Pubblichiamo l’introduzione al volume Giuseppe Restelli, il manager della carità. Un impegno instancabile al servizio del prossimo di Angela Grassi (In dialogo, 288 pagine, 18.50 euro).
Dio, famiglia, lavoro. È una scala di valori sintetica, ma molto chiara. Giuseppe Restelli si è impegnato a seguirla fin da ragazzo. Rispettarla ha richiesto anche sacrifici, ma lui ha compiuto sempre le scelte giuste, fedele a una regola ben precisa. Ad aiutarlo una fede sostenuta dalla preghiera quotidiana, una spiccata passione per la carità e, come spesso amava ricordare, «un avvocato di fiducia, la Madonna».
Nato l’8 agosto 1924, in una Rho segnata dalle prime aggressioni fasciste, a soli diciotto anni ha deciso di dedicare il suo impegno agli anziani e ha poi contribuito a istituire una casa di riposo che si è trasformata in una fondazione capace di rispondere a diversi bisogni sociali e che oggi, dopo settant’anni di storia, continua a far fronte alle necessità dei più fragili con lo sguardo rivolto alla modernità, ma soprattutto ai valori su cui è stata costituita.
Dal 1943 al 1945 Giuseppe Restelli ha difeso gli ideali della libertà e della democrazia come partigiano cattolico. Negli anni della giovinezza ha maturato anche la sua scelta vocazionale, aderendo all’Istituto secolare «Milites Christi», oggi «Cristo Re», fondato da Giuseppe Lazzati, e, come laico consacrato, ha vissuto la sua quotidianità nella dedizione al prossimo secondo lo stile del Vangelo.
Burbero e con un carattere non facile, ha combattuto una lunga battaglia per conquistare il dono della pazienza, raggiunto negli ultimi mesi. Ed è abbandonandosi docilmente alle cure di medici e infermieri che si è spento il 28 novembre 2007 al termine di un pomeriggio dedicato alla meditazione.
Giuseppe Restelli è stato un uomo tenace e generoso. Capo del personale nell’Eni di Enrico Mattei, ha ricoperto incarichi di prestigio anche nella gestione dei quotidiani Il Giorno e Avvenire. È stato consigliere e assessore comunale della Democrazia cristiana a Rho, ha collaborato in più occasioni con papa Paolo VI, ha affrontato come apripista la privatizzazione degli enti di assistenza in Lombardia.
Attivo in più settori, si è dato da fare nel campo della solidarietà come in quello della formazione socio-politica, sostenendo l’associazione Città dell’uomo, ultima creatura del «maestro» Giuseppe Lazzati.
Ricostruire il profilo di un uomo che ha avuto come soprannomi «Catilina», ma anche «orso buono» non è semplice. Giuseppe Restelli non ha lasciato un diario. Amava parlare dei personaggi che aveva stimato e scelto come faro, più che di se stesso. Per raccontare il suo stile non usava la prima persona, citava massime latine o frasi rubate agli autori più cari, come Alessandro Manzoni, di cui ha tradotto in realtà l’invito: «Si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene e così si finirebbe anche a star meglio».
Giuseppe Restelli non amava i riflettori, preferiva agire nelle retrovie, ma, una volta festeggiati gli ottant’anni, aveva accolto con un sorriso l’idea di una biografia. Sono così iniziate indimenticabili chiacchierate nel suo studio, fra ricordi e analisi degli archivi, interrotte purtroppo dall’attacco ischemico che ne ha minato la salute nel 2007, anno del suo «ritorno dal Padrone».



