Domenica 30 marzo il cardinale Angelo Scola sarà a Segrate (Mi), dove alle 11 celebrerà la Messa nella parrocchia Dio Padre a Milano 2. Seguirà un momento di incontro con i sacerdoti del Decanato di Cernusco sul Naviglio. Ma chi sono gli abitanti di questo territorio? L’abbiamo chiesto al parroco don Walter Magni.
Quali sono le principali caratteristiche della vostra comunità?
La parrocchia è di circa 7 mila abitanti e comprende il quartiere di Milano 2. È una comunità di recente formazione, nata all’inizio degli anni Settanta. La parrocchia è stata istituita nel 1976. Con il passare degli anni la comunità è invecchiata: a causa della crisi economica molti giovani se ne sono andati e solo da poco sono arrivate nuove famiglie giovani.
Come vi siete preparati alla visita del Cardinale?
Per preparare questo incontro ci sono state molte cose da organizzare in poco tempo. Avremo una celebrazione eucaristica, a cui seguirà un incontro con circa 100 cresimandi della comunità. Ci sarà poi la benedizione della prima pietra dell’oratorio. Siamo, infatti, una delle poche parrocchie che non ha un oratorio vero e proprio. Abbiamo tre salette e un piccolo saloncino di circa 70 posti. Ma ormai sono diverse centinaia i bambini che frequentano abitualmente, siamo intorno al 60-70%. È quindi fondamentale allargare gli spazi per accogliere tutti in modo più agevole.
La crisi economica si è sentita molto da voi?
Sicuramente non si sente come altrove. Già a Segrate, dove le parrocchie sono sette, si sente di più. Qui fortunatamente il problema della disoccupazione non è molto diffuso e gli abitanti hanno un buon tenore di vita, anche se di certo hanno visto ridursi le proprie opportunità. Come altrove si sentono altri tipi di crisi: come quella dei valori, legata alle illusioni che il benessere può dare, o ancora la solitudine, male tipico delle grandi città.”
Come cercate di affrontare questi problemi?
Da qualche anno è nato un gruppo di giovani famiglie che si ritrova con cadenza mensile dopo la celebrazione del sabato pomeriggio, per un momento di riflessione e la cena. L’obiettivo è quello di creare un momento di incontro tra le famiglie per confrontarsi tra loro. A Natale, poi, ho voluto incontrare personalmente tutte le famiglie del quartiere, trascorrendo da loro 10-15 minuti, ovviamente su richiesta, con appuntamenti da concordare telefonicamente. Hanno risposto più di 400: le visite si sono svolte tra fine novembre e fine febbraio, tra le 18.30 e le 21.30 per tre giorni alla settimana. È stata un’esperienza un po’ nuova su cui è interessante tornare a riflettere. Questo contatto, infatti, permette di rinnovare la comunità, altrimenti ci si ripiega sempre sulle stesse cose: aiuta a capire quali sono i problemi più sentiti dalla gente e quali sono i loro bisogni.
Giovani: a che punto siamo?
C’è innanzitutto la proposta di catechismo, che va dall’iniziazione cristiana (terza elementare) fino alla prima media, poi gruppi di preadolescenti e adolescenti. Il primo gruppo conta 50-60 ragazzi e l’anno prossimo vorremmo iniziare con la seconda elementare. Il momento più seguito è sicuramente il Grest, l’oratorio feriale. Prima del mio arrivo non esisteva. Organizziamo tre settimane a giugno e partecipano circa 200 bambini con 30-40 animatori. Preadolescenti e adolescenti sono molto meno: dopo la Cresima c’è un passaggio critico, ma il gruppetto che continua a seguire è molto assiduo. Gli educatori sono presenti con molta buona volontà, così come le mamme e le catechiste che fanno di tutto per seguire i ragazzi nonostante il poco tempo a disposizione.
E gli anziani hanno attività dedicate?
Sì, una volta al mese si ritrovano con la celebrazione della “Messa della speranza”. Partecipano in 30-40, a volte 50 persone, anche in carrozzella, e rimangono per pranzare insieme. Tutti i giovedì poi c’è un incontro di tre o quattro ore: un film, una conferenza o altre attività. Vado regolarmente a visitare gli anziani che non possono più uscire: è un momento che loro apprezzano molto. Alcuni addirittura non li avevo mai visti. Andare nelle case, sostare un po’ con le persone è un’esperienza che dà un grande ritorno, perché sono occasioni in cui emergono opportunità pastorali molto interessanti. È una modalità di annuncio che mi sembra davvero molto importante. Qualcuno chiede di confessarsi, qualcun altro il Battesimo. Ci sono persone che magari non sanno cos’è la parrocchia, ma che vivono profondamente la dimensione della fede e vedono comunque nell’incontro con il sacerdote la possibilità di un cammino.