Scola, del diffuso atteggiamento di narcisismo «che è la cifra delle nostre società avanzate del Nord del pianeta e che somiglia piuttosto all’autismo spirituale, impedendo quasi del tutto la comunicazione reciproca». 
Mentre proprio al Mistero del Verbo che si fa carne, si lega la nuova nascita dell’uomo. 
«Riflettiamo su quanto questa nascita sia piena di mistero, di umana tenerezza e illumini l’odierna condizione umana. Essa, infatti, è un potente e radicale giudizio sul gelo demografico che caratterizza il nostro Paese e sul conseguente invecchiamento della popolazione, che non è solo un dato anagrafico. È un giudizio sulla mancanza di speranza, drammatica soprattutto nei giovani. Basti pensare che oltre alle nascite, sono in calo anche i matrimoni». 
Eppure proprio dal Natale viene, intera, la speranza: «Sono certo – dice l’Arcivescovo –, che a Natale il ritmo frenetico del nostro tempo distratto da ciò che veramente conta, quasi miracolosamente, si spezza per fare spazio, stupito, a una nascita. In questo senso, il moltiplicarsi delle luminarie non è soltanto un fatto consumistico, ma l’espressione, certo insicura e inconsapevole, della ricerca di questo Dio che si fa piccolo.  A tale bene siamo chiamati a dire di sì, come cristiani e come uomini alla ricerca di senso nella vita. Ogni ‘sì’ pieno a Dio dà origine a una storia nuova: è un fatto veramente “originale”, è origine di novità, mentre non è così per il peccato che ci rende più vecchi». 
Insomma, con il Natale, il Signore entra nella nostra vita reale e la salva, suggerisce ancora il Cardinale in riferimento allo stile cristiano lieto, espresso da Paolo nella Lettera ai Filippesi: «Questo dobbiamo poterlo verificare anche nel nostro stesso stile di vita». 
Infatti, è la nascita del Signore-Bambino ci rende consapevoli, «generando uno sguardo che dà il giusto peso a tutto perché è l’assunzione della mentalità e dei sentimenti di Cristo e ciò diventa anche sorgente di solidarietà civile, come stiamo indicando da due anni nella Visita Pastorale». 
Da qui, la conclusione: «In questi giorni siamo più aperti a condividere situazioni di disagio e povertà. Non resti, questo, un puro sentimento ma ci faccia capaci di riconoscere il valore di ogni uomo e di diventarne con essa concretamente solidali. Così fece la Vergine Maria quando l’Angelo partì da lei. Si recò prontamente dalla attempata cugina Elisabetta, per condividere il suo bisogno». 
E, alla fine, dopo il ringraziamento ai fedeli delle Zone pastorali VI e VII con i rispettivi Vicari episcopali, monsignor Elli e monsignor Cresseri, ai membri dell’Agesci, ai malati e volontari dell’Unitalsi lombarda accompagnati da monsignor Busti, assistente ecclesiastico regionale; al Terz’Ordine francescano, anche loro con l’assistente lombardo, all’Associazione “Sposi di Cristo” e al Centro di Formazione professionale “Ikaròs” di Buccinasco – sono presenti anche rappresentanti del Commissariato “Zona Centro” della Polizia di Stato con l’assistente don Gianluca Bernardini –  ancora la raccomandazione di non lasciare alle spalle l’Anno giubilare, di praticare le opere di misericordia e di recitare quotidianamente l’Angelus. «Una pratica di pietà molto profonda che concentra in  sé tutti i misteri della nostra fede e il dono offerto a noi di parteciparvi».

La luce dello Spirito Santo, l’ombra avvolgente del Signore

La testa leggermente inclinata, le mani incrociate sul petto, Maria è tutta tesa all’ascolto di quelle parole sorprendenti e inaspettate che l’angelo mandato da Dio le sta rivolgendo: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo». E un turbamento le vela lo sguardo, come un fremito che affiora appena alle labbra. È incantevole, l’Annunciata dipinta da Gerard David. La tavola, oggi conservata al Metropolitan Museum di New York, faceva parte di un grande polittico che Vincenzo Sauli, banchiere e “ambasciatore” genovese a Bruges, aveva commissionato nel 1506 al maestro fiammingo per la chiesa abbaziale di San Girolamo della Cervara a Santa Margherita Ligure, in seguito purtroppo smembrato e quindi disperso in diverse collezioni. Sul capo della Vergine plana in un globo di luce la colomba dello Spirito Santo, a compimento dell’annuncio di Gabriele. E il volto stesso di Maria brilla di una luminosità innanzitutto interiore, simbolo di quella grazia divina di cui ella è ormai e per sempre ricolma. Eppure non è soltanto la luce, la protagonista di questa immagine. La fanciulla, infatti, emerge da un fondo scuro, efficace espediente per dare risalto alla sua figura. Ma anche evidente aderenza, ancora una volta, al testo del Vangelo di Luca, per cui, come annuncia l’arcangelo alla Vergine, «la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra». Ombra di Dio che è quella stessa «gloria del Signore» che «riempì la dimora» quando Mosè inaugurò la tenda del convegno nel deserto, come si legge nel libro dell’Esodo. Così che Maria, ora, diventa essa stessa l’arca vivente, la dimora di Dio nel senso più concreto e reale.
Luca Frigerio

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